lunedì 11 giugno 2018

Non siamo tutti ladri e non siamo tutti gay. Basta!

Gay Pride a Bari col sindaco piddino Antonio Decaro
presidente dell'ANCI dal 2016
Credo che questa immagine fotografi alla perfezione il livello di volgarità psichica nel quale siamo sprofondati. Una volgarità psichica che è diretta conseguenza del processo di intossicazione mentale che l'intera popolazione subisce, da decenni, ad opera di agenzie culturali che tentano di imporre stili di vita e visioni amorali che sono frutto di una deriva aberrante dell'ideologia liberale, e che la svergognano. Questa tradizione, pur essendo avversaria del socialismo, ha avuto storicamente anche dei meriti, ma oggi è essa stessa vittima di un'interpretazione estremista, non più funzionale agli interessi di una classe borghese produttiva, in veloce ritirata e prossima a scomparire, bensì a quelli di un'escrescenza mostruosa e diabolica che, coniugando la tradizione talmudica con correnti di pensiero riconducibili alla riforma luterana e calvinista, sta allungando le sue spire su tutto il mondo occidentale e cristiano. Sono vittime di questo criminoso attacco ideologico sia i cristiani credenti che gli atei, ancor più gli agnostici, tutti comunque eredi della civiltà greco-romana, fondata sul binomio ragione-legge.

L'obiettivo finale di questo attacco è il principio di non contraddizione, o terzo escluso, che è stato per millenni il pilastro della filosofia e della religione nella cultura occidentale. Non solo la scienza e la filosofia, ma anche la teologia cristiana lo hanno sempre tenuto al centro delle rispettive elaborazioni e del loro confronto, ma oggi questo sembra non valere più. I punti di attacco sono stati due, uno "alto" che ha fatto perno sulla rottura dell'ordine razionale prodotta dalla crisi del positivismo, l'altro di natura più volgare indirizzato alla vaste masse, che si è giovato delle tecniche di propaganda e manipolazione pubblicitaria sviluppate a partire dagli anni 30 del secolo scorso.

Come molti sanno, a cavallo tra il XIX e il XX secolo il pensiero scientifico ha messo in discussione le sue stesse fondamenta epistemologiche. Dapprima con la crisi dell'illusione razionalista (il calculemus di Leibniz), poi con la scoperta della relatività e la nascita della meccanica quantistica, infine con il fallimento della sfida lanciata da David Hilbert (i ventitre problemi) e la presa d'atto definitiva dei limiti della mente umana (teoremi di incompletezza di Godel). Nello stesso periodo, anche nell'arte, nella musica, nella letteratura, si prendeva coscienza di questi sviluppi e si assisteva al fiorire di tendenze che, abbandonando i principi di razionalità e realtà oggettiva, si aprivano all'esplorazione dell'inconscio.

E' accaduto così che, per oltre un secolo, la speculazione razionale-filosofica-teologica sia stata progressivamente posta ai margini perché ormai ritenuta non più in grado di fornire risposte definitive e certe, sebbene si sia continuato a sfruttare le enormi potenzialità di progresso tecnico che la sua stessa crisi aveva prodotto. L'idea di Dio era morta, insieme con quella di ragione. Questo doppio lutto, che ha colpito i sostenitori delle visioni del mondo che si erano confrontate per due millenni, ha lasciato un vuoto che è stato immediatamente riempito dal binomio tecnica-potere.

Forse è un caso che la nave con i migranti respinti da Salvini si chiami Aquarius, ma la mia memoria associativa (razionale? irrazionale?) mi ha suggerito questo ricordo.


«Quando la luna entrerà nel settimo cielo e Giove sarà allineato con Marte, allora la pace guiderà il pianeta» (Aquarius)

Col tempo il modo di ragionare di un numero crescente di persone, anche colte, è cambiato: abbandonati i rigidi confini del ragionamento razionale (comune un tempo ai credenti e ai non credenti) sempre di più ha preso piede una forma di pensiero basata su associazioni emotive. Ne è un esempio questa pagliacciata al gay pride di Roma, con la Cirinnà che canta l'inno di Mameli.


Che fa il paio con l'episodio dei piddini (scusate la trivialità) che cantavano "Bella ciao" in Parlamento.


E' come se al Concilio di Trento i cardinali si fossero messi a cantare l'Allein Gott di Nikolaus Decius, oppure al congresso di Vienna si fosse cantata la Marsigliese! Siamo insomma davanti a un completo spiazzamento del linguaggio, il cui scopo però non è quello della provocazione culturale col fine di aprire la mente ad altre possibilità, e neppure quello di difendere minoranze oppresse. No, il fine è quello di scardinare l'ordine esistente, per sostituirlo con un caos liquido più facilmente governabile, soprattutto senza costose mediazioni, da parte dei signori della tecnica i quali, per consolidare il loro potere, hanno bisogno di annientare definitivamente il logos scientifico e razionale (quindi teologico) di cui l'occidente è debitore verso il mondo greco-romano.

