Tullio De Mauro |
Concordo con il prof. De Mauro solo sul dato, incontrovertibile, che denuncia la catastrofe educativa e didattica della scuola media superiore ("Un nostro diplomato nella scuola media superiore ha più o meno lo stesso livello di competenza di un ragazzino di 13 anni, che esce dalla scuola media: i 5 anni di scuola media superiore sembra che in generale girino a vuoto e questo determina un bassissimo livello di quelli che entrano all’università"), ma dissento totalmente dalle spiegazioni che egli ne dà. In particolare quando ricorda, dando l'impressione di condividere la spiegazione, che "Diversi economisti hanno individuato nei bassi livelli di effettiva capacità alfabetico – culturale di manodopera e quadri dirigenti, la causa di questa stagnazione produttiva, non solo economica, ma produttiva nella scarsa capacità di innovazione, nel ritardo dell’accorgimento di nuove tecnologie, nelle capacità di dominarlo".
Nemmeno mi convince la soluzione proposta dal prof. De Mauro ("La scuola media superiore... ...non è stata ripensata perché si mettesse in grado di far crescere effettivamente le capacità e competenze, è mancata questa riorganizzazione, questo ripensamento e riformazione dei docenti sia in missione, sia giovani, sia in servizio, bisogna investire nella formazione degli attuali insegnanti e ragionare su come formare i futuri insegnanti. I nostri laureati come i laureati degli Stati Uniti, hanno un basso livello di competenza rispetto a altri paesi come Gran Bretagna, Olanda, Germania, Finlandia, Svezia, Giappone, Corea").
Parliamone.
Comincio con il riportare un episodio che si è verificato quest'oggi in laboratorio. Ho interrogato alcuni ragazzi (classe IV di un ITIS - corso di telecomunicazioni), e ho posto una prima semplicissima domanda: disegnare un segnale ad onda quadra. Uno di loro ha scarabocchiato una specie di piramide priva di base, senza nemmeno tracciare gli assi. Invitato a farlo, ha disegnato una croce, senza indicare le grandezze in asse, né il verso. Sollecitato di nuovo, sulle ascisse ha scritto "x". Piuttosto turbato (stamane ero nervosetto) ho insistito per sapere quale grandezza sia necessario indicare sulle ascisse se si intende tracciare la forma di un segnale. Nessuna risposta.
Dopo aver chiesto alla classe, finalmente uno di loro ha timidamente suggerito, con tono dubitativo, "il tempo?". Ne è seguita esplosione di disappunto con predica irata, e sono passato alla seconda domanda: cosa indicare sulle ordinate. Risposte varie:
a) la frequenza
b) la velocità
c) la y
d) la posizione
Nuova esplosione di disappunto con super predica irata, ma mi sono rassegnato a fornire (per l'ennennennennesimissima volta) la risposta più generale: una grandezza fisica in grado di rappresentare informazione. Poi ho chiesto di fornirmi un esempio. Nessuna risposta.
Mi sono alzato (nel frattempo erano entrati un paio di colleghi) e ho detto: nell'Africa nera i watussi comunicano usando i tamburi; qual è, in tal caso, la grandezza fisica usata? La risposta del più sveglio è stata "il suono". Al che ho insistito: cos'è il suono? Ne è seguito un profluvio di sinonimi: un rumore, il tam tam, il volume, e Dio solo sa cos'altro. Allora ho battuto forte il pugno sul tavolo e ho chiesto: avete sentito? Quale grandezza fisica ha provocato il "rumore"? Nessuno, ripeto nessuno, ha saputo darmi la risposta corretta (per i diplomati in ascolto: la compressione dell'aria). Resili edotti di ciò, ho insistito: quale tipo di forza ha causato l'onda di pressione? Ho sentito, in fondo, qualcuno che diceva "elettrica" (ti credo: in un corso di telecomunicazioni elettriche!), al che mi sono riaccasciato sulla sedia.
