Senato della Repubblica romana (primavera del 216 a.c)
"Patres conscripti" declamò Gaio Terenzio Varrone rivolto ai senatori "è facile, per voi, sostenere la condotta della guerra di Gneo Servilio Gemino e Marco Atilio Regolo, i quali per nulla hanno modificato la strategia del dittatore Quinto Fabio Massimo! E' facile perché ciò non vi reca alcun danno. Le vostre terre continuano ad essere coltivate, le vostre famiglie non soffrono la fame, né devono indebitarsi come invece accade ai plebei, e anzi vi arricchite con i prestiti e non avete scrupolo alcuno nell'appropriarvi dei beni dei debitori, nemmeno quando essi sono soldati che hanno combattuto eroicamente per la repubblica. Ma noi, popolo di Roma, portiamo sulle spalle il peso della guerra, e lo stesso accade ai popoli nostri alleati, tra i quali comincia a serpeggiare il dubbio che la forza di Roma non saprà liberarli dalla minaccia del cartaginese. Per questo io, Gaio Terenzio Varrone, ho posto la mia candidatura al consolato, e vi prometto che, ottenuto il comando delle legioni, affronterò Annibale in battaglia e lo annienterò."
Pianura di Canne - campo di Annibale (estate del 216 a.c.)
"Mio generale, sono una moltitudine. Mai visto un esercito così, schiere e schiere di soldati che marciano ordinatamente sotto la guida dei centurioni: hastati, princeps, triarii, rorarii, velites. Solo i cavalieri ci sono inferiori per numero, ma non di molto."
Da wikipedia: Gli alleati italici di Roma
Un elenco dettagliato delle città e popoli italici che parteciparono alla battaglia di Canne è riportato nel libro VIII del poema Le puniche di Silio Italico (Mai l'itala terra fu scossa da maggiore tempesta di armi e di cavalli, ché si temeva l'ultimo destino di Roma e del popolo, né si aveva più speranza di tentare dopo di questa un'altra battaglia):- Andavano a battaglia i Rutuli insieme ai Sicani, gli abitanti dei boschi di Trivia, della foce del fiume Tosco e del fiume Almone Cibele, quelli di Castro, Ardea, Lanuvio (alta sul monte) e Collazia
- quelli di Tivoli, Preneste e Crustumio, gli aratori di Labico, gli abitanti del Tevere, dell'Aniene e del gelido Simbruvio (lago anticamente formato dall'Aniene), quelli di Sezia, gli abitanti delle valli veliterne, quelli di Cori, di Segni e delle paludi Pontine
- le schiere ferentine, i Privernati e i contadini di Anagni, la gioventù di Sora, le genti di Scazia, le turbe di Fabrateria, i soldati dei pendii nevosi di Atina, quelli di Suessa (capoluogo dei Volsci) e Frosinone
- il più bel fiore di Venafro e Larino, tutti gli uomini di Aquino, le schiere di Amiterno, Casperia, Foruli (Civitatomassa, frazione di Scoppito), Rieti, Nurzia, sempre sparsa di brina, e quelle delle rupi tetriche
- gli abitanti di Numana dai campi sassosi, i duci di Cupra, che ha gli altari sulla spiaggia, Ancona, quelli di Adria, bagnata dalle acque del Vomano, gli alfieri della frondosa Ascoli
- le genti vigorose degli Amerri e dei Camerti, i pastori di Sassina ed i Tuderti, una legione di Etruschi comandata da Galba, la gioventù scelta di Cerveteri e Cortona, l'antica Gradisca, Palo e Fregene
- i Fiesolani ed il popolo di Chiusi, i guerrieri delle cave di marmo di Luni, insigne per il suo sicuro e vasto porto, ed i Vetuloni
- andavano insieme le schiere di Nepi con gli Equi Falisci ed i figli di Flavinia e quanti sono intorno al lago di Bracciano ed a quello di Vico e quelli che non lontani da Sutri abitano sul Soratte
- insieme ai Marsi andavano i Peligni, che portavano le coorti dal gelido Sulmone, i soldati Sidicini e quelli di Calvi, i guerrieri Vestini, quelli che pascolano nella verdeggiante Penne e per le cime del Fiscello e le campagne di Avella, i Marrucini (emuli dei Frentani), quelli di Corfinio e della grande Chieti
- i guerrieri della Campania, le genti di Sinuessa, del Volturno, di Amilca, di Fondi, di Gaeta, di Antifate, della palustre Literno e di Cuma, i figli del Gauro e di Nocera, la prole Dicearchea, il numeroso popolo della greca Partenope (Napoli), di Nola, i soldati di Alife e di Acerra
