********************Inizio articolo del 28 maggio 2013********************
Se l'euro è un metodo di governo (delle élites), possiamo accettare che siano loro (e solo loro) a smontarlo?
Links correlati:
- LE RIVOLUZIONI LE FA IL POPOLO. NON LE ELITE! (Stefano D'Andrea - ARS)
- Prometeo (colui che riflette prima) ed Epimeteo (colui che riflette in ritardo) (testo riportato in fondo, se il link non funzia)
L'enunciato "l'euro è un metodo di governo" è stato proferito da Alberto Bagnai in questo video. Sono perfettamente d'accordo. Tuttavia è necessario completarlo: l'euro è un metodo di governo delle élites europee.
Ora domandiamoci: cosa sono le élites? Certamente non sono i professori universitari (men che mai i professori delle medie superiori....), né i piccoli o medi imprenditori, né i professionisti. Mi spingo oltre: nemmeno le celebrità del mondo dello spettacolo sono "élite", bastando per esse la categoria "ceti privilegiati". Ma voglio essere ancora più audace: neppure Bill Gates fa parte delle élites!
"Ma che dici?", dirà qualcuno, "quello è insaccato di soldi!". Va bene, diciamo che Bill Gates è entrato, o è stato cooptato, nell'élite. Mi sta bene. Ma confondere Bill Gates con il concetto di "élite" è riduttivo, significa farne solo una questione di soldi. E io non penso che le cose stiano così. E allora?
Delle due l'una: o pensiamo che sia tutta a una questione di soldi, con ciò riducendo la Storia alla contabilità, oppure dobbiamo riconoscere che il potere e i soldi, seppur amanti da sempre, non sono proprio la stessa cosa. Una traccia, per comprendere la differenza, ce la fornisce la storia di Roma antica. Dopo la cacciata di Tarquinio il Superbo nel 509 a.c., l'etrusco che si era fatto re della città eterna, i romani si diedero un ordinamento basato sul concetto di magistratura, al cui vertice erano due consoli che restavano in carica per un solo anno. Ne nacque una lotta politica per il controllo delle magistrature repubblicane. Un gruppo di famiglie gentilizie cercò di trarre vantaggio dalla fine della monarchia (cui esse avevano contribuito) monopolizzando le nuove cariche e chiudendosi in un'oligarchia di governo impenetrabile a qualunque apporto esterno. Il patriziato si definì come gruppo omogeneo e con funzioni proprie. Erano "patrizi" coloro che potevano chiamare/ricordare il padre (patrem ciere). Non che non esistessero, nella Roma arcaica, divisioni di rango tra i cittadini, ma queste erano messe in ombra dal prevalere dell'ordine monarchico. Il movimento "plebeo" si manifestò come resistenza dei gruppi che venivano sospinti ai margini della vita politica, in un contesto nel quale il potere politico era divenuto contendibile. La plebe (dal greco "plethos", che indica la massa che non si definisce attraverso istituzioni politiche) riuscì però a darsi un'organizzazione, che divenne l'articolazione politica attraverso la quale gli elementi migliori dei ceti popolari riuscirono a contendere, al patriziato, il potere nella Roma repubblicana.
I due gruppi elaborarono presto idealità e metodi di governo in netta opposizione, dando origine a una dialettica che, nel corso dei secoli, sarebbe divenuta un invariante della Storia.
Duemila e cinquecento anni dopo, in circostanze pur completamente diverse, la dialettica patriziato/plebe è ancora, in Italia come in tutte le democrazie, la matrice reale del confronto politico, il nucleo intorno al quale esso ruota. Che non è la stessa cosa di "lotta di classe", perché questa espressione assume, e pone in primo piano, l'idea che siano le forze profonde agenti nel corpo sociale le vere protagoniste dei cambiamenti. Nel lungo termine ciò è probabilmente vero, ma c'è un problema. Il cosiddetto "lungo termine" è lievemente più lungo della vita umana (della serie: la Cina sarà la nuova superpotenza... quindi...), ragion per cui assumere il "lungo termine" come unico orizzonte in base al quale orientare l'azione politica immediata è una scelta sostanzialmente monca. Significa delegare al flusso degli avvenimenti, determinati da circostanze e forze fuori dal nostro controllo, le scelte che devono essere fatte qui ed ora. Nel frattempo, di cose che possono succedere, capaci di cambiare completamente l'orizzonte degli eventi, ne possono accadere a iosa. E magari la Cina non sarà una superpotenza...
