Le origini del mito dell’Europa Unita
Dresda 1945 |
Il “Manifesto di
Ventotene” (così è universalmente noto quel primo documento) è, in realtà,
poco più di una favola, un “volemose bene”,
non dissimile dall’appello che una persona di buona volontà, nel tentativo di
calmare gli animi, potrebbe lanciare nel corso di un’accesa riunione
condominiale. Sappiamo quanto sia scarsa l’efficacia di un “volemose bene” in un’assemblea
condominiale, e tale fu l’importanza che fu data, a quel documento, da coloro
che a Yalta si spartirono il mondo. Ma le favole, si sa, possono tornare utili
e, quando ciò accade, diventano “miti di
fondazione”.
Le circostanze opportune iniziarono a svilupparsi nel
1971, quando accadde un fatto di straordinaria importanza: il 15 agosto di
quell’anno il presidente Nixon fece sapere al mondo che non sarebbe più stato
possibile presentarsi ad uno sportello della FED (la banca centrale americana)
per chiedere di cambiare un mazzetto di banconote di color verde con una
quantità di oro equivalente al valore che esse portavano stampigliato, nel
rapporto di 35 dollari per oncia. Ora, voi capite bene, negli affari quello che
conta è la “fiducia”. Vi è capitato,
ad esempio, che un caro amico, o un familiare, vi chiedesse di “mettere una firma” a garanzia di un
prestito? Ecco, in termini ridotti all’osso si trattò di questo: gli americani
dissero a tutto il mondo “noi non
garantiamo più. Facite vuje”.
Forse vi state domandando: “Perché non sappiamo niente di questa cosa che tu dici essere stata così
importante?”. Forse perché, nella vostra famiglia, non se ne parlò affatto!
E perché? Colpa della censura? Ma no! Le persone si interessano delle cose che
le riguardano da vicino, e cosa volete che importasse a un lavoratore italiano
di non poter cambiare le sue lire in oro? Molto probabilmente, a vostro padre
interessava molto di più sapere quanto stava un chilo di carne, o di pane, o
un’automobile nuova, piuttosto che il cambio tra oro, dollaro e lira. Ma, a chi
aveva molte lire, la cosa poteva interessare, eccome! Fino a quel momento, in
effetti, se un riccone italiano avesse avuto timore che alle sue lirette
potesse succedere qualcosa, avrebbe potuto correre in banca per cambiarle in
dollari, e così stare tranquillo, garantito dallo zio Sam. Chi si preoccupò di
quella decisione, dunque, non furono i lavoratori, che di lire ne vedevano
poche, ma quelli che ne avevano molte: i grandi capitalisti. E, così come in
Italia, anche in Francia, in Spagna, in Germania, in Olanda… ovunque ci fossero
capitalisti. Una certa inquietudine cominciò a diffondersi, sebbene in misura
non ancora eccessiva.
All’epoca, infatti, la principale preoccupazione era
costituita dal fatto che le monete dei paesi europei potessero reciprocamente
apprezzarsi o svalutarsi troppo, compromettendo così il buon funzionamento
della politica agricola comunitaria. In quel tempo era ancora vivo il ricordo
delle carestie alimentari di cui i paesi europei avevano sofferto dopo la
seconda guerra mondiale e per tutti gli anni cinquanta, mettendoli nella
condizione di dipendere dalle importazioni, soprattutto dagli Stati Uniti, per
cui era stato stabilito che i prezzi dei prodotti agricoli non dovessero
scendere troppo. Quando i prezzi dei prodotti agricoli scendono troppo,
infatti, non è più conveniente produrli ma si preferisce importarli, con la
conseguenza di perdere l’autosufficienza alimentare.
Meno di un anno dopo, nella primavera del 1972, arrivò
la risposta europea: il serpentone monetario. Era un accordo di cambio, con il
quale gli stati della Comunità economica europea (Germania Occidentale,
Francia, Italia e Benelux) si impegnavano a mantenere entro un intervallo molto
limitato i valori reciproci delle loro monete, e tutti insieme a non
discostarsi troppo dal valore del dollaro. Questa politica era accompagnata da
dazi doganali per i prodotti agricoli importati da paesi extraeuropei (al tempo
provenienti in gran parte dagli Stati Uniti) e sovvenzionava le eccedenze
vendendole sotto costo ai paesi del terzo mondo, o, al limite, distruggendole.
Erano gli anni, molti di voi lo ricorderanno, in cui venivamo a sapere, con
grande scandalo, che in Sicilia si schiacciavano le arance sotto i cingoli dei
trattori, per evitare che il loro prezzo scendesse troppo.
“Perché non li
regaliamo ai bambini africani?”, si chiedevano molti. Già, perché? Se
sapete rispondere da soli a questa domanda, allora non avete bisogno delle
spiegazioni che sto per offrirvi. In tal caso, però, dovreste porvi un’altra
domanda: “Perché, se capite la ragione
per cui le arance dovevano essere schiacciate, non avete ancora capito che
bisogna farla finita con l’euro?”.
Acquistato. Grande Fiorenzo. Ora passo alla distribuzione ( dietro compenso che metterà direttamente nelle mani dell'Associazione )
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