In un commento al post Fondamenti di lotta di classe (2) il follower Rocco scrive (grassetto aggiunto):
"Ottimo e lucido ragionamento Fiorenzo, come al solito. Tuttavia stavolta non sono d'accordo sull'impostazione di fondo del tuo discorso. La tua analisi, a mio parere, è corretta nel contenuto, ma non nella forma. Essa rischia, infatti, di interpretare l'evoluzione storica del sistema solo come una pura trasposizione della volontà di potenza della classe dominante sulla realtà, cioè il cambiamento sarebbe il frutto della sola azione della classe egemone. Credo, invece, che l'evoluzione di un sistema dipenda da una successione costante di fenomeni di assoggettamento più o meno violenti e più o meno indipendenti (hai fatto bene a questo proposito a citare la parentesi berlusconiana che ha costretto le classi dirigenti a ridisegnare il cammino), in cui sono altrettanto importanti le resistenze e gli adattamenti di una forza all'altra. E' in fondo, la visione del Machiavelli dei Discorsi, per cui l'armonia dell'ordinamento della società romana era la risultante dello scontro plastico tra patriziato e plebe che prevedeva una ridefinizione istituzionale continua nelle strutture di governo, e non la vittoria definitiva della visione del mondo di una sull'altra. L'ideologia che ci troviamo a combattere ha dovuto affrontare numerosi cambiamenti e adattamenti, frutto delle opposizioni e reazioni che ha trovato al suo progetto d'attuazione, a partire dalle stesse alleanze. Molte delle forze che hanno appoggiato l'europeismo, hanno avuto e hanno tuttora da perdere nell'alleanza con esso. Compito di una nuova volontà di potenza è non solo quello di lottare con tale ideologia, ma anche di imporre l'alleanza ai soggetti e ai ceti sociali che finora hanno sostenuto e aiutato tale regime."
Sono sostanzialmente d'accordo con quanto scrive Rocco, ma la sua osservazione ha stimolato in me ulteriori riflessioni. In sintesi Rocco solleva il problema delle forze che determinano la Storia, se cioè questa sia la risultante di innumerevoli azioni scoordinate, individuali e di gruppo, oppure l'esito del conflitto tra progettualità diverse le quali, sebbene in conflitto tra di loro, perseguono tuttavia fini che un osservatore attento può riconoscere.
Il tema è ampiamente dibattuto, sia ai piani alti della cultura che nelle fogne di Internet. Lungi da me l'ambizione di dire qualcosa di originale, ma desidero ugualmente dare il mio contributo.
Gli economisti, principi del pensiero contemporaneo a causa della crisi, definiscono il concetto di "Agenti Economici". Questi sono sostanzialmente identificati con le famiglie e le imprese. Gli Agenti Economici agiscono in base a un principio di razionalità, che consiste nella massimizzazione del proprio interesse. Si tratta di una semplificazione, criticabile alla luce del fatto che tale razionalità è ampiamente inficiata da altri fattori, ad esempio le asimmetrie informative, ma che permette agli economisti (soprattutto i neoclassici) di costruire modelli matematici con i quali pretendono di spiegare la realtà. Il punto fondamentale è che, accettando il principio di razionalità, è possibile definire delle funzioni di utilità la cui massimizzazione permetterebbe di prevedere il comportamento degli Agenti Economici. La somma delle scelte degli Agenti Economici, che obbediscono al principio di razionalità, determinerebbe e spiegherebbe così il flusso degli eventi storici. Questo approccio continua ad essere considerato valido anche da molti economisti che negano la possibilità di costruire funzioni di utilità così sofisticate da essere concretamente utilizzabili.
Sul versante opposto troviamo l'approccio idealista. Secondo questa concezione la Storia è determinata dall'evoluzione del pensiero, i cui attori sul piano politico (specchio del mondo delle idee) sono gli "Agenti Politici". Caratteristica degli Agenti Politici è quella di operare con un fine, prevalentemente etico, ma che conduce, sul piano politico, ad una visione dello Stato, dei rapporti di forza tra le classi sociali e i popoli, di natura teleologica. Gli Agenti Politici, in ultima analisi, operano in base a un progetto, lottano tra di loro e sono capaci di perseguire i loro fini lungo periodi storici che travalicano la contemporaneità. Questo approccio, portato alle estreme conseguenze, è all'origine delle moderne teorie del complotto.
