martedì 13 febbraio 2018

Né destra né sinistra, squadristi!



L'aggressione al poliziotto a Piacenza mostra, a mio parere senza ombra di dubbio, che siamo davanti a un problema morale, non politico. Si ha politica quando la violenza è agìta razionalmente, in vista di un obiettivo, oppure quando è una messa in scena, una situazione che potremmo definire "tutto fumo e niente arrosto". Ad esempio, fino al momento in cui il poliziotto è caduto in terra la scena poteva essere qualificata come teatro, una delle tante e stantìe repliche alle quali centri sociali, antagonisti, disobbedienti vari, ci hanno abituato da decenni. La cui ragion d'essere è, per l'appunto, di natura politica, in quanto serve la necessità della costruzione identitaria del gruppo, indispensabile a questo tipo di frange di opposizione. 

L'aggressione esagerata, squadristica, infame, al poliziotto caduto per terra, rompe questo schema, perché colpire, e pesantemente, un uomo in terra, non è teatro, ma infamia della peggior specie. A meno che, ipotesi del primo tipo della quale non si hanno riscontri, l'atto non sia stato cercato e voluto in base a un ben preciso piano politico. Ma poiché non risulta che così stiano le cose, resta l'infamia. 

Un simile comportamento non può nemmeno essere definito "fascismo rosso", perché è vero che il fascismo, appoggiato da industriali e agrari e con la complicità dello Stato monarchico, ha utilizzato metodi squadristici, ma ciò avvenne per una precisa volontà politica tendente ad uno scopo, che ahimé fu realizzato. Siamo dunque davanti a un episodio di squadrismo puro, senza motivazioni politiche, senza un piano sottostante, che chiama in causa il degrado morale nel quale siamo immersi. Colpire un uomo in terra, senza nemmeno la scusante di una ragione politica, è un gesto vergognoso, che la vittima sia un poliziotto o un manifestante. Lo avesse fatto un poliziotto fuori di testa, ora dai centri sociali sinistrati sarebbe tutto un lanciare accuse di fascismo; lo hanno fatto alcuni manifestanti antifa e, salvo una minoranza, tutto tace. Ciò accade perché troppi hanno paura di costoro, dei loro metodi squadristici che, purtroppo, non si limitano agli scontri di piazza. 

Ironia della sorte, emerge dalle prime indagini che tra i responsabili del vile pestaggio ci sarebbe il figlio di un noto avvocato del PD di Piacenza. Non un emarginato, dunque, ma un ragazzotto di buona famiglia, che evidentemente non ha ricevuto l'educazione che una buona famiglia dovrebbe impartire. Ove, per buona educazione, intendo non solo le buone maniere in società ma, soprattutto, il senso dell'onore, della dignità, del limite. 

Da giovane ho frequentato per un breve periodo alcuni centri sociali, allontanandomene, prima ancora che per le loro visioni politiche che non condividevo e non condivido tuttora, soprattutto per la bassissima qualità morale dei soggetti che li frequentavano. L'episodio del pestaggio a Piacenza conferma i miei timori di allora. I caporioni erano e sono dei piccolo borghesi frustrati e violenti, circondati da una massa di personalità psichicamente deboli e sbandate, vittime del processo di destrutturazione dei valori della società che il grande capitale ha promosso trovando, in questi ambienti, gli ascari di cui aveva bisogno.

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