La partecipazione alla vita politica, dunque, non può prescindere dal riconoscimento dell'esistenza di organizzazioni, reali e concrete, che agiscono attivamente in questo ambito. Pertanto, affermare che l'euro è un metodo di governo implica, necessariamente, che qualche forza organizzata ha "progettato il piano". La semplificazione giornalistica definisce ciò come "élite", io preferisco il termine "patriziato". Ad esso si oppone, oggi, una massa informe di individui (il plethos), del tutto privi della capacità di esprimere una propria organizzazione politica, dunque delle classi dirigenti. Pertanto, il "patriziato" fa e disfa come meglio crede, al punto di scegliere, esso stesso, i soggetti incaricati di recitare il ruolo di opposizione. Ne è una prova l'attuale legge elettorale, un vero insulto ai cittadini, i quali possono scegliere solo il simbolo cui dare la loro preferenza, essendo la scelta dei candidati completamente nelle mani degli apparati. Quando Giuliano Ferrara, anni fa, dichiarò che "per fare politica bisogna essere ricattabili", di fatto confessò una realtà che è sotto gli occhi di tutti: le classi dirigenti della plebe sono selezionate dal patriziato.
Questa storia deve finire! Ogni tentativo, da qualunque parte esso provenga, di costruire organizzazioni politiche per restituire alla plebe il diritto di esprimere una sua classe dirigente, è dunque benemerito, e deve essere salutato con favore. Chiunque si opponga, con qualsiasi argomento, a questi sforzi, è un alleato, consapevole o meno, del "patriziato".
********************Fine articolo del 28 maggio 2013********************
Prometeo (colui che riflette prima) ed Epimeteo (colui che riflette in ritardo) 26-05-2013
CopyLeft: Fiorenzo Fraioli
Narra il mito che Prometeo donasse agli uomini le qualità che riusciva a sottrarre agli Dei, mentre Epimeteo le regalava agli animali. Ma chi erano "gli uomini" e "gli animali" al tempo degli Dei? Il mito, si sa, va interpretato, e credo che nel mito "gli uomini" fossero gli aristocratici, "gli animali" gli schiavi.
Premessa indispensabile
Avrei preferito non immischiarmi nella diatriba tra Moreno Pasquinelli (MPL) e Alberto Bagnai perché, a dispetto del mio carattere focoso, e anzi proprio per questo, mi sforzo sempre di essere un "bravo moderatino", cercando di evitare le fratture in favore della possibilità di una sintesi. Talvolta, però, il dato caratteriale prende il sopravvento, specialmente quando è in gioco l'amicizia. Non mi toccate Pasquinelli perché mi arrabbio.
Sul blog del Movmento Popolare di Liberazione è stato pubblicato, a firma di Moreno Paquinelli, un lungo articolo dal titolo "LE DIVERGENZE TRA IL COMPAGNO BAGNAI E NOI" nel quale vengono mosse critiche ad Alberto Bagnai. A mio parere, una delle ragioni di quello che appare, per certi versi, un attacco molto duro, è la preoccupazione di Pasquinelli che la crescente popolarità di Alberto Bagnai possa far sì che le sue posizioni vengano accettate acriticamente da un numero crescente di bloggers. Non è una questione secondaria, perché la dura "battaglia delle ideee" si gioca, oggi e sempre di più in futuro, proprio sulla rete. E' vero che si tratta di poche decine di migliaia di persone, ma è tra queste che si forma l'opinione pubblica. Questo nucleo minoritario, e apparentemente ininfluente di soggetti se valutato sul piano puramente numerico, ha invece la capacità di influenzare moltissimo la visione della grande maggioranza. Sono "attivisti", ovvero persone informate che, a prescindere dal valore e dalla qualità di ciò che sanno, si dedicano anima e corpo alla divulgazione dei loro punti di vista, e dunque per essi non vale l'equazione "uno vale uno". Un "attivista" può valere dieci, cento, mille, anche milioni di voti!