Ora si da il caso che io sia un ingegnere per caso, ragion per cui nel corso dei miei studi mi sono imbattuto nel problema della natura della luce, che a volte sembra essere costituita da onde e altre volte da corpuscoli. Ricordo in particolare un'accesa discussione in una serata etilica, vizio antico, conclusasi ad ore piccole davanti alla fontana del Gianicolo (sì, quella della Grande bellezza"), tra uno studente greco e un italiano che dibattevano il problema in punta di teoria, nel corso della quale esposi il mio modo di vedere le cose. Dissi loro che la fisica è, in fondo, un racconto, una narrazione che, oltre a spiegare i fatti, deve essere bella e coerente, e che diverse narrazioni hanno la capacità di porre in evidenza aspetti che le altre colgono con difficoltà.
Lo ammetto: i miei compagni di quella bellissima serata di maggio di tanti anni fa erano più bravi e più studiosi di me, ed io cercavo di tener loro testa buttandola sul filosofico.
"Ottimo e lucido ragionamento Fiorenzo, come al solito. Tuttavia stavolta non sono d'accordo sull'impostazione di fondo del tuo discorso. La tua analisi, a mio parere, è corretta nel contenuto, ma non nella forma. Essa rischia, infatti, di interpretare l'evoluzione storica del sistema solo come una pura trasposizione della volontà di potenza della classe dominante sulla realtà, cioè il cambiamento sarebbe il frutto della sola azione della classe egemone. Credo, invece, che l'evoluzione di un sistema dipenda da una successione costante di fenomeni di assoggettamento più o meno violenti e più o meno indipendenti (hai fatto bene a questo proposito a citare la parentesi berlusconiana che ha costretto le classi dirigenti a ridisegnare il cammino), in cui sono altrettanto importanti le resistenze e gli adattamenti di una forza all'altra. E' in fondo, la visione del Machiavelli dei Discorsi, per cui l'armonia dell'ordinamento della società romana era la risultante dello scontro plastico tra patriziato e plebe che prevedeva una ridefinizione istituzionale continua nelle strutture di governo, e non la vittoria definitiva della visione del mondo di una sull'altra. L'ideologia che ci troviamo a combattere ha dovuto affrontare numerosi cambiamenti e adattamenti, frutto delle opposizioni e reazioni che ha trovato al suo progetto d'attuazione, a partire dalle stesse alleanze. Molte delle forze che hanno appoggiato l'europeismo, hanno avuto e hanno tuttora da perdere nell'alleanza con esso. Compito di una nuova volontà di potenza è non solo quello di lottare con tale ideologia, ma anche di imporre l'alleanza ai soggetti e ai ceti sociali che finora hanno sostenuto e aiutato tale regime."
Sono sostanzialmente d'accordo con quanto scrive Rocco, ma la sua osservazione ha stimolato in me ulteriori riflessioni. In sintesi Rocco solleva il problema delle forze che determinano la Storia, se cioè questa sia la risultante di innumerevoli azioni scoordinate, individuali e di gruppo, oppure l'esito del conflitto tra progettualità diverse le quali, sebbene in conflitto tra di loro, perseguono tuttavia fini che un osservatore attento può riconoscere.
Il tema è ampiamente dibattuto, sia ai piani alti della cultura che nelle fogne di Internet. Lungi da me l'ambizione di dire qualcosa di originale, ma desidero ugualmente dare il mio contributo.
La natura duale della Storia
Gli economisti, principi del pensiero contemporaneo a causa della crisi, definiscono il concetto di "Agenti Economici". Questi sono sostanzialmente identificati con le famiglie e le imprese. Gli Agenti Economici agiscono in base a un principio di razionalità, che consiste nella massimizzazione del proprio interesse. Si tratta di una semplificazione, criticabile alla luce del fatto che tale razionalità è ampiamente inficiata da altri fattori, ad esempio le asimmetrie informative, ma che permette agli economisti (soprattutto i neoclassici) di costruire modelli matematici con i quali pretendono di spiegare la realtà. Il punto fondamentale è che, accettando il principio di razionalità, è possibile definire delle funzioni di utilità la cui massimizzazione permetterebbe di prevedere il comportamento degli Agenti Economici. La somma delle scelte degli Agenti Economici, che obbediscono al principio di razionalità, determinerebbe e spiegherebbe così il flusso degli eventi storici. Questo approccio continua ad essere considerato valido anche da molti economisti che negano la possibilità di costruire funzioni di utilità così sofisticate da essere concretamente utilizzabili.
