lunedì 27 gennaio 2020

Riflessione sulle elezioni regionali

Il responsabile di questo blog ha individuato da tempo nel deficit democratico reale il vero problema, sia del nostro paese che più in generale di tutto il mondo. Per quanto riguarda il mondo: come sempre!

Ma siccome l'occidente è, o crede di essere, la culla della democrazia (in particolare lo credono alcune nazioni che ne fanno parte, tra queste l'Italia) il deficit di democrazia che si manifesta in occidente - in particolar modo in Italia - è un tema degno di interesse.

Il movimento dal basso verso l'alto dei venduti
Come vado gridando nel deserto ormai da anni, la democrazia non è un valore ma una conquista (teorema). Ciò significa (lemma) che essa non è una concessione, anzi non deve assolutamente e giammai esserlo. Tuttavia prevale il vittimismo, la lamentela per gli spazi di comunicazione negati, per la menzogna propalata dalle centrali del Potere, quando invece ciò è del tutto normale, direi addirittura "democratico", agli occhi di chi, come me, è consapevole che il diritto di sedersi al tavolo della democrazia deve essere conquistato con la forza. E aggiungo: con le buone o con le cattive.

I metodi "buoni" sono quelli che afferiscono all'organizzazione dei gruppi sociali che sono esclusi dal tavolo della democrazia in ragione della loro incapacità a farlo, quelli "cattivi" all'uso della violenza. I secondi sono stupidi e idioti quando sono utilizzati, anche in buona fede  - e per l'appunto da idioti, come surrogato dell'incapacità di costruire l'organizzazione politica, ma necessari quando, conquistata la forza per sedere al tavolo della democrazia, tale diritto viene negato da chi già vi siede. In sintesi: le sollevazioni di piazza non servono per conquistare il Potere (o un pezzo di esso) ma per sancire pubblicamente il mutato equilibrio politico. En passant: è quello che accadde nella rivoluzione d'ottobre. Ma resta che il mutato equilibrio politico può essere conseguito sempre, inevitabilmente e necessariamente costruendo prima l'organizzazione politica.

Per chi è in grado di comprendere la premessa, io asserisco con assoluta e completa convinzione che la democrazia esiste sempre, in occidente come ovunque e sempre, a patto di avere la forza e la capacità di sedersi a quel tavolo, e che lamentarsi è da fessi, o da donnicciuole, o da frocetti, oppure da venduti o da infiltrati! O una combinazione dei precedenti attributi.

Occorre quindi mettere a tema la domanda: perché in dieci dicasi dieci anni di mobilitazione, di lavoro, di sforzi, di sacrifici, anche di rinunce a fare altro nella vita,  le elezioni in Emilia Romagna ci consegnano il risultato di un dominio completo delle forze di ispirazione liberale, sia pure con il tracollo di una di esse scambiata dai semplici come "tram dei desideri"?

Come saprete finisce così: "Stanley violenterà Blanche, e questo le causerà un forte esaurimento nervoso che la porterà a essere internata in un manicomio. Disperata per il triste destino di Blanche, Stella respingerà il marito e porterà con sé il suo bambino appena nato, giurando di non tornare più a casa da Stanley."

Torniamo a quelli che si lamentano levandoci subito di torno i fessi, le donnicciuole e i frocetti, per concentrare la nostra attenzione sui venduti e sugli infiltrati. I venduti sono quelli che, avendo acquistato, anche per loro meriti, un certo peso nel gruppo sociale di coloro che si sforzano di ampliare il tavolo della democrazia, sono stati sedotti e comprati dal Potere. Gli infiltrati sono quelli che, fin dall'inizio, sono stati inviati dal Potere per monitorare, ed eventualmente porsi a capo, di ogni tentativo dal basso. 

Ora un nucleo che si ponga l'obiettivo di riconquistare il diritto a sedere al tavolo della democrazia, id est far contare una classe sociale esclusa dalla spartizione dei pezzi di carne del plusvalore, non può essere impermeabile per la semplice e ovvia ragione che esso deve crescere numericamente fino a comprendere (parlo sempre dell'Italia) decine di migliaia di militanti. Pertanto il nucleo deve essere al contempo permeabile ma impenetrabile, e qui sta il difficile. D'altra parte, fosse facile, ci sarebbe una rivoluzione al mese!

E come si fa a costruire una base militante che sia allo stesso tempo permeabile ma impenetrabile ai venduti e agli infiltrati? Ebbene servono tempo e metodo. Il tempo, quando il progetto di riconquista del diritto di partecipare al tavolo della democrazia si sviluppa nel corso di molti anni, risolve immediatamente il problema degli infiltrati del Potere. Questi, infatti, sono sommamente necessari in occasione di rapide fiammate, ma sono inutili nel lungo periodo, specialmente nell'odierna società del controllo. Il vero problema, allora, sono i venduti.

