Qualcuno spieghi al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che né il Credo militante né la Lega sono sovranisti. Forse sono populisti, di certo non sembrano eurofanatici, soprattutto la Lega. Ora l'eurofanatismo, impersonato dagli spretati ex-PCI divenuti più zelanti dei loro nuovi padroni, prescrive che l'equilibrio dell'eurozona sia mantenuto solo ed esclusivamente attraverso la deflazione salariale nei paesi meno produttivi, essendo escluse sia la possibilità di trasferimenti fiscali che di politiche reflazioniste nei paesi più produttivi.
Le politiche di deflazione salariale nei paesi meno produttivi hanno lo scopo di renderli di nuovo competitivi, così da poter accumulare avanzi delle partite correnti e ripagare i deficit accumulati negli anni in cui tali aggiustamenti sono stati posticipati perché la trappola dell'euro non era ancora scattata. Sono le regole del gioco stipulate dai contraenti il trattato di Maastricht, e successivi, per giocare al tavolo della concorrenza senza se e senza ma. Infrangere queste regole non è permesso, ma forse sarà necessario applicarle in modo meno radicale.
Il possibile, salvo sorprese, governo populista formato dal Credo militante e dalla Lega non le infrangerà, ma si candida ad applicarle in modo blando. L'idea di fondo è che l'intransigenza degli euristi, che hanno in Germania e Olanda le loro roccaforti statuali pur essendo apolidi, sia causata anche dall'arrendevolezza di chi la subisce. E' un'idea, non del tutto campata in aria, che corrisponde alla visione di un noto economista di sinistra, prestato alla Lega, secondo il quale ci salveranno gli stessi che ci hanno portato al disastro. Dunque il quadro politico italiano potrebbe stabilizzarsi, nei prossimi anni, intorno ai due poli "più Europa" e "un po' meno Europa", ovvero progredire col consolidamento fiscale o rallentarlo. La seconda opzione prevede, come passo successivo, quello di traslare a livello europeo la nuova polarità, e l'occasione saranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo del 2019. E' il posizionamento scelto, in modo più o meno lucido, da tutti coloro che, in questi anni, hanno preferito definirsi "populisti" piuttosto che "sovranisti".
Fa parte del gioco anche il trucco di chiamare "sovranisti" i "populisti", al fine di confondere le acque. La strategia potrebbe anche funzionare perché, come ricordavo ieri sera a un mio amico e noto sovranista, l'arte del governo non consiste nel contrastare il popolo frontalmente, ma nel porsi al suo fianco per poi indirizzarlo dove si vuole. Il Credo militante, dal quale la Lega non può prescindere se vuole passare all'incasso dopo le elezioni, è il soggetto politico ideale per attuare una simile manovra.
Si rassereni dunque il Presidente della Repubblica, perché quella che ha definito - come forse gli è stato sapientemente suggerito - una "narrativa sovranista" è, in realtà, una "narrativa populista".
I veri sovranisti sono invece convinti che nessuna manovra dilatoria potrà salvare il progetto eurista, e che nemmeno il IV Reich sarà millenario.
Più passa il tempo e più penso che ci sia un qualche accordo internazionale segreto, o che io non conosco, che vincola la nostra democrazia ad una scelta di campo non negoziabile e che risale probabilmente alla sconfitta del nostro Paese nella guerra in cui ci trascinò sciaguratamente il fascismo.
RispondiEliminaIl garante del rispetto di questo accordo dovrebbe essere il Presidente della Repubblica, altrimenti non si spiegano le decise prese di posizione degli ultimi presidenti su un tema, quale quello della sovranità della nostra nazione, che essendo oggi terreno di confronto politico dovrebbe vedere la neutralità del Colle come prevede la nostra Costituzione.
Elementare Watson. Per questo penso che dobbiamo lasciarci alle spalle il fascismo, non perché dobbiamo perdonarli ma per le conseguenze. Sono passati 75 anni dalla sua fine, usque tandem resteremo incagliati a quella disgraziata vicenda? La Nazione è una, sola e indivisibile. Dentro c'è tutto. Il resto è "non Nazione", con cui dialogare, commerciare, fare i conti, convivere in pace se possibile o difendersi.
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