- Link correlato: "Prima che la coalizione degli interessi contrari potesse organizzarsi" - L'ego della rete 15 gennaio 2015
Beniamino Andreatta (26 luglio 1991): "Il divorzio non ebbe allora il consenso politico, né lo avrebbe avuto negli anni seguenti; nato come 'congiura aperta' tra il ministro e il governatore divenne, prima che la coalizione degli interessi contrari potesse organizzarsi, un fatto della vita che sarebbe stato troppo costoso - soprattutto sul mercato dei cambi - abolire per ritornare alle più confortevoli abitudini del passato."
Banalità
Non v'è diritto che, per sussistere, non debba essere difeso con la forza. La forza può essere militare o politica, ciò dipende dalle circostanze. La forza politica implica organizzazione, altrimenti è culturismo.
Ogni diritto è la cristallizzazione, attraverso norme legali, di un raporto di forze, che implica l'obbligo del suo rispetto a carico di una controparte. L'utilizzo in termini moralistici della dialettica diritto/dovere è una trappola, perché la traspone isomorficamente sul piano politico. Con ciò compiendo una manipolazione del reale rapporto di causa/effetto: non più doveri (obblighi) e diritti (ciò che mi spetta) intesi come risultato di una contrattazione sostanziale, bensì come conseguenza di un ordine naturale delle cose.
Sono stato oscuro? Non avete capito? Son Diego e vi spiego.
Se accettiamo che esista un ordine naturale delle cose che non si può cambiare perché There Is Not Alternative (TINA) allora ogni cambiamento possibile è vincolato da una legge di invarianza. Il che significa che all'ordine naturale è sì possibile mettere mano per apportare migliorie, ma senza con ciò stravolgerlo. Proprio perché esso è l'ordine naturale delle cose. Questo spalanca la strada agli ingegnIeri sociali, i quali ci dicono che:
- Basta combattere la corruZZione
- Basta eliminare il signoraggio
- Basta tornare alla sovranità monetaria
- Basta applicare la mmt
- Basta tornare al cambio flessibile
- Basta uscire dall'Unione Europea
- Basta riconquistare la sovranità
- .....
Tutte cose sbagliate? Nemmeno per sogno! Tutte, a modo loro, giuste. Oddio! Qualcuna di queste "soluzioni" non regge ad un'analisi un minimo razionale, altre sono più fondate, ma tutte tendono a mettere in secondo piano il problema di fondo, ovvero che non c'è un sistema da aggiustare, ma una lotta da intraprendere. Avete qualche dubbio? Io no. Vi dichiaro che, per cambiare le cose, oggi occorre lottare. Laddove "cambiare le cose" non significa sostituire i timonieri con altri più onesti e/o capaci (quelli che sapranno aggiustare le cose), ma cambiare la fonte degli ordini ai quali questi, chiunque essi siano, devono obbedire.
La frase di Beniamino Andreatta su riportata ("prima che la coalizione degli interessi contrari potesse organizzarsi") tratta da una famosa intervista, è illuminante. Essa ci ricorda una verità: esisteva una coalizione degli interessi contrari! Che fine ha fatto? La risposta è dentro di voi, ed è giusta: non c'è più. E' stata prima infiltrata, successivamente criminalizzata, infine sbaragliata. La "coalizione degli interessi contrari" era costituita dai partiti di massa e dalle organizzazioni sindacali, i cui esponenti non erano certo esenti da vizi e turpitudini (invece le élites...) ma avevano l'obbligo vitale di rispondere alle classi sociali di cui tutelavano gli interessi concreti.