Ho battuto le mani e ho spiegato che il rumore che sentivano era causato dalla compressione meccanica dell'aria, la quale genera un'onda di pressione che si propaga. Alla domanda se sia possibile la propagazione di un'onda di pressione nel vuoto ho sentito rispondere di sì. Ancora più scosso mi sono alzato di nuovo e, dopo una breve spiegazione, ho tagliato la testa al toro affermando che, nelle comunicazioni elettriche, ciò che viene trasmesso è la variazione di una grandezza elettrica. Quindi ho chiesto se sapessero a che velocità viaggia un segnale elettrico. Immediata la risposta "infinita", seguita da "mille all'ora", "diecimila all'ora" e, finalmente, qualcuno ha parlato (almeno) di velocità della luce, di cui però non conosceva il valore. Nuova spiegazione, ma attenzione: questa, come le altre, da me impartita almeno dieci volte in un anno e mezzo, e non oso pensare a quante volte le stesse cose siano state dette da colleghi di altre discipline!
Non pago, ho chiesto al malcapitato che in quel momento era alla lavagna se sapesse dirmi quale sia, più o meno, la circonferenza della terra. La risposta è stata "centomila chilometri". Basito, gli ho domandato a che velocità viaggi, secondo lui, un aereo di linea. Risposta: duecento all'ora.
Disperato sono partito in quarta con una super-arci-predica, al termine della quale, per sottolineare l'importanza dello studio, ho citato la necessità di avere una conoscenza almeno sommaria di tante cose, dalla storia alla letteratura, dalla fisica alla matematica. Sarà perché ieri ho scritto un post sulla battaglia di Canne, fatto è che, per chiuderla lì, ho fatto l'esempio delle guerre puniche. Ma subito sono stato colto dal dubbio: tra chi sono state combattute le guerre puniche? ho chiesto. Silenzio di tomba, spezzato dopo un po' da una vocina: "tra fenici e greci".
A quel punto sono diventato Sgarbi. Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre! Capre!
Poi, rivolto al malcapitato che in quel momento era alla lavagna: Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra! Capra!
Ovviamente il giovanotto se ne è uscito dalla classe sbattendo furiosamente la porta, cosa per la quale ha riacquistato un minimo della mia stima e considerazione. Che diamine! Quando vi si offende, a torto o a ragione, ragazzi sappiate ribellarvi! Domani gli chiederò scusa, ma senza modificare il giudizio: resta una capra!
Perché tutto ciò?
Quasi sempre le mie lezioni sono multidisciplinari, mi piace spaziare da un argomento all'altro pur senza perdere di vista, salvo casi eccezionali, l'argomento principale. Quasi sempre, dopo aver spiegato faccio delle domande per verificare quanto abbiano capito, e devo dire che i risultati sono in tal caso abbastanza soddisfacenti. Il problema è che sanno sì rispondere, almeno quelli che sono stati attenti, ma solo sul momento. Guai a chiedergli di ricordare un argomento vecchio di qualche settimana, sia pure spiegato dieci volte per tre mesi di seguito! Gli puoi dire cento volte che un segnale elettrico è analogico quando può assumere tutti gli infiniti valori in un determinato range, ma se passi al digitale e glielo richiedi dopo una settimana la risposta tipica è: "quando è infinito". Poi dite che uno non si deve incazzare?
Ora, perché accade tutto ciò? Pensate che io abbia bisogno di corsi di aggiornamento, come dice De Mauro? Perché non ci viene lui a fare la prova, in una delle mie classi? Crede che otterrebbe risultati diversi? Io dico di sì: peggiori!
La mia spiegazione è semplice, da rasoio di Occam: gli studenti non apprendono, certamente, perché non studiano, ma a questo ci siamo rassegnati, ma soprattutto perché non danno alcuna importanza a quello che gli spieghiamo. Il fatto è che spesso ho come l'impressione di essere un pupazzo che si agita tra la cattedra e la lavagna, al quale bisogna lasciar credere che gli si dia retta, ma nulla più.
