lunedì 30 novembre 2015

L'Ego della rete NON prescinde dal merito delle idee!!!



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In nome dell'amicizia si possono sopportare molte cose, perfino tacendo quando invece si dovrebbe parlare. E' quello che ho fatto per quasi un anno e mezzo, da quando, nell'estate del 2014, uscii dall'ARS. Anche in quell'occasione mi comportai come avevo già fatto in un'occasione precedente, il litigio con Bagnai, tacendo e rifuggendo la polemica per così lungo tempo che in molti scambiarono questo atteggiamento per debolezza. Lo stesso ho fatto successivamente, quando sono entrato in conflitto di idee con un altro caro amico: ho preferito tacere per lungo tempo, e ancora mi taccio, per non esacerbare i rapporti.

C'è però un limite, oltre il quale tacere non è più possibile. Accadde con Bagnai, succede di nuovo oggi con l'amico Stefano D'Andrea (SdA nel seguito). Farlo significherebbe non chiarire a sufficienza la distanza ideale che ormai esiste tra alcune posizioni di SdA e la mia visione delle cose. L'occasione è la pubblicazione di uno suo scritto su Appello al Popolo, dal titolo “Antesignani in tempi oscuri della grande riscossa”.

Nell'articolo SdA scrive: «Se dovessi citare un caso italiano di movimento politico-culturale sorto “dal basso”, ma non popolare, bensì borghese, come era naturale ai primi del novecento, movimento portato avanti con capacità, determinazione, pazienza, da un gruppo, che aveva la guida in una specifica personalità, e che tuttavia fondo’ un’associazione dopo sette anni dalla costituzione, associazione che dopo altri tredici confluì in un partito, più popolare, che avrebbe avuto il potere per venti anni (qui si prescinde totalmente dal merito delle idee), direi che esso è il movimento nazionalista di Enrico Corradini. Non a caso, il capo di quel partito che tenne il potere per venti anni  defini’ quel gruppo “antesignani in tempi oscuri della grande riscossa”.» 

SdA sta parlando di Enrico Corradini, un agitatore politico (e scrittore fallito) tra i principali artefici della nascita e sviluppo del nazionalismo. I "tempi oscuri" di cui parla "il capo di quel partito che tenne il potere per venti anni" sono l'età giolittiana, durante la quale furono legiferate norme in favore di anziani, infortunati e invalidi, norme per la protezione di donne e bambini, l'istruzione elementare obbligatoria fino a 12 anni, il diritto al riposo settimanale, provvidenze assistenziali, l'indennità parlamentare, migliori retribuzioni, norme in favore delle condizioni igienico-sanitarie. Il diritto di voto fu esteso a tutti i cittadini di sesso maschile, e venne avviata un'imponente politica di opere pubbliche, in particolare nei trasporti. La società italiana conobbe un periodo di forte crescita economica, di aumento della pace sociale e di crescita della partecipazione alla vita democratica. Infine Giolitti non abbandonò mai una linea di separazione tra Stato e Chiesa, nonostante le aperture nei confronti del mondo cattolico ("Il principio nostro è questo, che lo Stato e la Chiesa sono due parallele che non si debbono incontrare mai" - Giolitti 1904).

Tutto ciò suscitò la reazione dei settori più reazionari, che vedevano minacciata una supremazia secolare che non era stata intaccata nei primi decenni dall'unità d'Italia. Ad essi le idee dei nazionalisti, Corradini in testa, fornirono il supporto ideologico per la difesa degli interessi minacciati. Il nazionalismo italiano non fu un movimento "dal basso", ma un fenomeno che maturò negli ambienti culturali della borghesia, al quale non mancarono, non appena riuscì a raggiungere un minimo di consistenza, gli appoggi politici e finanziari della grande borghesia, inquieta per il riformismo giolittiano, e dei settori più retrivi del cattolicesimo. Già nel 1913 il Corradini tentò, fallendo, di essere eletto in Parlamento grazie all'appoggio dei cattolici, ma ciò non gli impedì, un anno dopo, di essere uno strenuo sostenitore dell'entrata in guerra contro la cattolicissima Austria, in quanto «ci sono nazioni proletarie come ci sono classi proletarie; nazioni, cioè, le cui condizioni di vita sono con svantaggio sottoposte a quelle di altre nazioni, tali quali le classi ... L'Italia è una nazione materialmente e moralmente proletaria" - Enrico Corradini in "Classi proletarie: socialismo, nazioni proletarie: nazionalismo

