lunedì 13 maggio 2019

Per l'occidente


La storia della civiltà occidentale coincide il larga parte con quella della democrazia; una lunga storia, conflittuale, talvolta tragica, ma in nessun altro luogo del mondo, e in particolare in Europa, la democrazia è riuscita ad affermarsi per lunghi periodi, sia pure intervallati da altri in cui si è invece imposto il principio oligarchico. Ciò è avvenuto per tante ragioni, in primo luogo il fatto che in questo lembo occidentale del continente euroasiatico si sono incrociate per millenni innumerevoli migrazioni spontanee, da non confondersi quindi con le moderne tratte degli schiavi, che hanno dato vita all'incredibile diversità linguistica, culturale ed etnica che lo caratterizza.

Questa diversità ha prodotto una condizione di continuo conflitto tra le culture e le organizzazioni statuali che, nel corso del tempo, si sono succedute, generando continua instabilità. Ebbene, la democrazia ha potuto attecchire proprio grazie all'instabilità, perché il continuo alternarsi di civiltà ha generato un ambiente concorrenziale che le ha costrette a ricercare assetti sociali sempre più efficienti, fino a scoprire che quello che assicura la maggior forza è proprio la democrazia. Non un solo modello di democrazia, anzi molteplici, di forma diversa, ma comunque tutti caratterizzati dalla necessità di non concentrare eccessivamente il potere perché, quando ciò accadeva, la forza politica e militare decadeva, ed altri popoli prendevano il sopravvento.

Questa è l'Europa, un piccolo continente nel quale, grazie alla forza del metodo democratico, le forze sociali sono state mobilitate in massimo grado, fino a consentire ai paesi che lo abitano di sviluppare conoscenze filosofiche, scientifiche e tecniche tali da renderli protagonisti assoluti della storia del mondo. Quello che sto cercando di dirvi è che la democrazia non è un'irenica condizione di pace universale ma, al contrario, aspro e continuo conflitto sociale e tra nazioni. L'irenica pace, che inevitabilmente conduce alla decadenza, è possibile solo quando c'è un impero.

Orbene, questo imperium nessuno dei popoli di questo continente è mai riuscito a costruirlo e a conservarlo a lungo a spese degli altri, e ciò proprio per l'estrema bellicosità delle tribù che, nei millenni, si sono stanziate in questo luogo del mondo. Nemmeno i romani (i più bravi di tutti, diGiamolo) ci sono riusciti, non i franchi, gli inglesi, gli spagnoli, gli svedesi, nessuno mai. Ma oggi c'è un nuovo pericolo perché il tentativo, questa volta, non viene portato avanti da un singolo popolo bensì da una classe cosmopolita che ha ramificazioni ed esponenti in ogni nazione. Chiamo quella italiana "burghesia compradora y vendedora", ma è del tutto ovvio che ci sono burghesie compradore y vendedore in ogni paese.

Questa classe sociale, cosmopolita e sovranazionale, deriva il suo potere dal fatto di condividere un interesse comune, che consiste nel difendere il privilegio di monopolizzare la creazione, circolazione e distruzione di un bene ormai indispensabile: la moneta. Si badi bene, il potere della moneta non dipende dal suo possesso, ma dal fatto di avere il diritto legale di crearla, stabilirne i flussi di circolazione e distruggerla quando è necessario, il tutto senza dover rendere conto di ciò a nessuno. Il principio alla base di questo immenso potere è l'indipendenza della banca centrale, che nell'Unione Europea è la BCE.

Questa classe sociale cosmopolita e sovranazionale, attraverso le sue articolazioni nelle singole nazioni, ha sferrato un attacco senza precedenti con l'obiettivo di riuscire nell'impresa che, pur nel corso di innumerevoli conflitti, non è riuscita a nessun popolo europeo: dominare politicamente tutto il continente sottoponendolo a un imperium sovranazionale. Lo fa promettendo la pace, in realtà assassinando la democrazia!

Si tratta di un progetto teleologico, studiato a tavolino, tuttavia talmente pieno di difetti che non solo non sta recando la prosperità promessa, ma addirittura rischia di produrre una degenerazione dei rapporti, tra i paesi e le classi sociali oggetto del tentativo egemonico, tale da scatenare un conflitto globale di proporzioni molto maggiori di quelli causati dai singoli Stati nello sforzo prevalere l'uno sull'altro. Il pericolo all'orizzonte è quello di assistere all'assassinio della democrazia e allo scoppio di una guerra disastrosa. Sarebbe la fine della complessa, poliforme, conflittuale - e dunque democratica - civiltà europea. Tuttavia, accecata dal desiderio di impadronirsi del potere assoluto, la classe cosmopolita europea rifiuta di riconoscere l'evidente fallimento del suo progetto e anzi propone, come cura, dosi maggiori della stessa venefica medicina.