L'infiltrazione è avvenuta per via ideologica nel corso degli anni settanta. In misura crescente, agli esponenti politici e sindacali del mondo del lavoro, e ai cosiddetti "intellettuali organici", sono state aperte le porte del privilegio, cooptandoli così nei ranghi delle classi benestanti. Qualcuno ha resistito, ma la maggior parte si è piano piano aggiustata. Lo strumento usato sono stati i nuovi media, radio e televisioni, che proprio in quegli anni cominciavano ad essere sottratti al controllo pubblico, nelle cui fila sono stati inseriti molti protagonisti dei fermenti sociali della fine di quel decennio. I finanziamenti ai partiti, gli aumenti stratosferici degli emolumenti di parlamentari e sindacalisti, l'apertura a questi ultimi delle carriere politiche di vertice, hanno fatto il resto. Quando Ciampi e Andreatta realizzarono la "congiura aperta" il terreno era già pronto, e non vi fu alcuna reazione significativa. Fatto salvo qualche mugugno (Luciano Barca - PCI - 12 dicembre 1978: "Europa o non Europa questa resta la mascheratura di una politica di deflazione e di recessione anti operaia") la "coalizione degli interessi contrari" tacque.
La criminalizzazione fu posta in atto con tangentopoli.
Con l'arrivo di Monti, il mondo del lavoro è stato sbaragliato.
Lo spettacolo indecoroso di migliaia di imbecilli, che festeggiavano la caduta di Berlusconi e l'arrivo del Papa straniero, resterà una macchia indelebile nella storia di questo popolo, al pari della scena che si presentò agli occhi di Mosè di ritorno dal monte Sinai. Così come Mosè spezzò le tavole della legge, a significare la rottura dell'unità del popolo e l'inizio di una guerra che non poteva concludersi con una conciliazione, quell'evento ha segnato l'inizio di una fase del conflitto di classe che non potrà sfociare in un compromesso analogo a quello keynesiano del dopoguerra.
L'errore di chi ha creduto che ci avrebbero salvato gli stessi che ci hanno messo in trappola è tutto qui, ed è un errore di interpretazione simbolica. Questa volta non potrà esserci accomodamento, ma solo la clemenza della parte che prevarrà. Come fece Mosè, quando implorò Yahweh di perdonare Aronne e i suoi.
O il Lavoro, o il Capitale - o la Democrazia o l'Oligarchia
Il popolo che festeggia i suoi oppressori, per di più stranieri, è l'immagine plastica della fine della democrazia. Questo può accadere solo quando è perduta ogni capacità di organizzazione politica, perché se questa ancora sussistesse non si assisterebbe ad una baldoria di piazza, ma casomai a proteste, eventualmente gestite e sopite dalla propria classe politica in vista di un compromesso, sia pure al ribasso, specchio cioè di un arretramento. Nulla di tutto ciò! Nel 2011, con l'arrivo del Papa straniero Mario Monti, il popolo ha festeggiato. Dunque, le tavole della legge sono state spezzate.
I vincitori di oggi sono inquieti perché non sono sicuri che il popolo non tornerà, così come inquieto era certamente Aronne, il quale non poteva sapere se Mosè sarebbe tornato o invece fosse perito. E' questo il paradosso di una vittoria completa, perché quando l'avversario è vinto, ma non del tutto sbaragliato, è tuttavia ancora presente, e con esso si può trattare un nuovo equilibrio a proprio favore. Oggi, al contrario, il popolo sembra scomparso dalla scena, frantumato e disperso in una miriade di singolarità ma privo di ogni rappresentanza organizzata. A queste singolarità i vincitori danno pur voce, adoperandosi affinché appaiano in perenne contrasto tra loro al fine di suggerire che il conflitto altro non sia che una forma di disordine da governare con l'intervento di istanze superiori, le uniche depositarie della saggezza necessaria. Il popolo è così spinto a cercare soluzioni tecniche, attraverso interventi che aggiustino le cose ponendo fine al disordine, ma è un clamoroso inganno.