- Seguivano i Sanniti, i mietitori di Nucra e Batulo (città scomparse) con quelli che scorrono le selve di Boiano, quelli di Bufra (Rufrae), di Isernia e di Ordona, i Bruzi, le coorti delle montagne lucane e dell'Irpinia, i Salentini, ed il popolo di Brindisi, dove termina l'Italia
- le schiere della rocciosa Licosa, di Picentia, di Pesto e di Cerilla (Diamante), con coloro che bevono al Sele, i valorosi della pugnace Salerno e quelli di Policastro
- i popoli del Po, i soldati di Piacenza, Modena (Mutina), Cremona e Mantova, i prodi di Verona bagnata dall'Adige, quelli di Faenza, i figli di Vercelli, Pollenzia, Ocno, Bologna, vicina al piccolo Reno, e quelli degli stagni di Ravenna
- la schiera troiana profuga dei colli Euganei e Aquileia con gli eroi del Veneto, quelli di Saluzzo
- 3.000 frombolieri dell'Etna e i figli dell'isola d'Elba, armati del patrio metallo.
Annibale e i suoi ufficiali ascoltavano il racconto dell'italico stando in piedi davanti a un grande tavolo poggiato su assi di legno. Con un cenno della mano lo interruppe e ordinò che fosse allontanato. Volgendosi agli ufficiali spiegò la situazione. "Abbiamo preso la rocca di Canne, e ciò ha causato grande scompiglio nell'esercito nemico, perché non è solo la perdita del posto e delle scorte in essa che li angoscia, ma il fatto che domina tutto il territorio circostante. Questo li indurrà a cercare battaglia, della qual cosa non possiamo che rallegrarci. Ancora pochi mesi di questa tremenda guerra di logoramento, e saremmo costretti ad aprirci la strada verso il ritorno, dovendo comunque combattere per riuscirvi. Ma non abbiate timore del loro numero, perché esso sarà la ragione della loro rovina e del nostro trionfo."
Nella tenda dei consoli
L'uno di fronte all'altro stavano i consoli. Da fuori giungevano le voci e le grida dei legionari che incitavano a inseguire il nemico che aveva abbandonato l'accampamento. Emilio Paolo disse "aspettiamo il ritorno di Marco Statilio e dei suoi lucani, potrebbe essere uno stratagemma". Stizzito, Terenzio Varrone replicò "sono in territorio nemico, hanno davanti un imponente esercito romano e hanno abbandonato ogni loro bene. Io ti dico, Emilio Paolo, che i mercenari di Annibale si sono ribellati e lo hanno tradito, forse anche ucciso. E' il momento di inseguirli e farne strage, e liberare così i nostri alleati italici dal peso di questa guerra".
La tenda si aprì e comparve Marco Statilio. "E' uno stratagemma", affermò con sicurezza "ci aspettano nella pianura". Emilio Paolo si rivolse a Varrone "il comando della giornata è tuo, ma ti prego, aspetta a dare battaglia. Lasciamo che, senza riparo e vettovaglie, la loro forza diminuisca, daremo battaglia quando saranno disperati".
Sul campo di battaglia - dalla parte dei cartaginesi
"Pensi che daranno battaglia?" chiese Asdrubale. "Varrone ci crede sconfitti e non intende correre il rischio di lasciare a Emilio Paolo la gloria della vittoria. Oggi il comando è suo, dunque preparati a combattere", rispose Annibale. Si volse poi ai suoi ufficiali e disse "ricordate gli ordini; la nostra cavalleria pesante iberica attaccherà la loro sul fianco sinistro, ma lo farà scendendo da cavallo così da ostacolare l'ordinata manovra della fanteria romana e spingerla a trovare spazio verso il centro; è essenziale che Asdrubale metta in fuga i cavalieri romani, il che avverrà certamente perché in questo tipo di combattimento siamo superiori; quando la fanteria romana, costretta ad addensarsi al centro, ci attaccherà tu, Magone, dovrai cedere terreno; ma lo farai lentamente, pur dando l'impressione di un progressivo cedimento. I manipoli posti ai lati, invece, resisteranno; nel frattempo tu, Maarbale, darai battaglia sulla destra con i tuoi cavalieri numidi, avendo l'appoggio della cavalleria iberica che, nel frattempo, avrà sconfitto e messo in fuga la cavalleria romana schierata a sinistra; ti chiedo, tuttavia, di manovrare in modo da allontanare il nemico dal campo di battaglia, e di distruggerlo solo quando non sarai più visibile, affinché i romani non conoscano l'esito dello scontro."
