sabato 8 dicembre 2018

Il dezzanismo

Il dezzanismo è una lettura geopolitica dell'atlante del caos che riduce tutto allo scontro tra potenze marittime e potenze terrestri, ovvero gli angloamericani da una parte e l'Eurasia dall'altra.


Uno degli autori più convinti di questa tesi è Federico Dezzani, che leggo sempre con piacere ma anche con cautela perché più di qualche volta esagera un po'. Ne è un esempio il suo ultimo articolo (dal quale ho tratto la cartina) che vi invito a leggere:

Geopolitica applicata al 2019


Trovo almeno due limiti nell'approccio di Federico Dezzani. Il primo è un certo fondamentalismo economico sul lato delle risorse di base - gas, petrolio, minerali, vie commerciali; il secondo consiste nell'idea di interpretare l'evoluzione a breve-medio termine facendo ricorso a una chiave geopolitica da tettonica a zolle: ammesso che sia vero che la grande direttrice della storia sia la dicotomia mare-terra, questo non è particolarmente utile per decifrare le mille increspature che ne derivano. Se a ciò si aggiunge il sospetto che il Dezzani faccia il tifo per la terra contro il mare capite perché, quando lo leggo, cerco di attivare tutte le mie capacità critiche. E tuttavia lo leggo ugualmente.

Nell'articolo linkato Dezzani accenna al fenomeno dei gilet gialli: «L’intenzione di Emmanuel Macron di emancipare la Francia e l’Europa dalla tutela americana è certamente all’origine della rivoluzione colorata nota come “gilet jaunes”: anziché “la corruzione”, si è scelta questa volta come pretesto per le manifestazioni, sempre più violente, il rialzo delle accise sui carburanti.»

Abbiamo visto le immagini degli scontri, trasmesse in tempo reale dal canale local team. Video di ottima qualità, professionale, nessun disturbo da parte della polizia, e questo mi lascia interdetto. Abbiamo visto qualche migliaio di gilet gialli, forse 5000, fronteggiati da un corposo e ben organizzato spiegamento di polizia. Alla fine, a parte qualche momento di particolare intensità, molto fumo e poco arrosto. Secondo Dezzani i gilet gialli sono un movimento eterodiretto; personalmente non ne sono certo, ma nutro più di qualche sospetto in tal senso. Eppure, se fosse vera l'ipotesi che i gilet gialli sono un movimento eterodiretto, ciò li renderebbe ancora più importanti, sebbene da una prospettiva completamente diversa rispetto all'ipotesi che siano invece un'eruzione spontanea nata nelle pieghe della società francese.

Se i gilet gialli sono un fenomeno evocato e assecondato da una sapiente manina angloamericana, allora il poco che abbiamo visto dalle dirette social assume un'importanza molto maggiore di quel che appare. Come sempre, nel tempo della politica spettacolo quello che conta veramente di una manifestazione non è il numero dei partecipanti, né quel che accade, ma il racconto che se ne tira fuori. Il vostro blogger di paese, quando aveva vent'anni, si fece tutte le manifestazioni del biennio 1977/78 girando da fricchettone (coi libri universitari nello zaino) in lungo e largo per l'Italia, per cui posso rivendicare un minimo di esperienza sul campo. Ebbi i primi sospetti quando, dopo aver partecipato ad una manifestazione con qualche migliaio di manifestanti molto rumorosa ma nulla più, il giorno dopo ne lessi su tutti i giornali italiani con titoli in prima pagina. A chi giova, mi domandai, dare tanta importanza alle manifestazioni dell'estrema sinistra? Lo capii molti anni dopo quando scoprii che, mentre io facevo l'indiano metropolitano, si era combattuto un duro confronto politico il cui esito aveva posto le basi dell'adesione al trattato di Maastricht.

Per questa ragione, nel post di ieri, ho concluso: "Sarà una replica della notte del 17 gennaio 1991, quando assistemmo in diretta all'operazione desert storm. In verità vedemmo ben poco di sostanziale, e credo che domani sarà lo stesso, ma il mondo cambiò. Ce n'est qu'un debut, preparon le combat!"