La verità (per come la vedo io che sono un piccolo blogger ciociaro) è che senza la forza nessun diritto può sussistere. E poiché in politica la forza è organizzazione, ecco che da ciò discende la necessità di costruirla. Il punto è che i rappresentanti delle organizzazioni politiche del popolo devono essere espressione reale e concreta dei suoi interessi, non maggiordomi nominati in alto e imposti attraverso il dominio dei potenti strumenti di costruzione del consenso che il progresso tecnologico ha messo nelle mani dell'oligarchia. Costruire un movimento dal basso significa, pertanto, restituire alla classe lavoratrice la capacità di esprimere la sua genuina rappresentanza, quella "coalizione degli interessi contrari" che si fece improvvidamente spiazzare dalle due comari Ciampi e Andreatta!
Le cause della disastrosa sconfitta del Lavoro
Affermare la necessità di costruire l'organizzazione politica, senza indagare le ragioni della disastrosa sconfitta subita dal mondo del lavoro, significa limitarsi a una sterile petizione di principio. Il compito è superiore alle mie capacità, ma vorrei segnalarne una che ha avuto un'indubbia importanza, della quale posso parlare con cognizione di causa grazie alla mia formazione. Mi riferisco al progresso tecnologico, la cui accelerazione è stata tale da sorprendere tutti, anche l'oligarchia che oggi, grazie ad esso, dispone di strumenti formidabili di controllo e dominio. La progressione è stata non lineare, quasi una singolarità, ed ha interessato diversi campi, per altro non quelli sui quali la stessa élite contava, decenni or sono, per accrescere il suo potere. Non è stata l'arma atomica, di fatto inutilizzabile, né la metallurgia, fondamento del predominio tecnologico ancora all'inizio del XX secolo, a rompere bruscamente un equilibrio già fortemente compromesso in favore dell'oligarchia, bensì l'elettronica e le scienze dell'informazione. Ad esse può aggiungersi, nel prossimo futuro, la genetica, ma di ciò non possiamo esser certi. La storia, come ho scritto in un precedente post, deve ancora essere scritta.
Di questi due campi del sapere umano il primo, l'elettronica, è stato da sempre sotto il controllo delle grandi concentrazioni di capitale necessarie al suo sviluppo e alla sua diffusione. La storia dell'informatica, al contrario, è stata più ingannevole: inizialmente sviluppata in ambito accademico, senza la necessità di grandi investimenti bastando quelli statali (soprattutto americani) erogati per ragioni di competizione militare tra blocchi, a partire dalla fine degli anni sessanta ha attirato l'attenzione dei capitali privati. Questa circostanza ha fatto sì che, per un lungo periodo, le scienze informatiche fossero sinonimo di libertà, quasi una rivincita dei singoli o delle piccole organizzazioni nei confronti della grande industria controllata dal grande capitale. In realtà le cose sono andate diversamente da come racconta la vulgata, ma di ciò parleremo, eventualmente, in un post dedicato.
Quel che invece è certo, e sotto gli occhi di chiunque non si sia fatto totalmente soggiogare dalla narrazione dominante, è che la combinazione di elettronica e informatica si è risolta nella costruzione di un immenso, pervasivo, totalitario schema di controllo di ogni più piccolo anfratto della vita umana. Ad esempio mentre scrivo, e voi leggete, ci sono satelliti che sono in grado di calcolare con precisione il numero di ogni gruppo di migranti in viaggio verso l'Europa, per mare o per terra. Sapevatelo!
Tutto ciò è causa di un'asimmetria di potere tra l'oligarchia e la classe lavoratrice che deve essere tenuta in conto nel momento in cui si riconosce il valore simbolico della venuta del Papa straniero, e dunque che le tavole della legge sono state spezzate. E' la contraddizione tra la necessità della lotta politica e la sua impossibilità.
Ne parleremo, nei commenti e in un prossimo post. Ce n'est qu'un début.
Articolo meraviglioso Fiorenzo, probabilmente il più lucido e bello che hai mai scritto.
RispondiEliminaMoreno Pasquinelli (P101)
Devo contraddirti Moreno , Fiorenzo ha sempre scritto articoli meravigliosi e lucidi , perchè in tutti ha sempre fatto un'analisi storico-antropologica della società italiana che , a differenza di voi, Fiorenzo compreso , mi porta alla conclusione , che se ritorneremo ad acquisire la nostra sovranità , sarà per default dello stato italiano piu' che per la volontà del suo popolo o delle sue avanguardie .