Sul versante opposto troviamo l'approccio idealista. Secondo questa concezione la Storia è determinata dall'evoluzione del pensiero, i cui attori sul piano politico (specchio del mondo delle idee) sono gli "Agenti Politici". Caratteristica degli Agenti Politici è quella di operare con un fine, prevalentemente etico, ma che conduce, sul piano politico, ad una visione dello Stato, dei rapporti di forza tra le classi sociali e i popoli, di natura teleologica. Gli Agenti Politici, in ultima analisi, operano in base a un progetto, lottano tra di loro e sono capaci di perseguire i loro fini lungo periodi storici che travalicano la contemporaneità. Questo approccio, portato alle estreme conseguenze, è all'origine delle moderne teorie del complotto.
Ora si da il caso che io sia un ingegnere per caso, ragion per cui nel corso dei miei studi mi sono imbattuto nel problema della natura della luce, che a volte sembra essere costituita da onde e altre volte da corpuscoli. Ricordo in particolare un'accesa discussione in una serata etilica, vizio antico, conclusasi ad ore piccole davanti alla fontana del Gianicolo (sì, quella della Grande bellezza"), tra uno studente greco e un italiano che dibattevano il problema in punta di teoria, nel corso della quale esposi il mio modo di vedere le cose. Dissi loro che la fisica è, in fondo, un racconto, una narrazione che, oltre a spiegare i fatti, deve essere bella e coerente, e che diverse narrazioni hanno la capacità di porre in evidenza aspetti che le altre colgono con difficoltà.
Lo ammetto: i miei compagni di quella bellissima serata di maggio di tanti anni fa erano più bravi e più studiosi di me, ed io cercavo di tener loro testa buttandola sul filosofico.
L'euro è un errore o un piano malefico delle élites?
Qual è lo schema interpretativo migliore per comprendere la vicenda della moneta unica e della costruzione del'UE? Siamo davanti alla risultante dello scontro plastico tra agenti economici (sia pure raggruppabili per classi sociali economiche) o a una progettualità politica di natura teleologica, in definitiva a un complotto? Lascio ai più bravi e studiosi di me il compito di battagliare in punta di teoria, e mi adagio nella comoda spiegazione di mezzo. Ognuna delle due visioni ci permette di cogliere aspetti della realtà che l'altra mette in ombra, e dunque ognuna di esse è, in definitiva, utile. Ci sono processi storici che non possono assolutamente essere spiegati con l'ipotesi complottista, ma è innegabile che un'infinità di segni dimostrano anche l'azione cosciente e consapevole di Agenti Politici, che perseguono obiettivi non riducibili a un qualche criterio di razionalità in base al quale possa essere definita una funzione di utilità. Siamo cioè di fronte a forze che non agiscono in base a scelte economiche, ma con finalità di natura etica, spesso religiosa. E' il lato oscuro della natura umana, quello irrazionale, che si nutre di simboli, di miti (la razza ariana, il popolo eletto, l'islam, l'occidente cristiano...), in definitiva di idee.
Anche nel caso dell'euro e dell'UE le due visioni competono e convivono, come sempre in modo conflittuale, cosicché i sostenitori di entrambe non nascondono il reciproco disprezzo. Se gli uni analizzano dati, serie storiche, concetti astratti come le classi sociali, il capitalismo, il proletariato, gli altri oppongono ricostruzioni che tentano di svelare le volontà coscienti che si nascondono dietro gli avvenimenti, esibendo a riprova l'esistenza di società segrete, di patti politici, l'influenza di singole personalità carismatiche, e dunque la forza delle idee che le tengono assieme.
Come la doppia elica del DNA conserva il segreto della vita, oggi penso che la Storia sia un processo di natura duale, nel quale sono all'opera sia gli Agenti Economici che gli Agenti Politici. E penso anche che l'operato degli Agenti Politici e degli Agenti Economici possa essere spiegato, sia pure con qualche difficoltà, nei termini dei loro opposti. Ad esempio, si può sostenere che le classi politiche ai vertici delle grandi nazioni industriali, alla viglia della seconda guerra mondiale, altro non fossero che l'espressione degli opposti interessi degli Agenti Economici, ma altrettanto valida e seducente è la narrazione opposta, quella cioè che la interpreta come conflitto massonico planetario tra Agenti Politici.