Ai miei studenti non gliene importa nulla per due ragioni:
a) Sanno che non c'è nessuna correlazione tra ciò che apprendono e ciò che ne ricaveranno. Sanno, cioè, di essere nati per svolgere lavori a bassissima qualificazione, con bassi salari e precari, per i quali conoscere la definizione di "segnale analogico" è del tutto irrilevante. E sanno che le nostre prediche sono pura fuffa, pietose bugie.
b) Sanno che, in ogni caso, è molto difficile che siano bocciati, perché quando ciò accade siamo noi professori ad essere incolpati, non loro! Hai posto in essere tutte le strategie per il recupero didattico? Dove sono le prove scritte, quelle strutturate, le tabelle di valutazione? Hai avvertito per tempo la famiglia, e puoi dimostrarlo carte alla mano? Hai provveduto a chiedere l'assistenza dell'istituzione scolastica, eventualmente redigendo un progetto per il recupero delle carenze sottoponendolo all'attenzione del consiglio di classe? Basta non aver fatto una sola di queste scemenze e sei colpevole, il dirigente scolastico può valutarti negativamente e, se le cose si mettessero male, potresti essere costretto a fare i bagagli per andare a insegnare a 300 km di distanza! Così è, informarsi per credere! E' la scuola tanto buona di Matteo Renzi.
E così noi insegnanti siamo diventati pupazzi che si agitano tra la cattedra e la lavagna, benevolmente sopportati dai nostri studenti. Cosa credete, che non sappia che il giovine che oggi è uscito sbattendo la porta potrebbe farmi passare un guaio? Non lo farà, perché sa che mi arrabbio per il loro bene, ma questa è la mia situazione. Quanto è diversa dai tempi in cui la parola di un professore era legge!
Insomma, non c'è domanda di vera "qualificazione", cioè non abbiamo più la carota, ma ci hanno tolto anche il bastone: poterli almeno bocciare senza timori quando riteniamo che lo meritino. Però il prof. De Mauro sostiene che la causa del declino italiano sia nella carenza di offerta formativa, che si tradurrebbe in debolezza dell'offerta produttiva, cui porre rimedio costringendomi a seguire corsi di aggiornamento e riqualificazione. Ma caro prof. De Mauro, Lei ha preso in considerazione la spiegazione opposta, cioè che sia la carenza di domanda di produzione a determinare lo scadimento della qualità dell'offerta, cui segue l'inutilità di offrire una buona qualificazione professionale? E le è mai passato per la testa che, guarda caso, sono proprio i paesi nei quali il lavoro è merce men rara (Gran Bretagna, Olanda, Germania, Finlandia, Svezia, Giappone, Corea, con l'eccezione degli Stati Uniti che infatti delocalizzano in Cina, dove gli studenti sono bravi), tra l'altro tutti tecnologicamente molto avanzati (con buona pace dei "lavoromerceraristi") quelli nei quali il livello medio degli studenti è più alto?
Lei, prof. De Mauro, è un altro di quelli che vogliono addossare ai professori di scuola le colpe di chi ha fatto le scelte che hanno condotto l'Italia al declino? Io penso, al contrario, che se l'Italia ha resistito così a lungo alle scelleratezze poste in essere dai suoi governanti (l'austerità espansiva, ricorda?) il merito sia anche di noi professori! Che ora, la avviso, stiamo cedendo. Mi mandi pure a seguire un corso di aggiornamento a sessant'anni, poi in classe ci andrò con la bombola d'ossigeno.
Mi stia bene, prof. De Mauro, e mi raccomando: si aggiorni!
Mi viene in mente una battuta di epoca berlusconiana: 'Ma non c'è nessun conflitto d'interessi! Gli interessi vanno d'amore e d'accordo.' Dico questo perché da alunno prima e da studente poi, dalle elementari (l'asilo l'ho fatto quasi da privatista) fino all'università (una prima al Nord produttivo, una seconda nella Terronia sfaticata), ho visto attorno a me, e sovente in me, un ottimo connubio di docenti che avrebbero voluto essere da tutt'altra parte ma non ci speravano ormai più, e discenti che avrebbero voluto essere pure da tutt'altra parte e un pochino ancora ci speravano. Un bel teatrino di pupi, insomma. Con la testa altrove, più che vuota.