Dopo Beppe Grillo (che per il momento, ha "stracciato tutti"), e Paolo Barnard (tuttavia in fase declinante), Alberto Bagnai è oggi il blogger politico in più rapida ascesa in termini di popolarità. Una popolarità che alcuni tendono a sottostimare, ma che potrebbe esplodere nei prossimi mesi se si verificassero le circostanze opportune. La prima di queste, ovviamente, è il fatto che quello che Bagnai scrive da due anni sul suo blog e, più recentemente, nel libro "Il Tramonto dell'euro", ovvero la dissoluzione dell'eurozona, possa effettivamente verificarsi. In politica la capacità di apparire come profeti di ciò che avverrà regala ampia popolarità. Ricordate le "profezie" di Grillo su Parmalat?
La seconda circostanza, quella che a mio parere maggiormente preoccupa Pasquinelli, è che la popolarità di Bagnai possa essere utilizzata da settori della classe dominante contro gli interessi di classe del mondo del lavoro, dei quali MPL si erge a difesa. Non voglio entrare nel merito della questione se Bagnai sia o meno "di sinistra", e, in caso affermativo, quanto lo sia. Tuttavia, che settori della classe dominante possano, tra qualche tempo, giocare la "carta Bagnai", è lo stesso Alberto a dircelo. Rispondendo sul suo blog a ominonero che chiede "Come persuadere la classe politica facendole considerare questa proposta (il Manifesto di solidarietà europea - n.d.a.) come possibile ed auspicabile?" Bagnai scrive: "Dando la propria disponibilità alla classe politica giusta, che non è quella dei collaborazionisti italiani, ma quella di chi fuori dalla colonia Italia si è accorto che questo gioco non può durare. Voi pensate che Letta, o i suoi elettori, conteranno qualcosa nel momento in cui questa proposta dovesse catalizzare sufficiente attenzione all'estero? Gli direbbero: zitto e togli gli aracnidi dalla Rai, e il giorno dopo, previo passaggio di Rinaldi o Borghi al Tg1, saremmo tutti d'accordo. Scusate, ma il problema è causato dalla costruzione europea e credo si debba provare a risolverlo in Europa".
La domanda che non possiamo sottacere è: chi direbbe a Letta "zitto e togli gli aracnidi dalla Rai"? Qui non è in discussione quanto e in che modo Bagnai sia sincero, allorché ricorda che lui vorrebbe essere di sinistra se una sinistra ci fosse. Che in Italia la "pseudo-sinistra televisiva e politically correct" sia una, per altro piccola, articolazione della classe dominante, è cosa che la maggioranza dei lettori di questo articolo daranno per scontato, e dunque Bagnai sembra aver ragione. Occorre ricordare, però, che la "pseudo-sinistra televisiva e politically correct" non comprende alcune piccole ma determinate sacche di resistenza che sono riuscite, in questi anni, a sopravvivere, nonostante l'imponente bombardamento mediatico e culturale che è stato messo in campo per eradicarla completamente. Di questa affermazione darò immediatamente la prova.
MPL ha conosciuto Alberto Bagnai nell'ottobre del 2011, allorché venne invitato ad un convegno dal titolo "Fuori dall'euro fuori dal debito". Era (le date sono importanti) la fine di ottobre del 2011. Ora, se andate sul blog di Bagnai, potete verificare che il suo primo post risale al 23 novembre 2011 (I “salvataggi” che non ci salveranno). Nel post Bagnai fa riferimento ad un suo articolo precedente, pubblicato su lavoce.info, del 26 luglio 2011 (LO SPETTRO DEL 1992), seguito da un intervento sul Manifesto (L'uscita dall'euro prossima ventura) datato 22 agosto 2011. Tutto ciò per dire che, se è vero che Bagnai si espone pubblicamente, da due anni, in una critica serrata dell'euro, è anche vero che esisteva già una forza politica, che è l'MPL, che si trovava su quelle stesse posizioni. Di più: MPL portava avanti, da molti anni, una critica asprissima agli assetti del capitalismo italiano, europeo e anglo-americano.
