mercoledì 13 giugno 2018

Se questo non è un paese per socialisti

Emilio Lussu, il cavaliere dei Rossomori
Nel mondo moderno la contraddizione economica fondamentale è quella tra Capitale e Lavoro, che trova la sua espressione nella dialettica tra le forze liberali e quelle socialiste. In condizioni normali la dicotomia liberali-socialisti, nelle rispettive diverse forme e declinazioni, è denominata dialettica destra-sinistra, intendendo con ciò che la destra rappresenta istanze fondamentalmente liberali, ovvero a favore del Capitale, e la sinistra istanze socialiste, cioè a favore degli interessi del Lavoro.

Nelle condizioni tutt'altro che normali di oggi, quando tutte le forze politiche di natura socialista sono state espulse dalla battaglia politica e ne sopravvivono solo scarsi frammenti dispersi nella blogosfera, la cosiddetta dicotomia destra-sinistra assume il significato di una classificazione tutta e solo interna all'universo liberale. A questo punto i pochi socialisti sopravvissuti possono solo scegliere tra il tifare per una delle articolazioni politiche liberali oppure, come sto facendo da qualche tempo, occuparsi delle proprie faccende personali, al più scrivendo qualche articoletto a proprio rischio e pericolo. Un rischio che comincia ad essere sempre più palpabile, vista l'aria che tira.

Purtroppo, davanti all'enormità del compito di ricostruire praticamente dal nulla la rappresentanza politica del Lavoro, molti sono tentati dalla prospettiva di introdursi in qualcuna delle formazioni politiche esistenti - ripeto: tutte appartenenti al campo liberale - per agire dal loro interno in favore degli interessi del Lavoro. Un nobile intento, sia chiaro, che tuttavia non risolve il problema alla radice. Personalmente non ho nulla contro coloro che scelgono questa strada, anzi! Se posso li sostengo, come la cronaca della mia vita pubblica ha abbondantemente dimostrato. Neppure ho nulla da dire ai tanti che, sollecitati a ricostituire forme di organizzazione politica di natura socialista, rispondono che si tratta di un'impresa impossibile.

Nutro invece qualche perplessità (eufemismo) nei confronti di chi, forse per giustificare il proprio peccatuccio, invece di limitarsi a recitare nel silenzio del suo studiolo "non lo fò per piacer mio ma per far piacere a voi", si abbandona ad attacchi pesanti e offensivi verso chi, testardamente, continua a pensare che il cuore del problema e l'ineludibile ostacolo da affrontare e superare consistano esattamente in questo: ri-costruire dal basso i partiti socialisti. Insomma sono un #famoerpartitista.

Al momento in Italia esiste una sola piccola organizzazione che sia socialista, quindi necessariamente patriottica, ed è il Fronte Sovranista Italiano - FSI, del quale sono stato tra i primi militanti ma che ho abbandonato alcuni anni fa, se non erro nel 2014, per dissensi di varia natura. Sono tuttavia rimasto in rapporti più che buoni con tutti loro, in particolare il fondatore Stefano D'Andrea, che sento e incontro con regolarità. Qualche giorno fa Stefano mi ha chiamato per uno scambio di idee e, durante il franco ma cordiale confronto, gli ho ribadito l'essenziale necessità che nei prossimi anni sorgano, dal basso, altre formazioni socialiste, possibilmente strutturate in modo diverso rispetto al FSI. Ciò perché la caratteristica che ha consentito al FSI di crescere fino a raggiungere un discreto numero di iscritti è purtroppo anche il suo limite: si tratta del fatto che esso è strutturato in modo, a mio avviso, troppo rigido, con organi di democrazia interna labili che, se da un lato assicurano la coesione intorno al gruppo dirigente, dall'altro limitano la dialettica interna.

Ho prospettato a Stefano D'Andrea la mia intenzione di promuovere la nascita di un'altra organizzazione, ovviamente socialista e patriottica, che si dia fin dall'inizio una struttura organizzativa capace di consentire una maggiore dialettica interna, sia pure al prezzo di una minore coesione. Si tratta di trovare il giusto mix tra due esigenze ontologicamente opposte, un compito da far tremare i polsi e chiaramente superiore alle mie sole forze e alla mia intelligenza, che richiede dunque l'adesione, soprattutto nella fase iniziale, di persone di grande valore e generosità, disposte a spendersi per un tratto del loro percorso politico per questo fine.