RispondiEliminaStamperò l'articolo e lo inoltrerò alle maestre di mia figlia e ai genitori dei suoi compagni.
RispondiEliminaGrazie
Bellissimo post, devo farlo leggere a mia moglie ed ai miei figli.
RispondiEliminaNe esce il quadro di un paese scoraggiato,unica speranza lo sbattere di una porta.
Forse la verità è nel mezzo. Quanti insegnanti come l'Ingegnere ci sono nella scuola italiana? Ad esempio, l'offerta formativa proveniente dalle nuove leve di docenti è tanto diversa in qualità dalla domanda formativa proveniente delle nuove leve di alunni? Quanto questi ultimi sono diversi da quelli a livello di "capa".
RispondiEliminaOgnuno di noi è stato alunno e chi ha figli ha potuto continuare ad avere un rapporto con la scuola anche se per "interposta persona". Ora, la mia esperienza diretta e indiretta mi dice che il fanciullo e l'adolescente, fatte salve le solite eccezioni, vivono (forse il secondo ancor più del primo) l'esperienza scolastica come un qualcosa di innaturale e di distante dai propri interessi reali e mi dice anche che questo senso di estraneità dello studio dalla propria vita si attenua solo in presenza di due possibili fattori alternativi e del tutto fortuiti:
1)incontrare nel proprio percorso formativo un insegnante appassionato della propria materia che sappia trasmettere la sua passione agli altri;
2) nutrire già "di proprio" una passione o comunque un particolare interesse per qualche disciplina scolastica.
Al di fuori di queste due eveninze, non tanto frequenti, lo studio è cosa sterile anche per quanti abbiano ottimi voti in pagella.
Che si studi tanto o poco, quando lo si fa in modo finalizzato e senza il fuoco della passione (innata o indotta), l'apprendimento scolastico non lascia traccia nei cuori e nelle menti.
Scrivi: "il fanciullo e l'adolescente, fatte salve le solite eccezioni, vivono (forse il secondo ancor più del primo) l'esperienza scolastica come un qualcosa di innaturale e di distante dai propri interessi reali".
EliminaHai ragione, ma è proprio per questo che servono motivazioni (la consapevolezza che, se si ottengono buoni risultati scolastici, questi si tradurranno in migliori condizioni lavorative) e imposizioni (se vieni a scuola è per studiare, non per passare il tempo).
Se vengono meno sia le une che le altre, cioè se non vi sono più né convenienza né disciplina, come si può convincere/costringere un adolescente ad uscire dal suo mondo interiore e ad applicarsi, con fatica, per apprendere ciò che non sa?
Quanto alla qualità media degli insegnanti, ebbene questo è un elemento importante se si vogliono raggiungere livelli di formazione eccellenti, o almeno alti, ma quando si arriva al punto di intere classi che non conoscono il significato di parole comuni, ad esempio il termine "utopia", come ho verificato personalmente qualche anno fa in quattro classi terminali di un ITIS, per quanto un docente laureato possa essere un "asino" non credo che la causa possa essere questa. Io penso, più semplicemente, che gli studenti non ci stiano più a sentire. Oppure, ipotesi subordinata, è colpa delle "vaccinazioni di massa". A te la scelta.
Purtroppo si è affermata, negli ultimi decenni, l'idea che lo studio debba essere "divertente", non oppressivo. Ora, in piccole dosi questa impostazione non è completamente sbagliata. Purché si tratti di piccole dosi, direi omeopatiche, perché la verità è che lo studio è un'attività faticosa. Vedi, io la penso al contrario di Jean-Jacques Rousseau, il quale pensava che si nasca buoni, ma si diventa cattivi per colpa della società. Per me, invece, si nasce pieni di cattiveria, ignoranza ed egoismo, e solo con grande fatica alcuni riescono a diventare qualcosa di appena un poco migliore di una bestia. Uno dei percorsi possibili passa attraverso lo studio e la scuola.