Alberto Bagnai venne al convegno, parlò, fu molto apprezzato per quello che disse. Piacquero il suo modo di esporre i dati, la chiarezza, l'affabilità dei suoi modi. In breve, Alberto Bagnai finì per essere uno degli autori più citati nel piccolo mondo resistente che gravitava intorno a MPL. Anche ecodellarete ci mise del suo, sebbene sia giusto sottolineare come la crescita del blog di Alberto Bagnai sia ascrivibile soprattutto, se non esclusivamente, alle sue qualità di scrittore e divulgatore. E' però anche giusto ricordare, e rimarcare ancora, che quel mondo era già da tempo, da molto tempo, su posizioni anti-euriste, come pure il fatto che, sebbene piccolo e minoritario, non era costituito da una singola persona, bensì da alcune centinaia di attivisti in tutta Italia.
Il rosso di Nomura
Con il passare del tempo, in particolare a partire dalla metà del 2012, si è verificato un cambiamento. Pian piano tra i dirigenti di MPL si è fatta strada la consapevolezza che tra la loro visione d'insieme e quella di Alberto Bagnai vi sono differenze irriducibili. Di ciò parla l'articolo pubblicato da Pasquinelli. I toni non sono particolarmente amichevoli, ma le ragioni di allarme ci sono tutte, e sono rilevanti. L'occasione che ha indotto MPL, per bocca di Pasquinelli, ad uscire allo scoperto, è stata la voce dell'imminente uscita di un manifesto politico sul blog di Bagnai. Quello che è in effetti accaduto è che, il giorno dopo l'articolo di Pasquinelli, sul blog di Bagnai è apparsa la traduzione in italiano del "Manifesto di solidarietà europea" (già pubblicato in inglese il 24 gennaio 2013 e rimasto sconosciuto ai più), cha ha dato consistenza alle voci, sempre più insistenti, di una possibile "discesa in politica" dello stesso Bagnai, sebbene egli le smentisca con forza. La lettura del documento, e l'elenco dei primi firmatari, pongono più di una questione. La prima che salta agli occhi è la dichiarata volontà di preservare "l’esistenza dell’Unione Europea e del Mercato Comune Europeo", messe a rischio dall'esistenza dell'euro. Dunque, non più l'euro come strumento monetario di un più ampio disegno di guerra di classe culminato nell'istituzione dell'Unione Europea e del Mercato Comune (ma sarebbe più corretto parlare di Mercato Unico), bensì esattamente il contrario. Che dire? Una lieve differenza rispetto a quanto Bagnai va ripetendo da due anni!
Vero è che Bagnai, nel primo commento, scrive (grassetto aggiunto): "Siete tutti abbastanza intelligenti da capire cosa posso condividere o meno nella diagnosi che il manifesto esprime, e anche nella terapia", ma immediatamente dopo aggiunge "Non è il mio manifesto, come qualche relitto umano ieri latrava sul web: è il manifesto proposto da un gruppo di economisti col quale sono entrato in contatto a novembre, e con i quali ritengo valga la pena di confrontarsi e di mediare. Non vi aspetterete da me una mediazione coi platelminti, o con gli anellidi, e nemmeno coi nematelminti (che non vi ho ancora presentato), insomma, con tutti gli infiniti vermi del terrario nostrano, provinciale, egotista, intellettualmente ed eticamente deficitario. Ma rispetto a una proposta operativa che è l’unica sensata allo stato attuale e che è proposta da persone di elevatissimo livello scientifico, che hanno rivestito posizioni di responsabilità, che sanno di cosa parlano (cosa rara da queste parti), mi sento di potere e dover giungere a un compromesso e a un dialogo, di dover avere un atteggiamento di ascolto".
