giovedì 14 marzo 2019

Il contributo scolastico "volontario" e una proposta per la costituzione dei "soviet di classe"



Io sono un prof.

Ogni anno, di questi tempi, si aprono le iscrizioni all'anno successivo e le famiglie si trovano davanti alla richiesta di versare un contributo "volontario" di entità variabile da alcune decine di euro fino a qualche centinaio, spesso presentato, in modo più o meno subdolo, come obbligatorio.

Io credo che gli studenti e le famiglie dovrebbero organizzarsi per lanciare un'iniziativa del tipo "no taxation without representation" il cui fine sia la richiesta, tassativa e non negoziabile, che i proventi di questo contributo, che comunque deve restare volontario, siano totalmente sotto il controllo delle assemblee di classe degli studenti, delle famiglie attraverso i rappresentanti eletti, e con il coinvolgimento a titolo esclusivamente consultivo del consiglio di classe degli insegnanti.

Spesso vediamo in televisione film o serie sulla scuola che si sviluppano in ambienti che nulla hanno a che vedere, nemmeno lontanamente, con i locali degradati in cui studenti e insegnanti trascorrono oltre 200 giorni all'anno: muri scrostati, finestre con vetri pericolosi per l'incolumità degli studenti, finestre senza tapparelle, interruttori luce sfondati, Lim non funzionanti, lavagne tradizionali inadeguate, riscaldamento invernale insufficiente, banchi e sedie rotti, cattedre senza cassetti, mancanza perfino di attaccapanni, e molto altro, sono la quotidianità per centinaia di migliaia di studenti e insegnanti. Dopo la propria casa, le aule scolastiche sono il luogo dove i nostri studenti trascorrono più tempo per tutta la durata del loro periodo di apprendimento, dalle elementari alle medie superiori.

Considerando una media di 25 alunni per classe, un contributo di 100 € (ma si arriva anche a diverse centinaia di € nelle scuole frequentate dai figli della classe medio alta) significano una cifra di 2500 €/anno, i quali, per le sole superiori che durano cinque anni, sommano 12500 €. Se questa cifra, che è assolutamente volontaria, e non obbligatoria come molti dirigenti scolastici si sforzano di far credere, fosse interamente spesa per l'allestimento delle aule in cui gli alunni trascorrono almeno 200 giorni l'anno, in totale 1000 giorni sui cinque anni delle superiori pari al 55% dei giorni, le cose potrebbero cambiare radicalmente. Purtroppo non è così, perché i ricavi di questo contributo "volontario" vengono utilizzati in funzione sussidiaria rispetto ad altre attività che, invece, dovrebbero essere a totale carico dello Stato; e spesso per finanziare iniziative astruse che hanno un impatto minimo, quando non nullo, sulla qualità della vita degli studenti a scuola.

Ma se questo contributo è "volontario", e dunque non obbligatorio (chi provasse a comunicare a studenti e famiglie il contrario incorrerebbe in un reato penalmente perseguibile) allora vi è la possibilità di aprire un confronto con le istituzioni scolastiche che lo chiedono, al fine di imporre che il suo utilizzo sia sotto il controllo diretto delle famiglie che "volontariamente" scelgono di versarlo. Infatti, essendo il contributo "volontario", le famiglie possono ben decidere di non farlo se non viene accolta la più che giusta richiesta di controllarne l'uso. No taxation without representation, per l'appunto!

L'iniziativa dovrebbe nascere dagli stessi studenti, coadiuvati dalle famiglie, ma ritengo che a noi insegnanti spetti il diritto-dovere di chiarire la circostanza sia agli studenti che alle loro famiglie. Si tratta, semplicemente, di dire la verità, e cioè che il contributo è "volontario", cioè non dovuto in base a nessuna legge dello Stato, e che al suo eventuale mancato versamento non può in alcun modo corrispondere alcuna conseguenza per gli studenti le cui famiglie decidano di non effettuarlo!

Chiedo scusa se insisto sul concetto di non obbligatorietà del contributo volontario, ma purtroppo ho potuto verificare come questa semplice circostanza sia tenuta nascosta, e anzi come la comunicazione posta in essere da molte scuole tenda a spacciarlo come obbligatorio. Si tratta, ci tengo a ribadirlo, di una circostanza che potrebbe avere rilievi anche penali per i dirigenti scolastici e, più in generale, per l'intero corpo docente chiamato a legiferare sulla vita scolastica nel collegio docenti, e dunque responsabile delle decisioni qui assunte.

Sottomettere il contributo volontario, che in quanto tale dovrebbe assumere un carattere di soglia di riferimento, lasciando alle famiglie che possono permetterselo anche la libertà di contribuire con cifre maggiori (ovviamente in forma anonima) e a quelle in difficoltà di versare somme minori o addirittura nulla, al controllo degli studenti e delle loro famiglie, coinvolgendo il consiglio di classe degli insegnanti in funzione consultiva e propositiva ma senza diritto di voto sulle scelte ultime, avrebbe l'effetto di responsabilizzare gli studenti.

In tal modo le assemblee di classe cesserebbero di essere quel rituale stanco e privo di sostanza al quale siamo abituati da decenni, potendo gli studenti, finalmente, deliberare non sul nulla ma su cifre che cominciano ad avere una qualche rilevanza.

La democrazia sostanziale è anche un'abitudine mentale, il cui esercizio deve essere praticato fin dall'adolescenza e su questioni che abbiano sostanza. Non v'è un'età, come l'adolescenza, in cui i giovani abbiano le antenne più drizzate per capire in che razza di mondo sono capitati! Concedere loro assemblee di classe in cui non possono decidere su nulla di concreto e reale è un inganno, le cui conseguenze la società pagherà nel tempo.

Dunque che i nostri giovani studenti siano responsabilizzati sull'uso del contributo volontario che le loro famiglie sono invitate ad erogare. Che questo contributo sia da essi gestito, in collaborazione con le loro famiglie e con l'ausilio del corpo insegnante di classe, che vive con loro nelle aule per almeno 200 giorni all'anno.

Insomma, si costituiscano i soviet di classe!

1 commento:

  1. ho letto, non ricordo dove, che in alcune scuole i Presidi (o chi per loro) si riserva di comunicare l'accettazione dello studente, e quindi il buon esito della domanda di iscrizione, soltanto dopo il pagamento di questo contributo volontario.

    mi ricordo un Liceo di Padova.
    Ma se ne riportavano diversi di casi di questo tipo.

    ovviamente i genitori protestavano...ma anche volendo portare Preside (o chi per lui) in tribunale restava il fatto che il figlio per l'anno in questione non sarebbe stato ammesso.

    Questo nelle scuole con molte richieste di iscrizione e dove quindi qualcuno fuori ci resta.

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