lunedì 22 giugno 2020

Se tre patrioti si riuniscono sono immediatamente circondati

Se sono due, si manda un terzo per infiltrarli.


Non ci credete? Ebbene, non dovete mai dimenticare che l'Italia ha perso la sua sovranità con la sconfitta nella seconda guerra mondiale, come la Germania e il Giappone, con l'ovvia conseguenza che a nessuna di queste nazioni è più consentito un orizzonte che vada oltre il semplice benessere economico. Oggi voglio ricordarvi una vicenda del passato, che ne è la dimostrazione plastica.

Nel marzo del 1968 si verificarono due episodi rimasti nella memoria collettiva, la battaglia di Valle Giulia (1º marzo 1968) e l'attacco fascista alla facoltà di legge occupata dagli studenti (16 marzo 1968).



Come sapete l'albero si riconosce dai frutti, per cui cominciamo con l'esaminare i "frutti" di Valle Giulia. Su wikipedia molte voci parlano di quei fatti, ma con una grave imprecisione (evidenziata):

Wikipedia: «A guidare l'attacco contro la polizia furono, congiuntamente, gli esponenti del nascente movimento studentesco[6] e del movimento di estrema destra Avanguardia Nazionale Giovanile, guidati da Stefano Delle Chiaie.[7]. Avanguardia Nazionale era inoltre supportata da alcuni esponenti del FUAN-Caravella, di Primula Goliardica e del MSI.[8][9]»

Wikipedia: «Quando il corteo giunse a Valle Giulia si trovò la strada sbarrata da un cordone di polizia e la situazione rapidamente degenerò. Delle Chiaie guidò l'attacco contro la polizia che diede il via agli scontri noti come la «Battaglia» di Valle Giulia.[8].»

Sì, avete letto bene, esponenti del nascente movimento studentesco e del movimento di estrema destra Avanguardia Nazionale Giovanile guidati da Stefano delle Chiaie!

Wikipedia: «Tra i partecipanti agli scontri di Valle Giulia vicini al movimento studentesco ritroviamo molte figure che avranno in seguito percorsi tra i più svariati: il regista Paolo Pietrangeli (che all'episodio dedicò la famosa canzone "Valle Giulia" divenuta un simbolo del movimento sessantottino), Giuliano Ferrara (che rimase ferito), Paolo LiguoriAldo BrandiraliErnesto Galli della LoggiaOreste Scalzone. Tra i poliziotti invece il futuro attore Michele Placido.[10]»

Fermiamoci un attimo e badiamo alla data, 1 marzo 1968. Due settimane prima degli scontri alla Sapienza, che wikipedia, con grave imprecisione, introduce così:

Wikipedia: «Al termine degli scontri, i militanti guidati da Delle Chiaie e il FUAN occuparono la facoltà di Giurisprudenza[11], mentre gli studenti di sinistra occuparono Lettere[12].»

La grave imprecisione consiste nel fatto che la facoltà di Giurisprudenza fu sì occupata dal Fuan, ma solo dopo la cacciata, ad opera dello stesso Fuan, degli studenti che l'avevano precedentemente occupata.

Quello che accadde è ben diverso dalla vulgata impressa nella mente dell'opinione pubblica, di allora e degli anni successivi. Le occupazioni di Giurisprudenza e di Lettere erano infatti avvenute senza che vi fosse alcuna infiltrazione da parte del Fuan, per cui gli occupanti erano, in entrambi i casi, veri studenti e non professionisti dell'eversione politica. Vi era una differenza antropologica tra gli occupanti di Lettere e Giurisprudenza, come è normale che sia considerando la diversità dei corsi di studio. E infatti i primi erano di idee marxiste, i secondi aderivano a due organizzazioni, la Caravella e Primula Goliardica, l'una su posizioni neofasciste e in parte già infiltrata da esponenti del Fuan; l'altra guidata dal politico, antifascista ed esponente del Partito Repubblicano Randolfo Pacciardi, schierata su posizioni che potremmo definire conservatrici.

Vi riporto il resoconto di Eduardo M. di Giovanni e da Marco Ligini, tra gli autori del famoso testo "La strage di Stato".