Vabbè. Linguaggio a parte, Bagnai afferma:
- è l'unica proposta sensata allo stato attuale
- è proposta da persone di elevatissimo livello scientifico, che hanno rivestito posizioni di responsabilità, che sanno di cosa parlano
Rimando ad altra occasione l'esame della prima affermazione per concentrarmi sulla seconda. Bagnai parla di persone di "elevatissimo livello scientifico", e su questo non possiamo non essere d'accordo. Ma quali interessi concreti e reali rappresentano e difendono costoro? In nome di quali poteri queste competenze tecniche agiranno, fino al punto di ordinare a Gianni Letta "zitto e togli gli aracnidi dalla Rai"? E soprattutto, noi che cosa esistiamo a fare? Come si permette, Alberto Bagnai, di usare questo tono e questo linguaggio? Chi è Alberto Bagnai? Lo abbiamo detto poc'anzi: Alberto Bagnai è un blogger politico in fortissima ascesa, dunque una persona in grado di influenzare in profondità le scelte elettorali qualora, come è probabile, decida di scendere in politica. Ma ha detto che non lo farà! Esticazzi?
Firmando il "Manifesto di solidarietà europea" Alberto Bagnai è già sceso in politica, la sua non è più solo una benemerita opera di divulgazione economica. Di questo non si può non tener conto, come non gli si può più consentire l'uso di un linguaggio, spesso offensivo, senza rispondergli come merita. Opera alla quale mi accingo immediatamente.
Uno dei firmatari del Manifesto è tale Jens Nordvig, classe 1974, Amministratore delegato di Nomura, banca d'investimento globale. Si tratta, per capirci, della stessa banca con la quale il Monte dei Paschi di Siena avrebbe stipulato un accordo segreto per truccare i conti. Ho come la sensazione che in casa Nordvig si beva dell'ottimo vino, di quello che dà veramente alla testa. Non conoscete il rosso di Nomura? Ah, ragazzi, al primo sorso ci si sente già in paradiso. Un paio di bicchieri e si vola alto, tanto in alto.... chi sono quei puntini laggiù? So' òmini? Ah, è 'na manifestazione de disoccupati. Più in alto! Più in alto! Stappiamo la seconda... ecco, va meglio. Dicevi Jens? Ah si, limità l'hair-cut e rilancià l'economia co' 'n piano de stabbilizzazzzione globbale concordato.. certo certo... i costi vanno distribuiti... hic.. hic... sta tranquillo che je parlo io... e ché? Nun so' de sinistra io? Ma io mica so' compagno così... ahò, io so' veramente compagno... de bevute... ma chi li conosce a questi? A pasquiné, e nummerompelicojoni!
Scherzi a parte, credo che l'articolo di Pasquinelli sia stato assolutamente opportuno. Non è accettabile che passi l'idea che la soluzione alla crisi possa essere di natura unicamente esogena, attraverso l'intervento dall'alto di competenze tecniche offerte da personaggi che, per quanto scientificamente validi, non possono credibilmente rappresentare gli interessi popolari. Per quanto possa essere difficile, è necessaria una componente endogena, vale a dire il contributo di una classe dirigente che sia diretta espressione degli interessi popolari. Il processo attraverso il quale questa classe dirigente emergerà è appena agli albori, ma deve essere portato avanti con urgente determinazione. Spiace dirlo, ma Alberto Bagnai, a causa dei suoi atteggiamenti élitari, si è posto fuori, per sua volontà, da questa prospettiva.
Considerazioni odierne
Quando scrivo che non voterò né Lega né M5S, la spiegazione la trovate nello scritto che ho ripostato. Vabbè, credo che il fatto che io dichiari che non voterò per il M5S (Movimento 5 Scontrini) non sorprende nessuno, mentre ce ne sono ancora molti che ancora mi sfracassano i cabasisi chidendomi...
Ma perché non voti per la Lega, che c'è pure Bagnai?
Che palle!