Di Maio e Salvini in Surplace?
Quello che dovremo fare è aguzzare la vista per scrutare quante e quali narrazioni diverse verranno proposte, da chi, con quale importanza. Già ora è possibile affermare che la narrazione "favorevole" ai gilet gialli è quella presente sui social, mentre tutto il sistema dei media - televisivi e su carta - tende a minimizzarne l'importanza quando non a nascondere l'evento. Questo come prima impressione, ma poi occorrerà condurre l'analisi più a fondo. Infine, dovremo continuare a domandarci perché, visto che il governo gialloverde ha ormai il controllo della televisione, su questo media nulla sembra essere cambiato dal tempo dei piddini. Sarà perché il governo gialloverde è un esecutivo che deve lavorare in surplace in attesa che altri e più importanti nodi vengano sciolti?

E naturalmente un occhio di riguardo al videoblog più seguito, byoblu, che non si sa più se è carne o pesce.

Quel che è certo, come ricorda lo stesso Dezzani, è che Trump ci è andato giù pesante:

Non serve sottolineare che, qualora in Francia gli equilibri interni al deep state siano cambiati, e dunque si sia deciso di liberarsi di un Presidente ingombrante e sempre più chiaramente inadeguato, un atto di così grande importanza deve essere adeguatamente preparato prima di essere offerto all'opinione pubblica. La funzione dei gilet gialli potrebbe essere proprio questa: montare un po' di disordini al fine di giustificare le dimissioni di Macron e il ritorno alle urne. Staremo a vedere.

La verifica di questa ipotesi, che riconosco essere un po' azzardata, sarà possibile molto presto. Un primo appuntamento cruciale è l'11 dicembre, quando si capirà se avremo un hard deal o un soft deal sulla Brexit; Se a questo dovessero seguire le dimissioni di Macron, per altro in contemporanea con l'uscita di scena della Merkel, allora sarà il caso di tenere d'occhio la Lega. Perché, qualora il deep state italiano decidesse di stare con la Germania, allora la crisi di governo sarebbe sicura e rientrerebbero in gioco Berlusconi e il PD. Vi ricordo che i numeri per un governo di centro destra, con l'appoggio del PD, ci sono.

1 commento:

  1. Forse dirò una dezzanata, ritenendo non trascurabile il tweet che Trump ha inviato di recente alla Ciiiina (Huawei), argomento caposaldo del piddinismo patologico, mentre oggi il progetto euro-peo sembra sul punto di implodere.

    Ci sta che I e Gb con i loro deep state sotto sotto abbiano cercato di boicottare F e D per conto degli amerikani, ma il costo sociale di questo tentativo oggi non è più sostenibile democraticamente; a parte brianzoli, banchieri e rentiers, imparanoiati dal sovranismo psichico, non frega più un cazzo a nessuno dell'euro-pa.

    Se l'Europa sta sulla stessa placca tettonica con Russia e Cina il deep state italiano è invecchiato sulla stessa zolla fangosa di Gelli, una garanzia di doppiogiochismo, campione nel salto sui carri dei vincitori; dopo di lui molti vincoli con gli Usa potrebbero non esserci più, a parte l'opportunismo a-ideologico...vedi che qualcosa di buono lo fa il postmodernismo?

    A giudicare da come Pechino procede nel conquistare (senza virgolette) l'Africa, dopo aver "conquistato" il debito Usa, non mi stupirebbe che finanziassero anche l'esodo dei ventenni africani.

    L'indecisione geopolitica attuale si riflette frattalicamente in quella del governo gialloverde, farà tendenza, come il battito di ali di una farfalla.

    https://www.repubblica.it/esteri/2018/12/06/news/huawei_arrestata_in_canada_meng_wanzhou_direttrice_finanziaria_e_figlia_del_fondatore-213519060/?refresh_ce

    https://www.panorama.it/economia/perche-la-cina-vuole-conquistare-lafrica/

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