sabato 9 giugno 2018

Cuius Regio, eius Religio (economica)

"La Russia si concentra su altri formati": così il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, ha commentato dalla Cina le parole di Trump secondo cui alla Russia dovrebbe essere permesso di tornare nel G8. Lo riporta l'agenzia Ria Novosti.

Gli "altri formati" altro non sono che il G20. E' la dichiarazione ufficiale che apre l'era del multilateralismo, segnando la fine del tentativo di dominio unipolare globale perseguito dagli USA dalla la caduta del muro di Berlino. Un'era durata trenta anni, costellata di guerre imperiali fomentate dagli Stati Uniti nel tentativo di consolidare un predominio fondato sull'esorbitante privilegio di battere la moneta di riserva per gli scambi internazionali. Col quale ha finanziato la sua immensa macchina militare, seppure al prezzo di una progressiva deindustrializzazione inevitabile conseguenza del fatto di avere una bilancia commerciale cronicamente in perdita. Affinché il tentativo avesse successo era necessario disarticolare e rendere ininfluenti gli Stati nazionali. Obiettivo clamorosamente fallito.

La grande, quanto infida alleata degli USA, è stata l'UE. Infida perché, essendo dominata dalla Germania, essa ha agito come un mega Stato nazionale tedesco che ha perseguito un fine superiore alle sue forze: la globalizzazione ma nell'interesse della Germania. E, così agendo, ha finito con l' entrare in rotta di collisione con gli Stati Uniti mentre minava la coesione del progetto unionista europeo.

Il punto di biforcazione è stato il vertice di Rambouillet nel 1975.

Dal mio saggio "La resilienza dell'euro":

Il vertice di Rambouillet del 1975
«Il vertice di Rambouillet del 1975 (Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Stati Uniti e Giappone) poneva momentaneamente in secondo piano il processo di integrazione europea, sia economica che politica, promuovendo una strategia trilaterale mirante a coordinare le politiche delle aree industrializzate (USA, Europa e Giappone). La partecipazione dell’Italia (che inizialmente era stata esclusa) rappresentata da Aldo Moro, fu infine accolta perché il nostro Paese aveva, in quel momento, la Presidenza di turno della Comunità Europea, e anche per volontà degli Stati Uniti, ben al corrente del sostanziale disinteresse della DC dell’epoca, e in particolare proprio di Moro, per un’accelerazione del processo di integrazione europea. Ciò nonostante, per volontà della Francia e della Germania, il progetto non venne abbandonato.  Le ragioni furono di natura sia politica che economica. L’interesse politico era soprattutto dalla Francia, un paese che non si rassegnava al ruolo subalterno assunto dopo la fine della guerra mondiale, mentre la Germania coltivava un interesse soprattutto economico.»

L'errore - forse - fu quello di dare il via libera al progetto unionista europeo sottovalutando le pulsioni revanchiste della Germania. Ovvero, più in generale, dare per scontata la fine della funzione storica degli Stati nazionali. Fosse prevalsa l'impostazione USA, il combinato disposto della forza dei mercati angloamericani, europei e giapponesi non avrebbe avuto rivali. Forse.

Ma la Storia non si fa con i "se", per cui non resta che prendere atto della situazione attuale. La domanda inevasa è se, nel quadro di una visione frattalica dei processi storici basata sull'omotetia, siamo all'inizio o alla fine di una nuova guerra dei trent'anni. Si tratta di capire se, in base al principio dell'omotetia della Storia, l'accordo Cuius Regio, eius Religio (questa volta "economica") sia stato già raggiunto, oppure sarà l'inevitabile conclusione dopo decenni di conflitti che ancora ci attendono.

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