Tieni presente, però, che sono un uomo del secolo scorso, all'antica e molto provinciale. Pertanto non darmi retta, ma continua a pensare che la scuola debba essere "divertente".
Cattiveria, ignoranza, egoismo... E la BUCIARDIA? Dove la mettiamo???...
EliminaNo, non ho detto che la scuola deve essere "divertente" (bisogna comunque sempre vedere in che modo una persona ama divertirsi), ma che per una combinazione fortuita di fattori soggettivi legati alle potenzialità ricettive dell'alunno e/o alle capacità comunicative dell'insegnante, può diventare una esperienza arricchente, fermo restando che generalmente lo studio era e sarà sempre fatica e la fatica non è una di quelle esperienze che l'essere umano è istintivamente portato a percorrere senza una motivazione "forte" alla base.
EliminaOggi il quadro si presenta fortemente deteriorato rispetto al passato in quanto sempre più gli insegnanti, senza rendersene conto, somigliano agli studenti nel modo "ludico" e fondamentalmente apatico ed egoista di approcciarsi alla vita e ai relativi problemi. Gli uni e gli altri hanno in molta parte perduto la capacità di proiettarsi nel futuro immaginandosi in una dimensione pubblica, ossia sociale e politica. Questa dimensione sta sempre più scomparendo nelle coscienze individuali e i risultati sono esattamente quelli che hai descritto tu nel riferire la tua esperienza con gli alunni.
Quindi non è un problema di vaccini, alla fine?
RispondiEliminaQuella è una suggestiva ipotesi subordinata che hai preso troppo sul serio. Ce ne sono altre: le radiazioni nucleari, quelle elettromagnetiche, la precessione degli equinozi (l'era dell'acquario per intenderci)... quella che preferisco è la correlazione tra deficit cognitivo degli studenti e riscaldamento globale, solo che non ho ancora ben compreso il verso della relazione di causalità. Sgnack!
EliminaIntanto, mentre noi chiacchieriamo, si è rotta un'altra LIM: questa.
RispondiEliminaScommettiamo che arriverà la fine dell'anno e non sarà ancora stata riparata?
SCOMMETTIAMO?
Vinco io, sappiatelo! E' una gara truccata. Il DS ha già dichiarato che non farà sostituire le LIM che si rompono. Ma in verità vi dico: avrei ottime probabilità di vincere un'altra scommessa: arriverà la fine dell'anno e non avremo nemmeno una lavagna tradizionale in sostituzione.
VAFFANCULO!!!
Faccio finta di fare l'espertone : la LIM è una smartboard, ottima ma fragile, io ne ho una da sette anni e non si è mai rotta. In classe però ci sono quasi solo io e i bambini non si azzardano a toccarla senza la mia supervisione. Da voi "tutti padroni nessun padrone" e le porte cadono a pezzi. ( Non è una critica, ma di fatto nelle Scuole superiori spesso questo accade nella gestione degli spazi) Ho avuto problemi notevoli con il video proiettore, ma la LIM ( di fatto è un enorme mouse) è sana. Fossi in voi opterei per un modello tipo Oliboard (vado a spanne) (meno pratico ma molto più resistente visto che lo schermo lo puoi prendere a badilate e funziona uguale perché è solo uno schermo e il sistema di puntamento è nella penna o nel perimetro della lavagna a seconda dei prezzi e dei modelli. Inoltre si può usare comunque come lavagna tradizionale bianca con i pennarelli cinesi che si scaricano facilmente ( amen). Devo dire che vedere quel cartellone appeso alla Smartboard mi ha "messo male", più che aggiustarla portatela a Lourdes. :-)
EliminaNella mia scuola le LIM sono di qualità accettabile (salvo una) e non vengono danneggiate dagli studenti. Il problema è che quando le lampade si esauriscono non vengono più sostituite. Nemmeno ci è consentito usare i pennarelli, credo giustamente, per non rovinarle. Le vecchie lavagne in ardesia non ci sono più, in qualche caso sostituite da più piccole lavagne bianche, ma i pennarelli sono a carico dei professori. In un'aula i ragazzi hanno comprato una vernice nera traslucida e con quella hanno pitturato una lavagna sul muro. Funziona, ma molto male.