Similmente, l'euro e l'UE si prestano ad una duplice lettura. E' pur vero che l'interpretazione economica della Storia è oggi prevalente, come in fisica l'ipotesi ondulatoria è quella che riscuote maggior credito... ma non sempre è stato così. Da qualche decennio, sempre più spesso, i fisici spiegano la natura della materia in termini di particelle (quark, bosoni etc..), dopo un lungo periodo nel quale si parlava invece di "pacchetti d'onda", al punto che sembra di essere tornati al tempo di Newton, per il quale la luce era un flusso di particelle, o addirittura a Leucippo e Democrito. Similmente, secoli fa il concetto di Agente Economico semplicemente non esisteva, e tutto era interpretato come esito dell'azione degli Agenti Politici (Re, Imperatori, religione).
Un dubbio
Gli avvenimenti che si svolgono nel mondo islamico rappresentano un set di dati di storia contemporanea che ci obbligano a porci una domanda fondamentale: siamo sicuri, proprio sicuri, che questi fatti debbano essere letti, con la migliore efficacia, nei termini dell'agire di Agenti Economici, e non anche, o piuttosto, con categorie di altra natura? Come è possibile che i più potenti eserciti del mondo non riescano a domare la resistenza di quei popoli dalla storia millenaria, se non ipotizzando l'esistenza di forze che agiscono in base a criteri non riducibili alla razionalità economica? Domandatevi: quanti soldi dovrebbero offrirvi per convincervi a compiere un'azione suicida? Eppure gli attacchi suicidi sono all'ordine del giorno, né vale più la spiegazione che si tratta solo di fanatici ignoranti. Ma allora, se ciò accade sotto i nostri occhi televisivi, perché molti negano con ostinazione l'ipotesi che, oltre dalla razionalità economica, la Storia sia guidata anche dalle idee?
Conclusione
Ho espresso alcuni dubbi che, da qualche tempo, attraversano la mia mente, e che fanno sì che io non creda più con convinzione, come qualche tempo fa, al fatto che l'euro cadrà da solo perché così vuole la razionalità economica. Sono solo dei dubbi, sia chiaro. In fondo ho ancora fiducia nei dati, e credo che, poiché gli uomini hanno bisogno di cibo e calore, alla fine questo abbia la sua importanza, a dispetto delle idee e delle ideologie. Eppure il dubbio resta, e mi rode. Ed è per questo che, a un certo punto, mi sono convinto che non basta aspettare, ma che occorre essere protagonisti del proprio tempo storico. Che sia necessario, cioè, diventare Agenti Politici, e non limitarci ad essere Agenti Economici; cioè, in ultima analisi, semplici consumatori il cui destino viene deciso da altri.
"Siccome gli uomini si fanno guidare dagli affetti più che dalla ragione, anche il popolo viene indotto a naturale accordo non dalla ragione, ma da qualche comune affetto, e vuole essere guidato da una sola mente, vale a dire da una comune speranza, o paura, o desiderio di vendicare un danno comune" (Spinoza, Trattato Politico, VI, 1). Sei andato molto oltre il chiarimento che ti chiedevo e, come immaginavo, la tua posizione è molto articolata e ben argomentata, credo nel complesso di poter essere d'accordo. Ho ripreso il passo di Spinoza perché da esso si possono trarre due indicazioni importanti. a) l'uomo non agisce sempre in modo razionale; b) La società politica si fonda su passioni collettive come speranze, paure e desideri. I due punti sono molto importanti, dal primo (non occorre secondo me dimostrazione, ma senza approfondire potremmo citare infatti gli "errori storici" delle masse che corrono dietro ai nazionalsocialismi, senza citare l'ultimo, ben più clamoroso, del grande "sogno europeo") si ricava che il principio di razionalità ha un limite nell'individuo stesso, che sacrifica l'utile immediato preso da timore o da speranza del futuro. Chi teme o spera qualcosa non fa che rappresentare, figurare un evento futuro, dunque, in un certo senso, chiama in causa una visione del futuro che potremmo perciò chiamare ideologica. In un certo senso, dunque, Spinoza ci dice e ci invita a prendere atto che è nella nostra natura agire ideologicamente, cioè in preda a passioni ( una presa d'atto è di per se un azione al di fuori del dover-essere, e perciò della morale, nella stessa maniera in cui Machiavelli circa 150 anni prima aveva invitato il principe ad essere temuto piuttosto che amato perchè "degli uomini si può dir questo generalmente: che sieno ingrati, volubili,simulatori e dissimulatori, fuggitori de' pericoli cupidi di guadagno..." Il Principe, XVII)
RispondiEliminaIl secondo punto chiama in causa un aspetto più prettamente politico, il soggetto non è più l'uomo, ma il popolo che continua ad essere spinto ad agire dalle stesse passioni che lo dominavano nel campo prepolitico. Qui la visione ideologica del singolo si trasforma in una ideologia comune "...guidato come da una sola mente", ma l'ideologia comune non cessa di avere un fondamento materiale, le paure e le speranze dei singoli, le loro visioni del futuro unificate, si potrebbe dire.