«Nella primavera 1968 il neofascismo romano è in crisi, battuto proprio nel suo feudo tradizionale: I'Università. Il 15 marzo, nella facoltà di Lettere occupata, l'assemblea permanente del Movimento Studentesco discute il programma per l'indomani, che prevede un incontro con le delegazioni di altre sedi universitarie, gli studenti medi e alcuni rappresentanti della UNEF parigina, dell'SDS tedesco e del Black Power americano. 
A qualche centinaio di metri anche la facoltà di Legge è occupata, ma dagli studenti fascisti di Caravella e pacciardiani di Primula Goliardica. Anche lì si discute di "lotte contro il sistema", di "nuove strategie rivoluzionarie". 
Nel pomeriggio un vicequestore, responsabile dell'ordine nella città universitaria, si presenta per avvertirli che "i comunisti stanno preparando un attacco per domani". Gli studenti neofascisti non lo stanno nemmeno ad ascoltare, lo scherniscono. Lo stesso succede a Stefano Delle Chiaie che più tardi cerca di convincerli dell'assalto imminente dei "rossi". Qualcuno addirittura lo insulta, lui, il capo riconosciuto dell'estrema destra extraparlamentare, gridandogli "servo dei padroni" e "cane da guardia del capitale".
Durante la notte nello scantinato della facoltà scoppia una bomba che distrugge il locale delle caldaie e provoca un incendio. Ma neppure questo attentato serve a creare la psicosi dell'attacco comunista tra i giovani di Caravella e Primula Goliardica. Chi si aspettava una loro reazione, chi ha bisogno di incidenti tra gli "opposti estremismi" per spazzare via la marea nascente della contestazione studentesca di sinistra, non ha tenuto conto della profonda crisi che travaglia anche i seguaci del "Credere, Obbedire, Combattere".
    A provocare i necessari incidenti provvederanno, allora. gli squadristi di pelo vecchio. Il giorno dopo una colonna di circa 200 uomini guidati da Giorgio Almirante, Giulio Caradonna e Luigi Turchi marciano verso il piazzale della Minerva già affollato da migliaia di militanti del movimento studentesco. Caradonna ha fatto le cose in grande: per l'occasione le sue squadre di picchiatori sono arrivate da tutte le parti d'ltalia e sono armate di spranghe di ferro, bastoni e catene. (1) Lungo la strada la colonna fa una sosta alla facoltà di Legge per cacciare fuori gli studenti irresoluti, i camerati rammolliti, e convincerli a partecipare alla azione. Ma sono pochi quelli che si accodano.
    Lo scontro nel piazzale della Minerva è violentissimo. Superato il momento della sorpresa il Movimento Studentesco reagisce, caccia e insegue i fascisti che per la ritirata hanno scelto la facoltà di legge. Assediati da qualche migliaio di studenti esasperati, gli uomini di Caradonna lanciano dalle finestre tutto quanto hanno sotto mano, persino delle scrivanie, e feriscono molti degli assedianti. Nonostante i lanci le porte stanno per cedere e i fascisti farebbero la fine che si meritano se non intervenisse provvidenzialmente la polizia a disperdere gli studenti. (2) I fascisti fermati, che vengono scortati uno a uno dagli agenti sino ai cellulari, sono 162. Fra essi ci sono anche Mario Merlino, Stefano Delle Chiaie e una decina di bulgari reclutati al campo profughi di Latina, i quali non saranno portati in questura: la polizia li lascia andare in una zona tranquilla lontana dall'università. All'onta di essere stati sconfitti e salvati dalla polizia i fascisti devono aggiungere l'amara sorpresa di avere visto tra gli studenti che li assediavano molti dei "camerati" di Legge che essi erano venuti a "salvare dai rossi".
    Battuto militarmente, isolato politicamente, con una base giovanile profondamente disorientata, per il fascismo romano è arrivato il momento di elaborare una nuova strategia, sia per sopravvivere, sia per continuare a fornire i servizi richiesti da chi lo paga.»

Avete letto bene? Gli studenti di destra (veri studenti) furono cacciati dalla facoltà di Giurisprudenza dall'intervento degli squadristi del Fuan guidati da Stefano Delle Chiaie, imbeccati dal MSI di Almirante e Caradonna!

Fermiamoci un momento, tiriamo un respiro profondo, sgombriamo la mente, perché è proprio quel giorno che ebbe inizio il disastro. Professionisti dell'eversione, in quell'occasione di "destra" (come in seguito si sarebbe ricorso a quelli di "sinistra") in entrambi i casi guidati e coperti dagli apparati di quello che potremmo chiamare lo "Stato di Cassibile", furono messi in campo per impedire che la Nazione italiana potesse discostarsi dal destino per essa tracciato dalla sconfitta in guerra.

Senza queste continue ed eversive interferenze gli italiani, ne sono certo, avrebbero potuto avviare e portare a termine il necessario e sicuramente aspro confronto per elaborare il lutto di quella tragedia nazionale, nella quale siamo incorsi perché, al di là di mille altre considerazioni, una Nazione debole e appena nata si era trovata a compiere i suoi primi passi nel mezzo del più violento e lungo conflitto militare che abbia mai scosso l'Occidente. Il punto da tenere a mente è che, prima dell'eversiva interferenza guidata da Stefano delle Chiaie e voluta dal MSI, non vi erano ostilità e diffidenza tra gli studenti che avevano occupato la facoltà di Lettere e quella di Giurisprudenza!