L'idea, sostenuta dal Corradini, che esista uno "sfruttamento di classe semplice", operato dalla borghesia ai danni del proletariato in ciascun paese, e uno "sfruttamento di classe composto", che si verifica sul piano internazionale e si concretizza nell'opposizione tra nazioni ricche e nazioni povere, è il nucleo della narrazione nazionalista, la quale si fonda sull'assunzione della concorrenza come valore assoluto, sia che questa si svolga nell'ambito della competizione tra capitali, sia nella guerra tra le nazioni. La conseguenza di questo ordine di idee era che le nazioni povere come l'Italia dovessero dotarsi di una forte statualità, intesa però come strumento per la guerra verso l'esterno attraverso cui assicurare alla nazione le risorse necessarie all'aumento della sua potenza. Inutile aggiungere che, per Corradini e i nazionalisti, lo Stato doveva essere posto sotto la guida di una forte borghesia nazionale. Nulla a che vedere con l'idea sovranista, per la quale è il lavoro la vera e unica fonte della ricchezza di un popolo, e la giusta distribuzione di questa operata dallo Stato democratico.

La chiosa di SdA ("qui si prescinde totalmente dal merito delle idee") non basta a fugare, neppure lontanamente, la perplessità. Non è la prima volta che SdA esprime pubblicamente idee e concetti discutibili, ma finora avevo taciuto per amicizia. Credo che la misura sia colma, ed è questa la ragione di questo scritto. Il sovranismo non ha nulla a che vedere con il nazionalismo espresso dal Corradini e dai suoi accoliti, sebbene esistano certamente diverse declinazioni del significato di questo termine. Fu proprio per evitare ogni possibile confusione che, qualche anno fa, discutendo con lo stesso SdA, si convenne di coniare e introdurre nel lessico politico la parola "sovranismo", nell'attesa e nella speranza che "nazionalismo" tornasse ad avere un'accezione più democratica. Sta accadendo invece il contrario: le due parole vengono, sempre più, sovrapposte, generando così confusione. 

Il fatto che il fondatore e principale esponente di un'associazione politica che si definisce "sovranista", nell'argomentare la necessità della nascita di movimenti dal basso faccia riferimento alla vicenda del nazionalismo italiano, e in particolare a Enrico Corradini, è cosa che lascia stupefatti per il suo carico di ambiguità. Non tanto e non solo per il fatto che il nazionalismo non fu un movimento dal basso, bensì borghese (come riconosce lo stesso SdA) e reazionario (come dimentica di ricordare SdA), ma perché l'accostamento dell'idea sovranista al nazionalismo denuncia una strategia comunicativa che lascia spazio ad una sola e netta alternativa: o SdA non sa comunicare, oppure SdA fa un discorso peloso. E cioè un discorso che mira esclusivamente al proprio tornaconto.

13 commenti:

  1. Corradini, chi è costui? Per quanto abbia fatto le "scuole alte", è la prima volta che ne sento parlare. Diversamente accade al cultore della "corrente di pensiero" (eufemismo) nella quale un simile personaggio marginale può essere annoverato. Non so perché, ma ho sempre avuto l'inquietante sensazione che nei discorsi del giureconsulto in questione vi sia un sottofondo di intolleranza verso la "modernità" e il rimpianto del buon tempo antico, in cui ciascuno se ne stava ordinatamente al posto suo a lavorare per il bene supremo di....qualche altro.

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  2. Ho sempre più l'impressione che chi si erge oggi a strenue difensore della Costituzione del '48 la usi soprattutto come generatore di sensi di colpa per le contraddizioni insite tra i principi ispiratori socialisti,cattolici,liberali e la loro realizzazione ad opera di chi quei principi e valori doveva politicamente incarnare.
    Bisognerebbe chiedere a questi personaggi se, a loro avviso, la costituzione del '48, necessiterebbe in futuro di modifiche sostanziali e con quali modalità.

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    1. La Costituzione è stata "tirata per la giacchetta" a destra e a sinistra e anche la Consulta ha contribuito a confondere le acque sul suo significato autentico, più preoccupata di evitare che i suoi verdetti producessero conseguenze negative sulle casse pubbliche e all'ordine costituito che non di imporre alla politica, come sarebbe suo preciso dovere, ciò che i costituenti hanno effettivamente cristallizzato nella Carta fondamentale.

