mercoledì 24 aprile 2019

Il 25 aprile - comunicato del Fronte di Liberazione Nazionale

Il 25 aprile è l'anniversario della liberazione del territorio nazionale dalla ventennale dittatura fascista e dall'occupazione tedesca conseguente alla resa dell'8 settembre 1943.
La liberazione fu proclamata il 25 aprile 1945 dal CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) che comprendeva le forze politiche che si erano opposte, clandestinamente, al nazifascismo; in esso confluirono principalmente cattolici, comunisti e socialisti.
Da quella spinta ideale, politica e militare nacque la Costituzione del '48 fin da subito osteggiata dalle forze politiche che si richiamavano alle potenze liberali che occupavano militarmente il territorio italiano.
Quindi la Liberazione ci fu o non ci fu?
Ci fu ma durò il tempo della sostituzione dell'occupante liberale perdente con l'occupante liberale vincente, essa venne depotenziata e ingabbiata progressivamente, decennio dopo decennio, fino allo svilimento dovuto all'accettazione dei principi liberali in campo economico e sociale imposti dai trattati europei che limitano l'autonomia dello Stato e la sovranità popolare sancita dall'art 1 della Costituzione "L'Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione".
Il 25 aprile non è propriamente una festa ma dovrebbe essere la dolorosa commemorazione di un progetto sociale, oggi completamente disatteso, nato nella lotta e dalla collaborazione delle forze sane della nazione.

1 commento:

  1. Ciao Fiorenzo colgo l'occasione per sviluppare una piccola riflessione personale. Con il 25 aprile del 1945 l'Italia diviene, un PROTETTORATO Statunitense inserito nell'Ordine Internazionale degli Stati sancito da Bretton Woods. Grazie al combinato disposto della nostra Costituzione (con grosse venature socialiste) e l'inserimento a questo ordine internazionale che prevedeva, il pieno impiego a sostegno della domanda interna, il controllo dei movimenti di capitali, un sistema di cambi fissi, dove gli squilibri commerciali erano finanziati da prestiti tra Stati attraverso organismi internazionali, quote e/o ostacoli fiscali e tariffari, flussi migratori regolamentati e contenuti, sindacati forti e rigidità verso il basso dei salari, espansione dello Stato sociale, politiche di bilancio espansive, imposizione fiscale progressiva, il nostro Paese ha conosciuto un quarantennio di sviluppo economico, sociale, culturale senza precedenti nella storia della nostra penisola.
    Con la caduta del muro di Berlino, passiamo dall'ordine internazionale degli Stati a varia gradazione di sovranità, all'ordine internazionale dei mercati basati sulla Banca centrale indipendente, sul sistema bancario universale e totalmente privato, sulla totale deregolamentazione finanziaria, sulla libera circolazione dei capitali merci e persone, sulla stabilità dei prezzi per il sostegno della domanda estera, cambi flessibili tra le principali aree valutarie, squilibri commerciali consentiti da afflussi e deflussi di capitali attraverso i mercati finanziari, sindacati deboli, flessibilità salariale verso il basso, contrazione dello stato sociale, politiche di bilancio restrittive, politiche fiscali proporzionali o regressive, privatizzazioni delle imprese pubbliche.
    L'Ordine internazionale dei mercati ha due obiettivi principali:
    1) La gerarchizzazione dei rapporti interni fra le varie forze sociali, quindi il denaro e il potere si concentrano verso la parte alta della piramide sociale.
    2) La gerarchizzazione dei rapporti di forza fra Stati, in forte competizione fra loro, genera le moderne forme di colonizzazione.
    Per cui secondo me l'Italia da protettorato che era dal 45 al 92 del secolo scorso, si è trasformata in una colonia subordinata agli interessi degli Stati più forti nell'agone competitivo. Aggiungo che la nostra classe dirigente, di qualsiasi colore, ha portato il Paese in questa competizione con le mani e i piedi legati grazie ai trattati firmati da Maastricht in poi e ho l'amara sensazione che quelli che guidano la Nazione in questo momento non siano diversi dai loro predecessori, nonostante tutto quello che hanno detto e scritto precedentemente.

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