sabato 28 luglio 2018

L'entrismo al tempo della flat-tax e della flat-democracy

Paolo Savona
E' un momento strano. Gli euristi, soprattutto la sinistra eurista (PD e LeU) sono alle corde, mentre il governo è in mano a un'inedita alleanza di sovranoidi, al cui interno sembra essere egemone una pattuglia di personaggi più noti alla platea dei social che non alla maggioranza degli elettori, guidata da alcuni ex boiardi di Stato della prima repubblica forse supportati, a loro volta, da ciò che resta della grande industria di Stato e da pezzi degli apparati di sicurezza.

Quel che è certo, trame di palazzo a parte, è che le due forze della coalizione sono portatrici di due proposte caratterizzanti: la flat-tax e la flat-democracy, o democrazia diretta digitale. Entrambe clamorosamente anticostituzionali, qualsiasi acrobazia dialettica possano inventarsi i cantori dell'una e dell'altra. Entrambe le forze della coalizione sono note per l'uso spregiudicato, oltre il limite della decenza, della demagogia e della menzogna, ma ciò nonostante raccolgono un consenso maggioritario, e in crescita, per esclusivo demerito dei loro avversati euristi, le cui politiche, sia sul piano economico che su quello politico, nonché etico, hanno disgustato la maggioranza degli italiani.

A peggiorare le cose vi è la circostanza per cui molti soggetti politicamente attivi sembrano sul punto di cedere, talvolta hanno già ceduto, alla tentazione di entrare nella cordata vincente e, nel far ciò,  si ammalano di uno speciale strabismo che consente loro di valutare positivamente la pur salutare estromissione degli euristi dai centri del potere, senza però riuscire a inquadrare la situazione in una prospettiva realistica. Per non essere troppo oscuro ripeterò il concetto in castrese aulico:

domanda: quanti figli hai?
risposta: mia moglie ha due figlie.

Una si chiama flat-tax, l'altra flat-democracy. Ovviamente si tratta di corna, ma che importa? Tutte le strade portano al socialismo. Non è forse vero che perfino l'Unione Europea avrebbe portato al socialismo, e addirittura, udite udite, anche il Nuovo Ordine Mondiale grazie all'agire delle moltitudini?

Certo, si può argomentare che "chi ragiona in modo statico e formalistico, difficilmente può afferrare tempi di mutamenti, fratturazioni, accelerazioni e ricombinazioni", come negare ciò? Non è forse vero che, seppure la Storia, al netto dell'agitarsi di una pluralità di soggettività, obbedisce alla legge della struttura sottostante, è tuttavia compito delle avanguardie quello di ricercare, nel dipanarsi degli eventi, i momenti di singolarità, allorquando gli equilibri sono instabili, al fine di orientarla verso l'esito desiderato?

Ebbene sì, è vero. Tuttavia, per far ciò, bisogna essere, per l'appunto, un'élite, ed io non lo sono. Io, che non sono un teorico della Storia, né un fine interprete della complessità della politica, agisco in basso, nella mischia furibonda. E quaggiù, nella mischia furibonda, se vedo avanzare un carro con la scritta "flat-tax" o un elefante con lo stemma della "flat democracy", ebbene prendo la mia lancia e la scaglio, con tutta la forza del mio braccio.

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