Nulla è cambiato da allora, il mondo è sempre nell'ordine di Yalta che non prevede la possibilità, per le Nazioni sconfitte, di agire autonome scelte politiche e geopolitiche di largo respiro. Nel caso dell'Italia, a differenza della Germania e del Giappone, è stato necessario adottare una strategia di controllo diversa, perché il nostro paese è riuscito a concludere la guerra stando, formalmente, dalla parte dei vincitori. Inoltre, a differenza del popolo tedesco, non è stato possibile sommergere l'Italia sotto il peso della colpa, perché, a dispetto delle scellerate leggi razziali volute dal regime fascista, gli italiani, come popolo, si sono in gran parte sottratti a quella vergogna. Ma il paese, per quanto formalmente "vincitore", restava una Nazione sconfitta, libera solo in campo economico e fino a un certo punto. Tant'è che, quando gli italiani si sono ritrovati ad essere in testa nello sviluppo di tecnologie fondamentali, dal nucleare all'elettronica, l'informatica, la chimica, queste ci sono state sottratte. Una limitazione di sovranità che abbiamo potuto ben misurare nel 2011. Vi faccio notare che, dopo la morte di Geddafi, l'ENI ha conservato i suoi diritti di estrazione, perché non erano quelli i veri obiettivi di Francia e Inghilterra; diritti che, invece, adesso potremmo perdere dal momento che in quella partita si sono inserite Russia e Turchia, con la Francia oggi sulla difensiva.

Proprio in questi giorni Putin ha chiesto un summit delle cinque potenze nucleari, le stesse che hanno diritto di veto all'ONU: USA, RUSSIA, INGHILTERRA, FRANCIA, CINA, tutte nazioni che hanno combattuto e vinto la seconda guerra mondiale (La Cina si è battuta contro il Giappone).

L'impossibilità di una lotta politica interna alla nostra Nazione deriva da questo stato delle cose, che fa sì che gli italiani siano sì amministratori del loro paese, ma non ne sono i proprietari. Ogni volta che si è manifestata, regolarmente dal basso, la volontà di riprenderci la nostra libertà, sono immediatamente scattate le contromisure nella forma di infiltrazioni, inganni e tradimenti pilotati, confusione generalizzata sparsa ad arte. A collaborare sono stati chiamati sia gli apparati "civili", dunque le agenzie culturali e mediatiche, che quelli "militari e di intelligence" quando la situazione lo richiedeva.

Chi ha occhi per vedere può facilmente ricondurre allo schema testé descritto la decennale vicenda del cosiddetto movimento no-euro, infiltrato fin dall'inizio e deviato su un percorso esclusivamente economicistico, con poche e ragguardevoli eccezioni alle quali ho dato il mio piccolo contributo. Oggi non abbiamo più il MSI o la parte reazionaria della Democrazia Cristiana a svolgere la loro opera di guardiani dell'ordine geopolitico esistente, ma altri partiti che evito di nominare. Voi tutti sapete a quali di essi mi riferisco.

Alla luce di queste riflessioni consentitemi di svolgere alcune considerazioni conclusive, in merito all'adesione del nostro paese all'ormai decotto, quanto presunto, progetto di unificazione politica europea. Come sapete, sul banco degli imputati per questa scelta è stato messo il PD, e più in generale quell'area politica che nella confusa terminologia nazionale viene definita "sinistra". L'ideologia sottostante adottata da quest'area è stata quella del Federalismo Europeo, che da noi ha goduto di grandi appoggi e partecipazione, anche sul piano della cultura politica. Una scelta che si è rivelata sbagliata, perché ci è ormai chiaro che l'Unione Europea non è mai stata un progetto di unificazione politica, ma solo un'illusione coltivata dalle nostre classi dirigenti. Ebbene mi chiedo se, al netto dell'incredibile rapina economica di cui si è resa responsabile la borghesia cotoniera con le privatizzazioni selvagge (non richieste dai trattati europei - si badi bene!), la parte nobile di questo pensiero politico non abbia erroneamente coltivato l'idea che, con l'avanzare del processo di unificazione politica, l'Italia si sarebbe potuta affrancare dal suo status di nazione a sovranità limitata. Un'illusione crollata già nei primi anni della moneta unica, quando venne posta in essere l'espansione dell'UE ad est con l'ingresso immediato di quei paesi nella NATO, e che potrebbe essere la spiegazione, solo per fare un esempio, dell'ormai evidente dissociazione del dottor sottile, al secolo Giuliano Amato, dall'idea federalista. Qui un intervento di Giuliano Amato del 1989, nel quale parla sia dell'orizzonte geopolitico sottostante che delle difficoltà che egli prevedeva.



Qui la sua presa di distanza dal progetto, nel 2012.


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