Sorvolo sull'incredibile sequela di dichiarazioni contraddittorie di Bagnai (qui lo specialista è Lorenzo D'Onofrio, capo del KGB del Fronte Sovranista Italiano). Io volo un po' più alto (mi perdoni l'amico Lorenzo... al quale rendo omaggio quale capo del KGB) per cui vado al sodo. E' ormai chiaro che qualsiasi discorso basato sull'idea di una razionalità economica che possa mettere tutti d'accordo è del tutto inutile quando si capisce che si è in guerra. Bagnai c'è arrivato con netto ritardo, a dispetto del fatto che è uno studioso di economia politica. Che poi: c'è arrivato? Non ne sono certo. Di sicuro ha assistito, senza batter ciglio, a questa esposizione gomblottista di Valerio Malvezzi. Vi ricordate gli strampalati quanto divertenti siparietti sulla Germania che non è una signora bionda? Vi ricordate le presine per il culo a quanti (all'epoca non ero fra questi) sostenevano che la signora bionda non stava affatto segando il ramo su cui era seduta?
E allora? Non voto Lega nonostante ci sia Bagnai? No cari, non voto Lega anche perché c'è Bagnai! Uno che di politica, spiace dirlo, capisce meno di un ferroviere in pensione che posso incontrare al baretto di Castro dei Volsci, con l'aggravante che lui i dati ce li aveva e avrebbe potuto capire molto prima di chi, questi dati, non li aveva.
Non ha capito? Aveva i dati e non ha capito? Secondo voi, che mi seguite da tempo, se io avessi saputo nel 2009 quello che Bagnai sapeva per professione, avrei mai potuto pensare che la soluzione a quanto stava accadendo potesse essere il ritorno alla razionalità economica? Ora, capisco pure che Bagnai per un po' di tempo si sia potuto sbagliare, ma dopo sette anni crede ancora a questa fesseria? Lui che, di professione, si occupa di politica economica? Non prendiamoci in giro.
Non ho dubbi, non possono esserci dubbi, sul fatto che la razionalità economica sia un valore che ha rilevanza solo se ci si trova all'interno di un assetto dei rapporti di forza che sia condiviso, accettato, che nessuno mette in discussione. Della serie: tutti condividiamo l'assetto liberista, dunque sforziamoci di farlo funzionare meglio; ovvero: tutti condividiamo l'assetto socialista, dunque sforziamoci di farlo funzionare meglio. Ma se si ha la ventura di vivere in un periodo in cui le idee che si scontrano sono quelle dell'ordine internazionale dei mercati e delle Costituzioni lavoristiche, allora quanto conta la razionalità? Nulla.
Non chiedetemi perché non voterò Lega, nonostante ci sia Bagnai. La Lega, con la sua flat-tax, i suoi minibot, le sue aperture al secessionismo catalano, l'idea mai smentita di una doppia circolazione monetaria in Italia, è perfettamente incardinata nel sistema politico che difende l'ordine internazionale dei mercati. La sua logica profonda è quella di farlo funzionare meglio, possibilmente tenendo conto dell'interesse nazionale. Che non è per niente l'interesse delle classi popolari. Un concetto, quest'ultimo, che è bene chiavarsi nella zucca una volta e per sempre, che semplifico come segue: sebbene alla plebe convenga ricondurre il conflitto di classe nel perimetro dello Stato nazionale, perché questo è oggi l'unico terreno dove può vincere la lotta di classe, ciò nonostante gli interessi della plebe non possono essere spacciati per interesse nazionale. Il concetto di interesse nazionale, infatti, coincide con la pulsione delle classi dominanti a risolvere il conflitto di classe interno assoldando la plebe in guerre di conquista. Come fece, esempio paradigmatico, Giulio Cesare in Gallia: un milione di morti su una popolazione di sei milioni, in una guerra privata fatta a debito, per pagare il quale non poté sottrarsi alla guerra civile. Lui fu scannato (meritata fine per un criminale di guerra) ma l'assetto repubblicano di Roma ebbe termine, e fu l'impero.
Ma se le classi dominanti Italiane si sono vendute allo straniero , come fanno a difendere l'interesse nazionale ?
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