venerdì 25 maggio 2018

Giancarlo Giorgetti, gli U.S.E. e il DEF del governo pentaleghista


Al minuto 11:43 Giancarlo Giorgetti (Lega) parla di unione politica. L'occasione era:

4 giugno 2013 - Seminario "CAPITALISMO FINANZIARIO E DEMOCRAZIA". Indirizzi di saluto: Emilio Zanetti (Presidente Ass. nazionale fra le banche popolari). Relazione: James K. Galbraith (University of Texas, Accademico dei Lincei). Con interventi, tra gli altri, di: Emiliano Brancaccio (Università del Sannio), Massimo Cingolani (Banca Europea degli Investimenti), Giulio Sapelli (Università statale di Milano). Modera: Bruno Amoroso (Presidente Centro Studi Federico Caffé).

In sostanza già dal 2013 (meglio: dal 2012 stando al documento ufficiale del 2012 che la Lega Nord ha dedicato all'Europa delle regioni e dei popoli) la posizione è quella dell'altreuropeismo, cioè gli U.S.E.

In subordine, se ciò non fosse possibile, l'uscita dall'euro e il piano B.

Chi scrive è profondamente convinto, a torto o a ragione, che gli U.S.E. non si faranno mai, ragion per cui si dovrà procedere con il piano B. Il segnale che si starà andando in questa direzione, una volta vinte le resistenze di Mattarella il quale, ricordo, è stato eletto da un parlamento la cui composizione era pesantemente condizionata dal premio di maggioranza successivamente dichiarato incostituzionale (sentenza n. 1/2014), sarà la misura del deficit che sarà inserito nel DEF. Attualmente il DEF presentato dal dimissionario governo Gentiloni prevede un deficit dell'1,6%, a fronte di impegni presi dalla maggioranza pentaleghista (dal reddito di cittadinanza fino all'abolizione della legge Fornero) il cui costo è stimato intorno ai 100 mld di euro. Sembra una cifra impossibile, ma in realtà corrisponde a un deficit aggiuntivo di circa il 6% del Pil, una misura inferiore ai deficit che hanno collezionato, per anni di seguito, la Spagna e la Francia: 





Facendo la tara sulle promesse elettorali, che non ci aspettiamo vengano soddisfatte integralmente, possiamo ridurre la cifra necessaria a 50 mld, e dunque alla necessità di un deficit aggiuntivo di 3 punti percentuali che, sommati alla previsione del DEF del governo Gentiloni, fa il 4,6%.

Da ciò possiamo desumere che il segnale di un vero cambio di rotta nei rapporti con l'UE sarà l'inserimento, nel DEF del governo pentalegista, di una previsione di deficit di almeno il 4%, meglio del 5%. Staremo a vedere.

3 commenti:

  1. Esattamente . E' per questo motivo che il braccio di ferro fra Mattarella e i pentastellati sul nome di Paolo Savona è di FONDAMENTALE importanza politica. Qualora vincesse il Quirinale alla Lega e al M5S conviene far saltare il banco e andare a nuove elezioni altrimenti mancherebbero letteralmente i fondi per qualsiasi promessa elettorale . Non è un caso che vi è un asse di ferro fra Salvini e Di Maio su questo punto fondamentale . Vinta la battaglia con il Quirinale si può sforare, anche oltre il 6% come hanno fatto i francesi . Io sono per questa cifra perchè
    si devono rimborsare,come è giusto, tutti i risparmiatori truffati dalle banche . Come giustamente dici tu Fiorenzo, vedremo con il DEF la cifra dello sforamento .

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  2. Ci sarà da piangere, ma piaccia o meno entro 6 mesi sapremo se manterranno le promesse, se si tornerà a votare, se capitoleranno come Tsipras o se prepareranno la vera e propria uscita.

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