Ho cercato di mettere insieme questi, due elementi, Fiorenzo, perchè credo che non si possa disgiungere una visione progettuale, ideologica e teleologica dalla prospettiva individuale dei singoli, come allo stesso modo ogni domanda utilitaria del singolo viene compensata da un'offerta ideologica, che può essere tanto criminale e tanto foriera di mali come quella "eurista". Ogni rappresentazione, in quanto sovrastruttura, dissolve i reali rapporti produttivi. Quindi ogni rappresentazione è falsa coscienza, ma nella misura in cui essa è in grado di operare nella realtà e di condizionare le masse, disponendo gli uomini all'obbedienza o alla schiavitù, si trova sempre ad essere una forza materiale. Come scriveva W. Reich in Psicologia di massa del fascismo "Quando ... una ideologia sociale modifica la struttura psichica degli uomini, non solo essa si è riprodotta in quegli uomini, ma cosa molto più importante, essa è diventata, sotto forma dell'uomo così modificato concretamente e quindi dell'uomo che ora agisce in modo diverso e contraddittorio, una forza attiva".
Credo che siamo d'accordo sul versante politico, anche se forse sussiste un piccolo punto da chiarire laddove, parlando delle pulsioni dei singoli individui, mi sembra (ma correggimi se ho mal inteso) che tu intenda tali "singoli" in qualche modo analoghi a quelli che io chiamo "Agenti Economici".
RispondiEliminaOra il concetto di "Agente Economico" è una categoria che non coincide con l'individuo in quanto portatore di passioni, paure e speranze, né tanto meno con le imprese condotte razionalmente in base al principio della massimizzazione dell'utile economico. In parole semplici: tu sei un individuo con passioni, paure e speranze, e in quanto tale sei un piccolo Agente Politico che interagisce con l'ambiente culturale e simbolico nel quale è immerso, ma quando vai al mercato per comprare le mele e scegli quelle più belle e al minor costo sei, in quel momento, un piccolo Agente Economico, in quanto sei guidato dalla razionalità, ammesso e non concesso che la tua informazione sul mercato sia "perfetta". Ad esempio, potresti non sapere che nella strada accanto si vendono mele a prezzo più basso...
I pensatori che citi non conoscevano la categoria "Agente Economico". Non che questi non esistessero, ma essa era semplicemente ignorata da chi si occupava di politica. E' solo con il XVIII° secolo che questo concetto inizia a farsi strada e ad essere oggetto di riflessione da parte degli studiosi. Nasceva cioè l'economia politica, disciplina prima sconosciuta o appena abbozzata.
Quanto al resto concordo pienamente con te, e ti ringrazio per avermi ricordato Wilhelm Reich, un autore del quale lessi un paio di libri nei lontani anni settanta; finii anche in una camera orgonica costruita da un pazzo di spagnolo fricchettone che viveva sulle colline toscane... ma secondo me era un trucco per acchiappare le fimmine...:-)
Mi hai fatto fare grosse risate su Reich, in effetti, molti dei suoi scritti si prestano anche a queste letture e lui stesso ne ha dette di cotte e di crude, ma Psicologia di massa resta un grande testo...
