mercoledì 29 maggio 2019

La politica caleidoscopica

Link consigliato: Europeismo (Treccani)

Il più rudimentale caleidoscopio è formato da un semplice tubo di cartone rivestito internamente di almeno due specchi. Ad ogni rotazione sembra che tutto cambi, tuttavia sappiamo che dietro le innumerevoli forme è all'opera una struttura invariante.
Qualcosa di analogo accade ad ogni tornata elettorale: a forme diverse non corrisponde alcun cambiamento della struttura sottostante, che resta invariata. A meno di cambiare caleidoscopio. Pertanto chi vuole occuparsi di politica non può sottrarsi al difficile compito di indagare la struttura invariante sottostante, se non vuole farsi ingannare e credere che i cambiamenti siano reali quando invece non lo sono.

Nella politica italiana il caleidoscopio è stato sostituito nel passaggio dalla prima alla seconda repubblica. Da allora viviamo in una struttura che è completamente dominata dall'ideologia liberale che vede il capitale e il mercato agire come due specchi che riflettono e frammentano l'immagine dei corpi sociali in continuo movimento. In questo gioco di riflessi si tende a porre in ombra il ruolo della borghesia italiana (la burghesia compradora y vendedora) che, al pari delle borghesie degli altri Stati europei, dopo la lunga stagione del funzionalismo conclusasi nel 1986 all'atto della firma dell'Atto Unico europeo è divisa sul processo di unificazione. L'approccio funzionalistico prevedeva che, "per superare le resistenze nazionali, occorra scegliere la via dello sviluppo graduale della cooperazione internazionale in settori o funzioni limitati, ma via via più importanti dell'attività statale, in modo da realizzare uno svuotamento progressivo e quasi indolore delle sovranità nazionali".

Il colpo di Stato di tangentopoli fu il primo atto politico in cui si concretizzò in Italia l'abbandono del metodo funzionalista dopo l'improvvisa sterzata del 1984 con la ratifica del TUE (Trattato dell'Unione Europea) e nel 1986 con la ratifica dell'Atto Unico, in seguito al quale prese il via la rapida stagione delle privatizzazioni bancarie. Concluse queste nel 1990, in contemporanea con l'implosione dell'Unione Sovietica, il sistema politico della prima repubblica venne azzerato. La borghesia italiana si divise immediatamente in due fazioni, una di ispirazione federalista, guidata dagli ex-comunisti, che scommise sulla rapida conclusione del percorso di unificazione su base federale, l'altra di orientamento confederalista la cui "opzione fondamentale è un'unione europea fondata su meccanismi di mera cooperazione intergovernativa, che lascino intatta la sovranità statale assoluta, ma permettano ai governi nazionali di raggiungere decisioni concordate in alcune materie riconosciute di comune interesse". L'irruzione di Berlusconi sulla scena politica frenò le ambizioni dei federalisti (che egli chiamava "comunisti") i quali riuscirono in parte a riprendersi grazie al voltafaccia della Lega Nord di Bossi.

Ne seguirono anni in cui le due fazioni si combatterono a lungo, col non splendido risultato per cui l'Italia finì per aderire al progetto federalista senza tuttavia che la sua divisa classe borghese prendesse pienamente coscienza dei rischi che tale scelta comportava. Questa divisione interna alla borghesia, vera protagonista nel suo complesso dell'avventura europeista vista la completa perdita di peso delle forze socialiste, è all'origine della circostanza per cui essa non seppe elaborare una strategia coerente, divisa com'era da una feroce e miope lotta civile interna tra berlusconiani e anti berlusconiani. Allo scoppio della crisi nel 2008 la situazione oltrepassò la soglia del ridicolo. Il governo Prodi di ispirazione federalista e, ricordiamolo, sostenuto anche da Rifondazione Comunista, circostanza che ci aiuta a inquadrare molti tentennamenti odierni della sinistra radicale, fu sfiduciato al senato e si andò a nuove elezioni che i federalisti erano sicuri di vincere. Finì che vinse Berlusconi, e mi piace ricordarvelo con questa mitica scena:



Conseguenza di quella vicenda è stata l'incrudirsi della lotta civile interna alla borghesia italiana, proprio nel momento in cui sarebbe stata necessaria la massima concordia. Nel frattempo si era affacciata una nuova forza politica, il MOV di Beppe Grillo, con le sembianze di un movimento dal basso; in realtà una creatura artificiale progettata da Gianroberto Casaleggio su indicazione di agenzie estere, probabilmente riconducibili ad ambienti angloamericani in coordinazione con settori dello Stato italiano di sicura fede atlantica. Si veda, in proposito, questo pregevole articolo di Rosanna Spadini (Polvere di stelle).