EliminaAnche i computer di classe, quando ci sono, se si rompono non vengono "aggiustati", con la giustificazione del DS che possiamo comprarci un tablet con i 500 euro di Renzi.
Questa è la scuola pubblica nella quale insegno, ogni giorno con meno voglia del precedente.
Inutili e costosi novelli orpelli, la soluzione è il VMU (Voto Minimo Universale)
RispondiEliminaVedi che le nuove tecnologie stanno espropriando dell' autorevolezza schiere di insegnanti, ridicolizzando "offerte formative" che non sono in grado di intercettare la sete di sapienza.
Cosa vuoi spiegare l' Iliade quando con dieci euro puoi comprare il Blue Ray di Troy dove il nerboruto ed ariano Achille illanguidisce le pudenda delle educande.
Cosa vuoi insegnare delle guerre puniche a chi gioca,tra un amburgher e l' unto delle patatine,con "Imperium: Rome Total War"
La circonferenza della terra? La velocità della luce? What?
Il VMU esiste già ed è il 6 scaccia guai per i prof. Si tornasse ai criteri di valutazione di appena sei anni fa, il primo anno la percentuale di bocciati sarebbe almeno del 70% in tutte le scuole medie superiori. Lo so che qualcuno potrebbe obiettare "da dove li prendi questi dati?" me me ne impippo.
EliminaQuanto alle nuove tecnologie, personalmente sono nettamente favorevole alla loro disponibilità a scuola, certo non all'obbligo di usarle. Il fatto è che nella mia scuola ci sono sì le LIM, ma non funzionano, mentre non ci sono più le lavagne tradizionali, perché adesso ci sono le LIM! Chiaro il concetto?
"...il nerboruto ed ariano Achille illanguidisce le pudenda delle educande". Me la segno!
EliminaComunque, attenti a ironizzare sul VMU quando nei dintorni si aggirano Leo Pingone & C. Certamente sostengono fino alla morte (altrui) anche quello.
I problemi della scuola non sono risolvibili nel chiuso dell'ambito scolastico, perchè si tratta invece di problemi di natura sociale complessiva.
RispondiEliminaLo studente non è studente che per poche ore al giorno, e non proviene dall'iperuranio, ma da uno specifico contesto familiare e complessivamente sociale. Se consentiamo al Berlusconi di turno, come si è fatto da quaranta anni a questa parte, di immettere nel circolo mediatico ciò che gli aggrada, ciò significa delegare al ricco di turno la formazione dei cittadini.
Giustamente, c'è chi diceva che la fatica non viene scelta da nessuno volentieri, ma l'uomo ha sempre nella lunga stioria dell'umanità faticato per motivi di sopravvivenza, e, ciò che più conta, non ha vissuto per questa fatica peggio di come viva il più pigro dei nostri giovani.
La natura c'inganna, per motivi di risparmio energetico in un mondo naturale con risorse cronicamente insufficienti, risparmiare energia è un fattore di sopravvivenza.
Nel contesto di oggi, in cui le risorse alimentari almeno nel nostro mondo sono (ancora per poco, temo) più che sufficienti, questo rifiuto della fatica diventa un danno, e non rimane che la severità, l'opzione della sanzione, per superarla.
Non sono quindi d'accordo con una scuola compiacente, e neanche imitatrice dell'ultima trasmissione televisiva di successo, la scuola dovrebbe appunto servire ad essere un mondo a parte, dove i ragazzi imparano ciò che la loro vita quotidiana non può dare loro, e per questa ragione la scuola deve mantenere la sua specificità.
L'ideologia liberale infine trionfante ai nostri giorni sta distruggendo ciò che è stata costante consapevolezza delle scoietà di ogni tempo, che la civiltà impone una correzione della spontaneità, che quindi ha dei costi che è nostro dovere chiedere ai più giovani, se non vogliamo che il risultato finale sia la distruzione stessa di ogni ambito civile.