Per restare sul tema kulandrico, costoro basano le loro richieste su un assunto la cui fondatezza è tutta nelle loro teste, cioè il fatto che (secondo loro) siamo tutti omosessuali, almeno un po'. Un'affermazione che mette in crisi praticamente ogni uomo e donna di questo mondo, poiché è noto che l'esplorazione della sessualità passa anche attraverso esperienze, spesso precoci, di innamoramenti per persone dello stesso sesso, la qual cosa istilla nelle menti il dubbio che sì, in fondo siamo tutti omosessuali, almeno un po'. Da ciò, costoro fanno seguire la tesi secondo cui il fatto che la stragrande maggioranza degli esseri umani opti per la scelta eterosessuale sia il frutto del condizionamento sociale, che per questa ragione deve essere indebolito fino a scomparire del tutto. E' una posizione del tutto omologa al "siamo tutti ladri, almeno un po'" dalla quale si facesse  discendere la richiesta di non punibilità del furto.

Si tratta di una sequenza illogica che ogni grande libertino, così come ogni grande ladro, dovrebbe respingere con assoluto e totale sdegno! Perché i grandi libertini e i grandi ladri, in ragione del fatto di essere delle minoranze, e dunque casi eccezionali, non solo non minacciano l'indispensabile ordine sociale, ma anzi ne fanno costitutivamente parte. Prova ne è che il popolo, nella sua saggezza e nella sua grandezza, ha sempre guardato con simpatia, e addirittura rispetto, ai grandi libertini e ai grandi ladri, mentre disprezza profondamente queste mezze cartucce che ogni anno vengono a skulettare dall'alto dei loro ridicoli carri colorati nelle strade delle nostre città; così come detesta i piccoli roditori voraci che rubacchiano facendo miserabili creste, ad esempio, sulle forniture ospedaliere.

Coloro che oggi aizzano e sostengono le rivendicazioni kulandre lo sanno bene, perché sono gli stessi che scatenarono la rivolta di tangentopoli, ma non a partire dai veri grandi furti a danno dei cittadini, bensì da piccole insignificanti tangenti, come quella di 3500 euro dell'ing. Chiesa per le pulizie del Pio Albergo Trivulsio. Tant'è che il popolo, nella sua saggezza e grandezza, si imbufalì per i piccoli furti dei sorci, ma ebbe e ancora ha rispetto per Raul Gardini, e ha votato e ancora vota il sommo ladro e libertino Berlusconi.

Non siamo tutti ladri per il fatto che una volta o due abbiamo rubato un pacchetto di caramelle, e non siamo tutti omosessuali per qualche bacio rubato nell'adolescenza. Così come non è la pressione sociale a spingerci alla scelta dell'onestà, né ci condiziona nella scelta eterosessuale, ma la nostra indole profonda. Ne consegue che una blanda pressione sociale nel senso della riprovazione è il rimedio migliore per porre un freno ai ladri di caramelle e ai piccoli libertini bisognosi, di tanto in tanto, di qualche brivido trasgressivo. Blanda nel senso della ricerca della soluzione ottima al problema della devianza, perché se fosse troppo forte produrrebbe più danni che benefici al corpo sociale. Questa fu la soluzione che la mia generazione, che è quella della liberazione sessuale post 68, scelse di adottare, ovvero una tolleranza civile che tuttavia non doveva, e non deve, arrivare agli eccessi di oggi.

La strada che invece ci è stata imposta, di questo si tratta, è stata quella di costruire e imporre, nell'universo simbolico contemporaneo, una successione di proposizioni rigidamente collegate e apparentemente conseguenziali: libertà personale, diritto alla scelta nelle questioni private, diritto ad esprimere ciò che si è, equivalenza dei diritti a prescindere dalle proprie scelte di autodeterminazione, da cui si fa derivare il diritto da parte di chi ha fatto alcune scelte ad avere gli stessi diritti di chi ne ha fatte altre più tradizionali. Una conclusione del tutto illogica perché, se Tizio ha fatto scelte diverse da Caio, ovviamente è diventato qualcosa di diverso da Caio, e non può, automaticamente, pretendere gli stessi diritti e doveri.

Eppure è tanta la voglia, e soprattutto l'interesse, di liquefare l'ordine sociale tradizionale, che si investono enormi risorse economiche e mediatiche per supportare l'assurdo, finendo così con lo scatenare l'isteria di una minoranza del mondo lgbt spingendola a comportamenti che, oltre ad essere ingiustificati alla luce della blanda pressione sociale odierna, sono grotteschi e oltre il limite della malattia psichiatrica. Ebbene, la foto di apertura di questo post ha il merito di esplicitare, nel modo più chiaro, il legame profondo che esiste tra le artificiose rivendicazioni estremiste del mondo lgbt e una questione che ha rilevanza dal punto di vista economico, cioè della redistribuzione del reddito: le migrazioni.

"Confini aperti come il culo" recita il cartello, cui non si può che rispondere con un'ovvietà: caro kulandro, il culo è tuo e ci fai quel che ti pare, ma i confini sono di tutti. E tu, voglio ricordartelo, fai parte di una minoranza. Non siamo tutti ladri e non siamo tutti gay. Basta!

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