Per proseguire, questa classe ha capito di dover assassinare definitivamente la democrazia, non bastando all'evidenza l'averla già tramortita. Ecco dunque che essa alza il pugnale, puntando alla gola, ma non osa ancora sferrare il colpo. Ciò che la frena è un'estrema consapevolezza della posta in gioco e del rischio di scatenare l'inferno. Essi sanno bene che l'energia dei popoli europei è ancora grande, tale che se anche una minima parte si svegliasse dal torpore verrebbero travolti all'istante.

Per queste ragioni, per salvare l'occidente dalla rovina, è necessario battersi per la democrazia, cioè per il diritto dei popoli europei, e delle loro classi sociali, di continuare a sviluppare questa particolare forma di civilizzazione, che è l'Europa, attraverso il conflitto come è sempre stato e come è inevitabile che sia, rifiutando le false promesse di una pax europea che altro non può essere che cimiteriale.

Ogni lettura che interpreta quanto sta accadendo come il tentativo dell'asse franco-tedesco di imporre il suo dominio è sbagliata, e inoltre suscita reazioni di stampo nazionalistico - anti francesi e anti tedesche - infondate e in stridente contraddizione con un progetto di annichilimento degli Stati nazionali già arrivato alla soglia di guardia. Per sovrappiù, una lettura in chiave nazionalistica anti francese e anti tedesca rischia di avvantaggiare quelle forze reazionarie presenti in ogni paese che, essendo meno svantaggiate dal progetto unionista, accarezzano l'idea di favorirlo pur assoggettandosi alla classe cosmopolita sovranazionale nel ruolo di vassalli. Sono invece la classi popolari, ben più svantaggiate e che non possono quindi sperare in uno scambio minimamente vantaggioso, che devono costruire in ogni paese la forza politica necessaria a disarticolare il progetto europoide.

Ci aspettano anni difficili, ma anche molto interessanti: vedremo se la forza dei popoli europei si è definitivamente estinta, oppure se essi sono ancora capaci di lottare per la libertà.

2 commenti:

  1. Avevo scritto un commento al predecedente post, ma credo non sia stato recapitato; visto che l'argomento del nuovo e presente post mi sembra ancora più calzante, il commento vorrei riproporlo.
    A proposito di USE, globalizzazione e impero della mafia liberale sovranazionale, una riflessione di Costanzo Preve:

    «Ho letto recentemente un curioso libro francese che raccoglieva le previsioni sul decorso storico del novecento scritte nel decennio 1896-1906. Ebbene, non solo non erano previsti avvenimenti tipo guerre mondiali, fascismo, comunismo, guerra fredda USA-URSS, eccetera, avvenimenti effettivamente prevedibili soltanto da Nostradamus, ma non erano neppure previsti avvenimenti tipo decolonizzazione, integrazione delle classi subalterne nella società dei consumi, caduta del patriarcalismo familiare, eccetera, che pure avrebbero dovuto in linea di massima essere maggiormente “prevedibili”.
    Per questa ragione non sono affatto sicuro che questo secolo appena nato sarà il “secolo della globalizzazione”. Questa connotazione è quella che cercano di imporci i “cosmocrati” al potere attraverso il loro clero mediatico asfissiante. Dovendo azzardare un’impossibile previsione, direi che forse questo secolo sarà il secolo dello scontro fra un insieme di forze di tipo appunto “cosmocratico” che cercherà di approfondire sempre di più la globalizzazione, ed un insieme di forze (nazionali, popolari, classiste ed individuali) che vi si opporranno. Questo secolo, come peraltro tutti i secoli precedenti, sarà un secolo di scontri e di lotte. I “pacifisti” ritualizzati che sognano lo “stato tranquillo finale della società” si sbagliano, ma sappiamo bene che il loro destino è quello di sbagliarsi sistematicamente, non solo, ma anche quello di fare da “preti soporiferi e tranquillizzatori” nei confronti di tutti coloro che intendono legittimamente “resistere”, e resistere in tutti i modi possibili.»

    Costanzo Preve, 2007

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il commento al precedente post mi era sfuggito. Hai fatto bene a riproporlo qui.

      Elimina