L'idea è quella di riunire un numero limitato di socialisti patriottici i quali, prima ancora di lanciare appelli all'unità si incontrino, di persona e online, per studiare un modello organizzativo capace di conciliare l'esigenza della coesione con quella della necessaria dialettica interna, che sia anche dinamico, ovvero capace di adattarsi alla crescita nel tempo delle adesioni. Un gruppo di lavoro che spenda le sue energie, nella fase iniziale, non per studiare la linea bensì il modello organizzativo. La linea essendo, come premesso all'inizio, quella di una forza politica socialista patriottica a difesa degli interessi del Lavoro, contrapposti quelli del Capitale. Costruito il modello organizzativo che, ripeto, dovrà essere dinamicamente adattabile alla crescita dell'organizzazione, lo si metterà in campo, e la linea, come l’intendance, suivra.

Si racconta che il generale De Gaulle, mentre discuteva un piano di battaglia – venne interrotto da uno dei suoi ufficiali che gli chiese: “Mais l’intendance, mon général?”. E il generale: “L’intendance suivra!”.

Qualcuno potrebbe obiettare che sia l'organizzazione ad essere l'intendance. In effetti accade così nei movimenti dall'alto, ma il contrario in quelli dal basso. Se non lo capite, e finché non lo capirete, potete continuare con i vostri appelli, ai quali aderirò convintamente: un "mi piace" non si nega a nessuno! Ma se devo spendere le mie migliori energie per un progetto politico, allora voglio sapere, fin da subito, quali sono le regole del gioco.

8 commenti:

  1. Recuperare il senso del conflitto distributivo tra lavoro e rendita è essenziale.
    La situazione non è semplice: menti raffinatissime al servizio del capitale hanno dissimulato e creato nuovi finti conflitti distributivi.
    Un esempio di finto conflitto distributivo, di cui si trova esempio persino nel blog di Illo :"... l’acquirente vuole spendere di meno, il venditore vuole guadagnare di più" è il conflitto distributivo tra la catena di produzione/ distribuzione e l'acquirente finale tanto è vero che oggi i cosiddetti sindacati dei consumatori ricevono più consensi di quelli dei lavoratori.
    Altri esempi di finti conflitti distributivi sono quello tra lavoratore e macchina lavoratrice o anche quello tra lavoratori autoctoni ed immigrati; ma il più subdolo e quindi più pericoloso ed a cui difficilmente sfuggiremo noi stessi per evidenti motivi, è quello tra pensionati, miseri epigoni di antiche figure di rentiers e le nuove generazioni di lavoratori che li "mantengono" con il loro lavoro.

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    1. Quello che dici è chiaro, condivisibile ed evidente. Tuttavia il senso del post è un altro, l'incapacità (che mi lascia senza fiato) di costruire e/o aderire a forme organizzative di natura politica. Ci sono migliaia di persone che scrivono, commentano, e ancora scrivono, commentano e scrivono e commentano e ancora scrivono e commentano.... in ogni momento della loro vita, ma nessuno che voglia capire due cose semplici semplici:

      1) alla politica non si può dedicare ogni momento della vita, salvo fasi particolari
      2) alla politica si deve dedicare un po' del tempo della propria vita, ma lo si deve fare con serietà

      Farlo con serietà significa entrare in (o costruire) un'organizzazione e, per prima cosa, domandarsi come si fa a diventarne un dirigente. Ti sconvolgo? Non credo, sei un uomo di mondo.

      Ma se ci si chiede questo, lucidamente, allora si deve anche sapere che la stessa domanda se la pongono tutti gli altri. Dal che discende la seconda domanda: le procedure per diventare un dirigente sono chiare, oppure è tutta una questione di pappa e ciccia? Altrimenti detto: in questa organizzazione si fa politica, oppure è tutta una camurria?

      Ti sconvolgo ancora: in tutte le organizzazioni che ho frequentato, anche quelle dove si trovano solo brave persone e per bene, la storia, stringi stringi, è che è tutta 'na camurria. Risultato? E' davanti ai tuoi occhi.

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    2. Ti capisco Fiorenzo, io ho dedicato una piccola parte della mia vita, investendovi impegno, sacrifici e denaro... ottenendo quasi nulla di significativo, soprattutto perché, come ogni tardivo novizio della politica e mosso soprattutto da tensione ideale, sono stato visto ed usato come utile idiota.

      Poiché ho grande rispetto e stima di me stesso non mi sono curato troppo del giudizio degli altri e continuo a credere che riconoscere la vera essenza dei problemi sia necessario alla costruzione di un movimento Politico e non affaristico e/o lobbystico.
      Troppe volte vestiamo i panni dei soggetti dei finti conflitti distributivi, troppe volte ed ineluttabilmente cambiamo casacca in essi.