Il problema dei venduti lo si risolve col metodo. Occorre cioè stabilire delle regole di partecipazione democratica che rendano impossibile la scalata di pochi pezzi di merda personaggi che, in virtù del loro carisma e del sostegno mediatico del Potere, finiscono con l'essere percepiti come leaders. Il segreto è la segmentazione stratificata del movimento. Mi spiego: immaginate 1000 persone suddivise in sezioni al massimo di 20 iscritti, col divieto di superare questo numero e l'obbligo, quando questo accade, di aprire una nuova sezione. Si avrebbe così un numero di 50 o più sezioni, ognuna delle quali può proporre una sua mozione politica e votare sulle mozioni espresse da altre in occasione di un congresso annuale nel quale sono ammessi come votanti tutti e solo i rappresentanti delle sezioni, con l'ulteriore vincolo che, in occasione dei congressi, le sezioni con meno di 20 iscritti devono eleggere un loro rappresentante collegiale riunendosi fino a costituire una sezione temporanea di non più di 30 iscritti. Una simile articolazione implica che l'eventuale carismatico Kahn iscritto in una sezione potrà anche dominarla, ma poi dovrà fare i conti con i rappresentanti eletti delle altre sezioni, i quali magari sono un po' più sgamati.

Che fa il Potere a quel punto? Minimo se ne deve comprare un bel po', e sarebbe tutta gente che, alle successive elezioni di sezione, non è detto venga rieletta. Anzi, sapete che si può fare? Quando una sezione esprime il suo il suo rappresentante ne seleziona in realtà due, e poi quello veramente eletto viene estratto a sorte. E così il numero di quelli che è necessario comprare raddoppia all'istante.

E adesso, caro Potere, vienici a comprare. Un po' più difficile, non trovate? Va bene, ma che succede se questo metodo ha successo e il movimento cresce, passando da 1000 a 5000 iscritti? Semplice, se ne discute e si trovano democraticamente, sulla base delle regole valide per 1000 iscritti, le modifiche da apportare. E così via, sempre con lo stesso metodo.

Un po' diverso, nevvero, dall'avere 1000 iscritti che ogni anno si riuniscono ed eleggono per acclamazione gli organi dirigenti? E qui ogni riferimento ai simpatici amici è puramente voluto. Simpatici sì, ma io ne sono fuori.

3 commenti:

  1. Al tavolo democratico, da una posizione di potere conquistata con le buone o le cattive, si porrebbe il problema se accrescere quel potere e fino a che punto.

    Se non ci fosse una condivisione tra le parti circa il valore della democrazia, quale metodo che preserva dalla barbarie, giunti nella sala dei bottoni, cosa impedirebbe a ciascuno la strada di tentare piccole torsioni delle regole del gioco?

    Se la conquista del potere avesse lo stesso valore sia per l'aspirante dittatore che per il socialista oppresso, allora la democrazia sarebbe uno strumento neutro, come un coltello o la polvere da sparo.

    Per me se il socialismmo ha un valore è proprio quello di essere intrinsecamente democratico, a partire dalla funzione emancipativa (concessione di diritti umani e sociali bilanciati dai doveri verso la comunità) delle classi culturalmente ed economicamente meno sviluppate.

    Detto questo, è chiaro che la democrazia a cui fa riferimento l'articolo non ha nessun valore o, semmai, negativo, diversamente da quello che penserebbero i cafoni-venduti-traditori-cadregari, ma per poter parlare di un sistema che sostiene, mentendo, di dirsi democratico ci si deve astrarre da esso, al limite dell'off-topic.

    RispondiElimina
  2. Interessante il discorso sul metodo, e degno di riflessione. Però, e lo dico esclusivamente per completezza, esiste anche la possibilità che non sia un problema di metodo, ma proprio di inscalfibilità (almeno al momento) del sistema mediatico, che è per il modello liberale attuale ciò che era la Chiesa nel medioevo: il generatore e intensificatore della sovrastruttura legittimante i concreti rapporti di forza (di cui oggi beneficiano i cotonieri, e un tempo i signori feudali).
    Il paradigma feudale è durato un millennio buono: non è purtroppo da escludere che abbia ancora tanti decenni, se non secoli, davanti a sé il "nostro" paradigma liberale, a prescindere dagli sforzi per abbatterlo o creare delle crepe.

    RispondiElimina
  3. Comunque, Fiorenzo, gira ultimamente l'immagine della percentualenpresa dallo UKIP nel 1994: lo 0,3%. Non per voler fare confronti fra Italia e Inghilterra o fra strategie e prassi politiche, né tanto meno significa per far finta che non esista il problema del nemico interno, o quello della lotta di classe, ma solo per evidenziare un fatto, e cioè che percentuali inizialmente misere e irrisorie non certificano il fallimento di una compagine.

    RispondiElimina