      Ippolito, la tua perplessità non la trovo motivata, a meno che tu non pensi che la Costituzione dovesse essere non ciò che storicamente è, ma l'espressione monolitica di un unica corrente ideologico-culturale. Essa è il risultato di un compromesso fra due grandi blocchi contrapposti, quello social-comunista e cattolico, che tuttavia avevano come denominatore comune l'idea che l'Uomo viene prima del mercato e della moneta (gli adoratori del mercato e della moneta erano in netta minoranza nella assemblea costituente).

      Prima del mostruoso trapianto dei corpi alieni, avvenuto con l'introduzione dell'obbligo del pareggio di bilancio e della primazia del diritto comunitario su quello nazionale, la centralità dell'Uomo era il perno intorno al quale ruotava l'intera Legge fondamentale della Repubblica.

      Il fatto che la Costituzione del '48 fosse al contempo monovalente, per ciò che attiene al primato dell'Uomo sugli interessi economici, e polivalente, per la diversità delle soluzioni politiche e sociali che essa consentiva di perseguire nei limiti imposti dalla necessità di rispettare quell'imprescindibile primato, è proprio ciò che fa di quel documento una costituzione democratica in senso autentico e che lo rende universalmente condivisibile dagli umani (i liberisti, si sa, vengono da un altro pianeta). .

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    2. Ho capito Claudio, io sto semplicemente insinuando che molti, non tutti, di queli che si richiamano ai valori storici della nostra Costituzione non aspettino altro che di metterci mano loro per poterla modificare secondo i loro fini ideologici, io sono preoccupato, io propongo una moratoria di qualche anno dopo il ripristino della legalità costituzionale.

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    3. Claudio Silvis, ho autorizzato il tuo commento per sbaglio perché mi sembrava che fossi un non anonimo.

      Cmq il tuo commento è condivisibile e lo lascio. Ulteriori commenti, con mio sommo dispiacere, non saranno pubblicati.

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    4. Sai bene che il blog non è un circolo privato, dove entrano solo i soggetti ammessi a frequantarlo, ma è uno spazio in cui possono entrare indistintamente tutti per vedere cosa succede al suo interno e chi lo frequenta, anche se solo alcuni, in quanto muniti dei requisiti discrezionalmente stabiiti dal dominus, hanno diritto di parola. Questo significa che qualunque individuo, all'insaputa del dominus e dei membri ammessi a discutere nel "circolo virtuale", ha la possibilità di sapere esattamente chi sono e cosa si dicono i frequentatori del circolo semplicemente accedendo ai suoi dati personali completi mediante un banale clik sul relativo profilo.

      Sarò anche un cretino, ma l'idea che un quivis de populo possa a mia insaputa venire a sapere in una frazione di secondo chi sono, dove abito, dove lavoro e come la penso mi è insopportabile.

      Pensavo che le informazioni inserite nel profilo Google potessero bastare a rendermi un "non anonimo" (anche perché, inserendo il mio nome su una qualuque stringa di ricerca, si ha modo di attingere altre informazioni sul mio conto). Evidentemente mi SBALIAVO.

      Grazie dell'ospitalità accordatami e ad maiora.
      Nel profilo Google Pazienza!

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    5. Facciamo un minimo di chiarezza. Io l'avevo pubblicata perché ricordavo di averlo già fatto in passato. Per sicurezza sono andato a controllare e ho constatato che il suo profilo google+ riporta solo le seguenti informazioni:

      1) il motto "I motti sono gabbie"
      2) nessuna foto
      3) il genere (maschile)

      Sono andato su FB e ho cercato "Claudio Silvis", ma senza risultati. Ho fatto una ricerca su google ed è venuto fuori questo signore:

      http://www.altalex.com/autori/silvis-claudio

      ma anche quest'altro:

      http://www.filodiritto.com/autori/dott.-claudio-silvis.html

      nonché questo:

      http://www.overlex.com/collaboratore.asp?idcollaboratore=59

      e molti altri.

      Probabilmente si tratta della stessa persona, ma non ci sono elementi per affermare che Lei sia questa persona. Ora, se Lei è "quel" Claudio Silvis, allora è un funzionario di Prefettura, e dovrebbe capire l'imbarazzo nel quale potrei trovarmi se, al contrario, non lo fosse, e "quel" Claudio Silvis si risentisse con me per la confusione di identità.

      Osservo, en passant, che "quel" Claudio Silvis fornisce più informazioni su di sé di quante Lei ne offra a me. Nel caso Lei sia "quel" Claudio Silvis, posso chiederle perché fornisce, a me, meno informazioni? Non ne sono degno?