EliminaCaro Fiorenzo, malgrado io concordi su molte delle cose che hai scritto, rispetto allo schemo complessivo, devo dissentire.
RispondiEliminaCosì, se è certo vero che abbiamo assistito alla sconfitta dei poveri ed al trionfo del grande capitale, non sono tuttavia d'accordo sulla diagnosi delle cause.
Mi sembra insomma che tu stia assumendo dogmaticamente il materialismo storico marxista, e che ciò ti costringa ad attribuire ogni causa allo sviluppo tecnologico.
Detto così, quindi, lo sviluppo tecnologico diventa una variabile indipendente, un dato di fatto che dobbiamo necessariamente subire passivamente come se si trattasse di un terremoto o una tromba d'aria.
In verità, lo sviluppo tecnologico tutto è tranne che un fatto spontaneo e come tale ineluttabile, esso è figlio di scelte deliberate, di un impegno attivo e continuo che richiede una mobilitazione costante di risorse umane e finanziarie, e quindi se esso può concorrere a spiegare eventi e trasformazioni dei nostri tempi, deve a sua volta essere spiegato come effetto di altre cause.
La mia diagnosdi invece è che la causa prima di questa disastrosa situazione stia nel trionfo dell'ideologia liberale, che ha avuto la capacità di inquinare il cosiddetto antagonista di classe.
A me pare insomma che la sinistra post-68, compresa quella che seguita a dichiararsi marxista, sia subalterna alla stessa ideologia liberale, ne sposi sostanzialmente il modello antropologico, e finisca quindi per non incidere, per non costituire più una forza realmente rivoluzionaria.
In un mondo quindi in cui trionfa infine il pensiero unico, più che mai attuale risulta il tuo incitamento alla lotta, all'organizzazione al fine di creare la forza necessaria a vincere.
Tuttavia, senza questa chiarezza a livello ideologico, senza questa capacità di piazzarsi a livello di idee al di fuori dal recinto del pensiero dominante, ogni organizzazione sarebbe vana.
Qui sta il punto drammatico della situazione attuale.
La rivoluzione risulta impossibile non per la forza del potere attuale, che al contrario si sta autodistruggendo, e neanche perchè sia così difficile concentrare consenso, ma perchè manca la classe dirigente alternativa.
A causa cioè del dominio mediatico assoluto, costruito anche attraverso l mezzi messi a disposizione dai progressi tecnologici da te citati, il capitale riesce a condizionare nel più intimo quegli stessi soggetti che per istruzione, per capacità intellettuale, sarebbero i candidati naturali a costituire l'avanguardia rivoluzionaria.
Prigionieri da una parte dei luoghi comuni del nostro tempo e dall'altra della teoria TINA che anche tu richiami, essi si rivelano incapaci di esprimersi come alternativa qui ed ora.
L'unico modo che io vedo di uscire da questa trappola è quello di un gesto volontaristico, quello di entrare a far parte di un percorso rivoluzionario, una scelta preliminare che permette intanto di creare una comunità organizzata. Se si riuscisse a fare questo primo decisivo passo, allora tutto diverrebbe più facile, perchè all'interno della comunità così costituita si potrebbe trovare l'ambiente adatto a crescere assieme.
Come la nostra natura sociale ci rende potenzialmente succubi della cultura dominante, così essa stessa può costituire la forza che permetta in questa microsocietà di costituirsi come mebri di una ideologia alternativa propria, in grado di resistere alle sirene del capitalismo globalista.
Credo ti sia sfuggito che ho scritto: "Il compito (indagare le ragioni) è superiore alle mie capacità, ma vorrei segnalarne una che ha avuto un'indubbia importanza, della quale posso parlare con cognizione di causa grazie alla mia formazione."
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