Sul campo di battaglia - al centro dello schieramento romano
"Avanti, uccidiamoli" grida il centurione Labenio. "Sbudelliamo questi porci punici, che i loro corpi marciscano nella terra" gli fa eco il Primus pilus Sertorio. Polvere rumore folla scudi che battono l'uno sull'altro, pressione da terga e spazio libero davanti lasciato dal nemico in fuga, l'idea del bottino, la vittoria è vicina, non s'odono ordini, la confusione è massima ma il nemico è vinto, domani si torna a casa, Annibale è un altro nemico sconfitto dalle invincibili armi romane. E l'onore sarà di Varrone, il nostro conducator, il nemico dei patrizi che ci sfruttano, ma le cose cambieranno perché è il vigore del popolo che ha sconfitto il cartaginese, non la fiacca condotta del Senato!
Sul campo di battaglia - nelle retrovie cartaginesi
"Mio generale, stiamo per cedere. Le nostre schiere sono ormai una riga sottile che solo la polvere nasconde agli occhi del nemico, fuggi, mettiti in salvo". Annibale non lo ascoltava, guardava l'orizzonte oltre la collina dal lato opposto del fiume. Da lì sarebbe giunta la salvezza, oppure la fine. Chiamò due messaggeri e consegnò gli ultimi ordini: la fanteria pesante punica, ai lati dello schieramento, operi una carica, la più poderosa possibile, in diagonale verso il cuore dell'esercito romano! L'obiettivo non è quello di completare l'accerchiamento, questo sarà compito di Maarbale, se tornerà vincitore da dietro la collina.
Sul campo di battaglia - nelle retrovie dello schieramento romano
Emilio Paolo vide lo scompiglio causato dall'attacco della fanteria pesante numida e si lanciò verso il centro dell'esercito, nel tentativo di riportare l'ordine. Non si accorse, per tale ragione, di una nube di polvere che avanzava da dietro la collina. Nessuno lo vide più.
L'attacco della cavalleria numida, di ritorno dal vittorioso confronto con quella romana, si abbatté sulle retrovie dell'esercito romano. Sul lato opposto la pressione delle legioni sull'ormai esigua schiera cartaginese si attenuò. Ebbe inizio il massacro.
Gaio Terenzio Varrone, con poche centinaia di cavalieri, riuscì a fuggire dal campo di battaglia e fu accolto a Roma con rispetto. Il comando delle armi romane sarebbe tornato per sempre, con l'unica eccezione di Caio Mario un secolo dopo, nelle mani degli ottimati.
Sala riunioni di G&S - anno 2016 d.c.
Il vecchio R. prese la parola. "Dobbiamo essere cedevoli sul reddito di cittadinanza, o come diavolo lo chiamano, ma nessun cedimento sui diritti sociali, sul welfare, sullo stato sociale, sulle tutele del lavoro, sulle pensioni. Anzi, se possibile in questi campi si guadagnino posizioni! Nel contempo, si ingaggi battaglia sul piano culturale attraverso i media, anche quelli social, ma è essenziale che questa si svolga ben lontano dal cuore dello scontro; si parli di diritti civili, di quelli delle minoranze, vanno bene anche i diritti degli animali. Quando darò l'ordine, attaccheremo dai lati, con un'avanzata poderosa verso il centro dello schieramento nemico. Ricordate, è essenziale che il centro del nostro fronte tenga le posizioni, mentre il nemico si accalca in un'avanzata che prometta una facile vittoria. La tempistica è fondamentale". L'uditorio, intorno a lui, assentiva in rispettoso silenzio.
Per la verità i Bruzi ( la cui capitale è la mia città natale) erano alleati di Annibale, sconfitto questo, furono in parte deportati dai romani nell' odierno Abbruzzo
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