      Il motivo per cui in questo blog si chiede ai commentatori di fornire le proprie generalità anagrafiche (e solo quelle) è che qui abbiamo l'ambizione di "fare politica", non solo quella di "parlare di politica". Si dà il caso che "fare politica" significhi impicciarsi degli interessi concreti degli altri, proponendo altresì soluzioni, e il minimo che ci si possa attendere da chi, con maggiore o minore capacità, sceglie di assumere questo ruolo, è quello di farsi riconoscere.

      Mi consenta, infine, di farle osservare che Lei conosceva bene le condizioni necessarie per pubblicare qui, è stato pubblicato e mi sono anche dichiarato d'accordo con Lei, per poi ricordarle bonariamente le "regole della casa del sidro". Per tutta risposta Lei ha replicato con modi stizziti.

      In ogni caso, se Lei si adeguerà fornendo almeno le informazioni offerte da "quel" Claudio Silvis, allora sarà il benvenuto e potrà continuare a postare commenti, altrimenti è bene salutarci con la massima cordialità.

      Io comprendo le sue ragioni, ma è d'uopo che Lei comprenda le mie.

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    6. Mi scusi (visto che mi dà del "lei", sarebbe cattiva educazione da parte mia non fare altrettanto), ma dove ha colto i miei "toni stizziti"?

      La Sua scelta di pretendere le generalità complete da chi voglia partecipare alle discussioni non è solo legittima, ma altamente apprezzabile. Solo che ciò comporta l'inconveniente "collaterale" che ho esposto nel post precedente e che personalmente non sono disposto ad accettare. Tutto qui.

      Quindi, nessuna critica o rampogna verso la Sua decisione di pretendere la completa e pubblica identificabilità di chi intende scrivere nel blog.

      L'unica gentilezza che Le chiedo è quella di spiegarmi, solo per soddisfare una mia curiosità personale, quale prova di essere effettivamente Claudio Silvis potrei fornirle inserendo nel mio profilo pubblico Google una foto, una data di nascita, un luogo di residenza e un'attività lavorativa?

      La prova della coincidenza fra me e Claudio Silvis potrebbe essere raggiunta unicamente se io inserissi nel profilo Google un numero di telefono che è presente nell'elenco telefonico sotto il nome di Claudio Silvis, così che Lei possa formulare quel numero e chiedere a chi le rispondesse: "Scusi è lei il signor Claudio Silvis che chiede di pubblicare i commenti sul blog Ego della rete?"


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    7. Innanzi tutto non è facile costruire un'identità falsa che sembri reale, è un'impresa superiore alle possibilità di gran parte delle persone. In ogni caso il problema di verificare effettivamente un'identità si porrebbe solo in casi eccezionali, ad esempio un commentatore che diventa molesto, offensivo e in grado di causare una deriva litigiosa nelle discussioni. In tal caso si andrebbe a verificare, anche facendo qualche telefonata e chiedendo a chi abita nella città di confermare l'effettiva esistenza del soggetto.

      Nella sfortunata ipotesi di un troll molto molto abile e determinato a far danno, sia per puntiglio che abbia origine in turbe psichiche, sia perché questo blog stesse diventando "importante", si potrebbe anche spendere qualche soldino affidando l'incarico di verificare l'effettiva esistenza del soggetto ad una società specializzata. In caso negativo, il troll verrebbe immediatamente bannato, in caso contrario si valuterebbe caso per caso. Quel che è certo è che, troll o non troll, anonimi o persone in carne e ossa, qui non c'è e non ci sarà spazio per i fanatici e gli squilibrati. Ovviamente non sto parlando di Lei, i cui commenti ho molto apprezzato.

      Tuttavia ho potuto constatare che esiste una forte correlazione tra l'anonimato e la sgradevolezza dei comportamenti. E' piuttosto raro che una persona in carne e ossa, ben riconoscibile e identificabile, si lasci andare al piacere perverso di seminare zizzania perdendo la faccia e la rispettabilità. E infatti, da quando gli anonimi sono stati esclusi, qui si vive molto più tranquilli.

      In definitiva, quel che serve per commentare qui è ben poco: nome e cognome, età, città di residenza, luogo di lavoro, titolo di studio, scuola e/o università frequentate. Non serve una fotografia. Chissà perché queste informazioni sono fornite con facilità a FB (usato il più dele volte per cazzeggiare) e non si ritiene necessario fornirle per dialogare in modo più impegnativo su un blog, scritto e frequentato da persone che si occupano seriamente, e con passione, di una determinata tematica. Lei ha una risposta per questo?