      Se non si riconosce il valore del lavoro e la primazia di esso come forma primigenia di sussistenza con chi vuoi costruire un progetto politico? Al massimo costruisci una struttura gerarchica in cui l' egemonia culturale, anche essa evidentemente soggetta ad una sorta di conflitto distributivo, anziché essere dispensata ai militanti viene gelosamente custodita dai vertici di quella stessa struttura.

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  2. I punti 1 e 2 si possono sintetizzare in un unico punto :Alla politica non si può dedicare ogni momento della vita ma solo un poco , ma lo si deve fare con serietà .
    Questo pensiero è la garanzia per NON diventare un dirigente o un leader di NESSUNA attività umana , in particolare quella politica .
    La mia esperienza di vita mi ha portato invece a notare che solo la dedizione costante , assidua e di lunga durata può portare prima a diventare un dirigente ,e poi a mantenere nel tempo il comando . Bisogna avere una concezione aristocratica della leadership . IL vero dirigente non si avvale di persone mediocri, ma di persone competenti che possono essere anche dei rivali, ma non li si teme e vi è una competizione sana.
    In termini matematici si può dire che L= T*I² ovvero la leadership è direttamente proporzionale al tempo T impiegato nell'attività e al quadrato dell'intelligenza posseduta dal singolo individuo della organizzazione . Non a caso Vittorio Alfieri scrisse Volli, sempre volli, fortissimamente volli . E così divenne il grande scrittore di Tragedie .
    Tragedie che oggi nessuno legge più . Sic transit gloria mundi .
    Buona Vita .

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    1. Gianni Barbato, ho scritto "dirigente" non "capataz". Non so quanti anni hai, forse sei giovane e in tal caso scusabile, ma sappi che nella prima repubblica, salvo i grandi leader nazionali, con la politica non si arricchiva nessuno, e dunque per vivere bisognava lavorare. Non ci credi? Informati sulle retribuzioni dei parlamentari prima e dopo la svolta liberista.

      Quello di dare soldi ai politici è stato uno dei primi grimaldelli usati per indurre la degenerazione delle istituzioni repubblicane. Ovviamente non il solo, basti ricordare l'uso della televisione in politica, un tempo rigidamente irregimentato. Ah, ma è la libertà... blaterava Berluska, e al referendum tutti a votare a favore delle interruzioni pubblicitarie durante la proiezione dei film.

      Insomma: prima hanno corrotto il popolo, poi lo hanno sottomesso.

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  3. Scusa Fiorenzo, ma che ci " azzecca " la storia che nella prima repubblica non ci si arricchiva con la politica ? Io ho fatto una sola osservazione e ho detto che i risultati in politica come in altre attività dipende anche , ma non solo , dalla quantità di tempo che ci dedichi .
    Relativamente alla affermazione che nella prima repubblica non ci si arricchiva con la politica non è proprio esatto . Voglio dire che l'aumento degli stipendi dei politici rispetto agli operai o impiegati è cominciato proprio con la prima repubblica . Tolti gli anni del immediato dopoguerra quando eravamo " poveri,ma belli " è stato tutto un crescendo .
    IL boom avviene dall'anno 2000 in poi,ma questo è ovvio perchè con l'entrata nell'euro era necessario creare una classe di valvassori e valvassini fra l'impero UE del Barbarossa e il popolo che assicurasse i diritti e i privilegi dell'impero germanico .


    Onorevoli colleghi, l'opinione pubblica non ha in questo momento molta simpatia e fiducia per i deputati. Vi è un'atmosfera di sospetto e discredito, la convinzione diffusa che molte volte l'esercizio del mandato parlamentare possa servire a mascherare il soddisfacimento di interessi personali e diventi un affare, una professione, un mestiere». La solita tirata contro la casta di qualche parlamentare del Movimento cinque stelle? Macché. Frasi di Piero Calamandrei, giurista, antifascista, partigiano e deputato eletto col Partito d'azione all'Assemblea costituente nel lontano 1947
    La prima legge sul tema, è varata nell'estate 1948 dal governo De Gasperi,
    Ai membri del Parlamento è corrisposta una indennità mensile di L. 65.000, nonché un rimborso spese per i giorni delle sedute parlamentari alle quali essi partecipano". Tradotto ai giorni nostri: 1.230 euro fissi più un gettone da 100 euro scarsi al giorno (5mila lire) legato alla presenza effettiva. Togliendo fine settimana più i lunedì e i venerdì, in cui le convocazioni sono rare, non più 2.500 euro al mese dunque.