RispondiEliminaSul concetto di agente economico non eccepisco nulla sulla teoria, ma nella prassi gli individui sono immersi in situazioni, comprano una mela piuttosto che un altra perchè è maggiormente pubblicizzata o semplicemente perché è più rossa o anche soltanto perché consigliati da qualcuno. Quello che voglio dire è che l'azione economica pura, come raggiungimento dell'utile, non è sempre perseguita dagli individui che si trovano ad agire di fronte al mercato sempre col loro retaggio di "passioni", come le chiamerebbe Spinoza, o più semplicemente pregiudizi. Altrimenti come te le spieghi le scelte antieconomiche compiute dai governi italiani nell'ultimo ventennio a detrimento del proprio popolo, senza ricadere nel campo del complotto? A mio parere, i popoli come le classi dirigenti sono stati abbagliati da una ideologia falsa, ma che in quanto tale non cessa di agire e di modificare i rapporti sociali della realtà.
Scrivi: "Quello che voglio dire è che l'azione economica pura, come raggiungimento dell'utile, non è sempre perseguita dagli individui che si trovano ad agire di fronte al mercato sempre col loro retaggio di "passioni", come le chiamerebbe Spinoza, o più semplicemente pregiudizi.".
EliminaCerto, è così. Permettimi di aggiungere qualcosa. Da quello che ho appreso negli ultimi anni, nel corso dei quali ho studiacchiato un po' di economia (sono un principiante, non un "espertone"), le moderne teorie neoclassiche, infarcite di equazioni matematiche che tentano di calcolare la "traiettoria" dei sistemi economici sulla base di calcoli variazionali, traggono origine dal marginalismo, un approccio economico che a me sembra simile all'illusione leibniziana del "calculemus". Ironia vuole che, proprio in quegli anni (Parigi, agosto 1900), David Hilbert lanciasse il suo famoso programma di assiomatizzazione della matematica. Finì con l'altrettanto famosa dimostrazione di Kurt Godel che nel 1931, con i suoi teoremi di incompletezza, stabilì i limiti della conoscenza matematica. Per non dire del fatto che, sempre in quegli anni, prendeva l'avvio la rivoluzione quantistica, o degli studi di Henri Poincaré intorno al problema dei tre corpi, che possono essere considerati precursori delle tematiche del caos deterministico. Insomma, proprio mentre le "scienze dure" scoprivano i limiti della conoscenza matematica e fisica, gli economisti neoclassici iniziavano a matematizzare la loro disciplina. E continuano, hai voglia se continuano con le loro "teorie del tutto è riducibile alle scelte razionali"!
Oltre a non aver compreso la lezione di Godel, della fisica quantistica e di Poincaré, i neoclassici insistono nel sottovalutare l'importanza della politica. Non che tutto quello che dicono sia sbagliato, ma è la loro presunzione di poter spiegare tutto trascurando le passioni, i sogni, le paure, in definitiva l'universo simbolico dell'uomo, che mi irrita profondamente.
Ottimo questo parallelo con le scienze matematiche... direi che con Kafka e Borges questo accadeva anche nella letteratura novecentesca. "Ia biblioteca è illimitata e periodica. Se un eterno viaggiatore la traversasse in direzione qualsiasi, constaterebbe alla fine dei secoli che gli stessi volumi si ripetono nello stesso disordine (che ripetuto sarebbe un ordine: l'Ordine). Questa speranza rallegra la mia solitudine" (Borges, La biblioteca di Babele).
RispondiEliminaContributo minimo:
RispondiElimina-Roberto Guiducci, che fu mio insegnante di sociologia nei lontani anni '70, ripeteva che l'azienda ha una razionalità senza ragione, nel senso che ciò che è bene per la singola realtà non giova automaticamente su scala maggiore; per esempio (mio) ridurre i salari, se generalizzato, porta alla depressione del monte salari e quindi a minori consumi;
-sull'irrazionalità di scelte di politica economica delle nostre passate élite; la metamorfosi di un partito dall'essere il rappresentante della classe operaia al manutengolo degli interessi finanziari sovranazionali può essere letto con la sindrome della Moneda, le bombe degli anni '70, fino a Bologna 2-8-80, sono state estremamente convincenti al riguardo... il crollo dell'archetipo ha fatto il resto.
Che significa tutto ciò?
Se viene meno un progetto di futuro ci si adatta ad usare un modello suppletivo, quello aziendalistico, che su scala micro funziona.
Senza contare che da tutto ciò qualcuno ci guadagna, e non solo i maggiordomi...