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    8. Quanto alla "prova" che un Tizio qualsiasi non stia invece impersonando il vero Claudio Silvis, le faccio notare che questo sarebbe un reato penale. Una telefonata alla polizia postale, se necessario, risolverebbe il problema. E il vero Claudio Silvis potrebbe anche rivalersi patrimonialmente su Tizio, volendo.

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    9. Le faccio infine notare (mi scusi se la sto importunando) che questo piccolo blog che colleziona non più di 15k click al mese, probabilmente ne farebbe molti di più se autorizzassi i commenti degli anonimi. Evidentemente né io, né i commentatori che hanno accettato le regole della casa del sidro, siamo interessati a ciò.

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    10. Riguardo a FB, Le sembrerà strano, ma, caso rarissimo, se mi cerca in quel genere di contesti non mi troverà mai. Quindi, non so dire perché (ma immagino che Lei abbia la risposta) la gente che si registra a Faccia Libro è disposta a declinare anche il proprio numero di scarpe mentre ha problemi a comparire anche solo col proprio nome e cognome in ambiti più impegnativi.

      In ogni caso, le regole di ammissione al circolo le stabilisce insindacabilmente il padrone del circolo: chi non si attiene ad esse nel chiedere l'ammissione è out punto e basta e non deve rompere i gabbasisi. Su questo non ci piove ed è sacrosanto che sia così.

      Ma se il padrone espone pubblicamente un cartello all'ingresso del circolo in cui fissa le suddette regole precisando che servono a garantire il non anonimato dei membri, quelle regole debbono essere coerenti con tale finalità. Qundi, l'aspirante adepto non ha di che stupirsi e lamentarsi se gli si chiede di indicare e magari di provare le proprie generalità complete (nome, cognome, residenza anagrafica, data e luogo di nascita), dato che sono queste le informazioni necessarie e sufficienti ad identificare un individuo. Ma se all'aspirante adepto si chiede di indicare anche la professione svolta, il titolo di studio conseguito e la scuola/università frequentate, significa che il criterio di ammissione non è quello o solo quello dichiarato (evitare la presenza di anonimi nel circolo, onde prevenire comportamenti sconvenienti e non incorrere in responsabilità legali che l'anonimato è idoneo a far sorgere) ma è quello di traciare un identikit antropologico, sociale e culturale dei frequentatori del circolo.

      Naturalmente, quest'ultima è una pura e semplice considerazione personale. Torno a ripeterLe che Lei, in quanto gestore e responsabile del blog, è giustamente libero di fare e disfare a Suo piacimento le regole di partecipazione al blog stesso e che nè il sottoscrtitto nè nessun altro hanno il diritto di criticare le Sue scelte e di molestarLa in relazione ad esse.

      Quindi, pur continuando a seguire il Suo blog, che apprezzo per la qualità dei temi dibattuti e le non comuni doti umane e intellettive del suo dominus, mi tolgo una volta per tutte dagli zebedei, non sopportando l'idea di dover mettere alla mercé di chiunque sia in grado di fare un clik sul mio profilo Google informazioni sulla mia persona ulteriori e diverse da quelle che ho inserito nel profilo stesso.

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    11. E' inutile girarci intorno: qui la richiesta del "dominus" è quella di fornire sufficienti informazioni tali da consentire a chiunque di identificare i partecipanti alle discussioni. Questo naturalmente ha un prezzo, perché si deve fare a meno del contributo di persone molto valide che, però, per le più diverse ragioni, non possono esporsi pubblicamente. Non intendono, cioè, fare outing politico.

      E' una situazione, questa, che è indicativa del clima di timore che si respira. Durante il fascismo, una minoranza si espose a viso aperto, pagandone le conseguenze, mentre un numero molto maggiore si limitava a "mugugnare". Anche costoro, alla caduta del regime, fornirono un contributo prezioso alla ricostruzione del paese, ma spesso dovettero pagare il prezzo di essere accusati di contiguità e complicità con il fascismo. Insomma, non si scappa: in politica, come in economia, non ci sono pasti gratis. Un prezzo, prima o poi, lo si paga.

      La scelta tra l'esporsi e il mugugnare deve essere posta in capo ai singoli, perché le situazioni professionali e familiari sono le più diverse. Io, ad esempio, ho quasi 60 anni, non ho figli e non devo rispondere a nessuno delle mie scelte. Ciò significa che, per me, è più facile correre qualche rischio, rispetto ad altri che si ritrovano in situazioni più complicate.

      La ringrazio per gli apprezzamenti, le auguro ogni bene e la invito a fare quel che le è possibile per il bene di questo paese.

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