    Tutto esentasse, visto che lo stipendio era considerato un rimborso spese e non un reddito.
    Che l'aria sarebbe ben presto cambiata lo dimostra una legge emanata dal governo Segni nel 1955: "Disposizioni per le concessioni di viaggio sulle ferrovie dello Stato". Pensata per garantire l'esercizio del mandato popolare, finì per trasformarsi in un privilegio ingiustificato per una pletora sterminata di soggetti. Non solo i politici in carica e il Capo dello Stato ma anche gli ex: presidenti del Consiglio, ministri e sottosegretari (bastava un anno), parlamentari, alti papaveri dei dicasteri, cardinali, familiari del ministro e del sottosegretario ai Trasporti e perfino quelli dei dipendenti delle Camere.
    Un privilegio al quale, col passare del tempo, si sarebbero aggiunti una innumerevole serie di altri benefit - molti ancora esistenti - dai biglietti aerei alla telefonia fissa (e poi mobile), dalle tessere autostradali agli sconti sui trasporti marittimi. E così nel 1963, in appena 15 anni, grazie ai bassi salari che furono alla base del miracolo economico, col suo mezzo milione al mese un parlamentare era già arrivato già a guadagnare il quintuplo di un impiegato (il cui salario si aggirava sulle 100 mila lire) e otto volte più di un operaio (poco sopra le 60 mila lire).

    CONTINUO SOTTO

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  4. Ma le disparità sono anche nella dichiarazione dei redditi. Già, perché un terzo dell'indennità per deputati e senatori, dopo lunghe lotte assimilata al lavoro dipendente, resta esente dalle imposte (solo dal 1995 la tassazione è al 100% come tutti i comuni mortali). Senza contare che grazie a una generosa interpretazione del Testo unico delle imposte sui redditi (governo Craxi ) il prelievo fiscale si aggira attorno al 19 per cento.

    Intanto, anno dopo anno, i rimborsi aumentano a dismisura, dai viaggi di studio alle spese telefoniche, dai costi di trasporto a quelli di spostamento. Fino alle spese postali, in seguito soppresse: nel 1988 a ogni deputato veniva riconosciuto ogni mese il corrispettivo di 500 francobolli (erano 300 fino a un paio di anni prima), circa 350 euro odierni. Che poi si spedissero davvero tutte quelle missive, poco importa.
    Non fossero bastati i benefit, a fine anni '80 per le deputate finì in busta paga perfino l’indennizzo per il coiffeur. Già, perché non essendoci a Montecitorio il parrucchiere (al contrario dei colleghi maschi, che possono contare sul barbiere), alle parlamentari viene assegnato un rimborso forfettario sostitutivo. Come dire: scusate il disservizio, la messa in piega la offriamo noi.
    Questo aumento degli stipendi, fra l'altro, ha prodotto effetti a cascata anche sugli enti locali. Perché se gli eletti nelle Camere si sono agganciati ai magistrati di Cassazione, i consiglieri regionali hanno fatto altrettanto con i parlamentari. E ogni ritocco all’insù sancito dall'Istat è costato miliardi e miliardi di lire a tutta la collettività.

    L'ultimo colpo grosso - prima della sterilizzazione degli stipendi avviata nel 2006 e dei vari piccoli tagli apportati negli ultimi anni - risale al 1997: quasi 7 milioni al mese in più sotto forma di “spese di segreteria e rappresentanza” al posto dei precedenti contributi per i portaborse, che venivano erogati al gruppo parlamentare di appartenenza. In questo modo, non solo i soldi sono finiti direttamente sulla busta paga dell'onorevole, ma non è stato nemmeno più necessario rendicontarli (dal 2012 basta documentare il 50%).

    Risultato: molti parlamentari si sono tenuti i soldi e vari collaboratori hanno continuato a lavorare a nero . Che avesse ragione Calamandrei?


    DA Repubblica ( che è una merdaccia di settimanale ) del 03 giugno 2014

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  5. Caro Gianni Barbato, è tardi per cui ti rispondo sinteticamente. Quello che riporti è vero e documentato, ma intanto ci sarà pure una soglia oltre la quale fare politica diventa una cosa così economicamente conveniente da attirare quelli che amano il denaro sopra ogni cosa, così da scalzare quelli che la politica la fanno per passione (anche aggratisse). E io penso che questa soglia sia stata superata all'inizio degli anni 80, quando è cominciata la riscossa liberale.

    Inoltre, da allora non solo sono aumentati enormemente gli emolumenti dei parlamentari, ma anche la platea degli aventi diritto si è allargata in modo clamoroso. Tutto ciò non è certo un problema macroeconomico, visto che la somma dei cosiddetti costi della politica è comunque una goccia rispetto al costo delle decisioni politiche sbagliate, ma......

    ...... l'effetto sul processo di selezione delle classi dirigenti è stato catastrofico. Una cosa che un economista non può capire, così come ci sono cose che un ingegngngnere non può capire.

    #eccesemocapiti.

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