Non è facile districarsi negli avvenimenti successivi ma, se teniamo fermo lo sguardo sul processo di unificazione europea e sul fatto che lo scontro tra federalisti e confederalisti, sia in Italia che in tutta Europa, stava raggiungendo il suo acme, possiamo sperare di trovare un filo conduttore. Gli Stati Uniti, tradizionalmente più favorevoli ad un approccio di tipo funzionalista, con l'arrivo di Obama alla presidenza (2009-2017) avevano cambiato approccio tattico, rafforzando così l'azione dei federalisti. Ebbe inizio un quinquennio convulso in cui abbiamo visto di tutto: la caduta di Berlusconi, l'attacco alla Libia, le primavere arabe, l'arrivo di Monti, il golpe in Ukraina, la guerra di Siria, l'ondata migratoria, la nascita di crescenti tensioni commerciali degli USA con la Germania prima e la Cina in tempi più recenti, l'elezione di Trump, quella di Macron, la rinascita in Italia  della Lega di Salvini, il referendum sulla brexit, il successo travolgente del M5S alle elezioni del 2018 seguito dalla nascita del governo giallo-verde e, infine, il capovolgimento dei rapporti di forza tra i due partiti di coalizione nel sondaggione europeo.

Chiunque si illuda, in questo marasma, di trovare una chiave interpretativa unica, è destinato a perdersi. L'unico modo è quello di seguire una singola vicenda considerando tutto ciò che accade intorno ad essa come fattori che la influenzano. Quello che a me interessa, senza per questo sostenere che sia la cosa più importante, è ciò che accade alla mia patria, oggi alla mercè delle convulsioni della sua classe dominante, la burghesia compradora y vendedora. All'interno di questa classe egemone, e delle sue articolazioni politiche, si è verificato, già con le elezioni politiche del 2018, un ribaltamento degli equilibri, con l'eclissi dell'opzione federalista (PD e sinistre) e il prevalere di quella confederalista (Lega e centro destra più in generale). Il sondaggione europeo ha sancito l'ulteriore rafforzamento della Lega, la parziale ripresa del PD+sinistre, e un arretramento del M5S. Quest'ultima circostanza può essere letta in molti modi, uno dei quali è quello di una momentanea e volontaria ritirata tattica decisa negli ambienti che hanno creato il M5S, al fine di dare più forza alla Lega, cioè all'approccio confederale all'unificazione europea.

Ora, poiché siamo nel campo delle illazioni, ma ciò nonostante ho indicato una possibile chiave interpretativa, è necessario fornire un criterio per la sua falsificazione, altrimenti Popper si arrabbia. Ebbene il criterio "falsificante" non può che essere il comportamento del M5S davanti al protagonismo della Lega. Se il M5S si opporrà all'egemonia della Lega, certificata dal sondaggione, facendo leva sui numeri che ha in parlamento e cercando altre maggioranze, allora questa chiave interpretativa si dimostrerà inadeguata. Al contrario, se cederà alle richieste della Lega lasciando che Salvini porti avanti il suo progetto di una conferenza europea sul debito, cioè a dire una discussione che certifichi la sconfitta della linea federalista in favore di un approccio confederale, allora la chiave interpretativa proposta ne risulterà rafforzata.

Un elemento ulteriore che mi induce a pensare che il partito federalista in Italia abbia subito una batosta è l'insuccesso elettorale della lista +Europa di Bonino, da sempre una federalista radicale. Ovviamente nessuno pensi che il prevalere odierno delle forze favorevoli a un approccio all'unificazione europea di tipo confederale possa significare in alcun modo una vittoria del sovranismo, a dispetto del noto furto semantico che questa posizione politica ha subito ad opera di un avversario di forza preponderante: la burghesia compradora y vendedora di rito confederalista.

In questa fase il vero sovranismo, cioè l'opzione socialista, patriottica e costituzionale, è totalmente ininfluente, schiacciato com'è dallo scontro mortale tra due pensieri politici oggi più forti sebbene acerrimi nemici l'uno dell'altro, forse giunti alla resa dei conti finale dopo una lotta durata per almeno settanta anni. In questo momento la partita nazionale è tutta interna alla burghesia compradora y vendedora, che infatti ha fatto campagna acquisti in ogni dove. Quanto a noi veri sovranisti, forse dovremo chiamarci "la fratellanza senza vessilli".


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