mercoledì 6 marzo 2019

Sul manifesto di Patria e Costituzione

Avviso: mi viene segnalato che ho commentato un documento superato, sostituito da un nuovo manifesto concordato e condiviso da tre associazioni: Patria e Costituzione, Senso Comune e Rinascita! Ne prendo atto. Commenterò a tempo debito anche quest'ultimo, che ho già letto e mi sembra di primo acchito di maggiore spessore. L'articolo che state leggendo, pertanto, è unicamente riferito al vecchio manifesto di Patria e Costituzione, del solo Stefano Fassina.

Un po' di tempo è passato ed è giusto e necessario che io prenda posizione sull'iniziativa di Stefano Fassina "Patria e Costituzione". Lo faccio a partire dal manifesto, reperibile a questo indirizzo. Comincio col precisare che a me Stefano Fassina sta simpatico, come questa foto documenta. Si noti il mio sorriso disteso e fiducioso.

Io con Stefano Fassina - 16 luglio 2015
Lo avevo già incontrato il 7 gennaio 2013 ad un incontro a Frosinone sulla crisi di un'azienda locale, in occasione del quale gli avevo chiesto conto di alcune sue affermazioni, da me condivise, enunciate in un articolo sul Foglio, ma a mio parere non sufficientemente ribadite nel corso dell'incontro organizzato dai piddini di Frosinone con l'ovvio scopo di tenere buoni i lavoratori stretti tra la crisi generale e le riforme del governo Monti che avevano generato l'emergenza degli esodati. Nel video compare, verso la fine, la deputata locale on. Maria Spilabotte, la cui incisiva azione politica ha lasciato un segno rilevabile con le più avanzate tecniche della nanotecnologia.



Credo che il pensiero economico di Stefano Fassina sia ben sintetizzato da questo suo intervento al convegno del 4 febbraio 2013 "Liberare l'Italia", organizzato dall'Istituto Bruno Leoni (un covo liberale) e trasmesso in diretta da Radio Radicale.



Ciò detto e premesso passiamo all'analisi del manifesto di Patria e Costituzione. L'incipit recita «L’8 Settembre 1943, l’Italia, il Governo Badoglio, firmava l’armistizio con le potenze alleate. Quella data è, per una parte della nostra storiografia, per gli storici liberal-conservatori, la “morte della patria”. Per un’altra parte, la parte azionista, cattolico-sociale, socialista e comunista, legata ai protagonisti della Resistenza e dell’offensiva per la Repubblica, l’8 settembre 1943 è stata, invece, la “rinascita della Patria”: una comunità nazionale definita non soltanto da segni storici, culturali e linguistici, ma da libertà, democrazia, giustizia sociale, solidarietà, apertura, ossia l’impianto etico, politico e programmatico scolpito, attraverso l’Assemblea Costituente, nella nostra Costituzione.»

Esso coglie abbastanza bene la frattura irrisolta a partire dalla quale si è sviluppata la narrazione politica del trentennio successivo. L'equivoco fondamentale fu quello di celebrare il 25 aprile come una festa, invece che come un giorno di dolorosa contrizione per gli esiti degli errori commessi, che ci avevano condotto ad una guerra sbagliata e persa senza onore salvo il generoso e appassionato sforzo dei partigiani e quello mortifero, ma ugualmente degno di essere onorato, di molti giovani che ingenuamente si arruolarono sotto le insegne della repubblica di Salò.

Disclaimer: non mi rompete i coglioni! Ho passato una vita coi giovani, insegnando, e li conosco bene. Pertanto non rompetemi i coglioni che vi mando affanculo senza pietà. Che colpa hanno i giovani se gli adulti abdicano alle loro responsabilità e si mettono in massa ad acclamare il Duce, a quel tempo, oppure oggi a sproloquiare di globalizzazione bella buona e frou-frou? Non mi rompete il cazzo, perché io ho compassione e pietà per tutti i giovani che morirono in quella guerra civile, e nessun rispetto per quelli coi capelli bianchi che erano stati fascisti e oggi sono globalisti. Cioè sempre e comunque servi dei liberali!

Continua, dopo altre condivisibili enunciati, il manifesto: «Nel corso degli ultimi decenni, in particolare dopo il ’68, è prevalsa a sinistra, in nome di un’interpretazione parziale e di una visione subalterna di liberazione dell’individuo, la criminalizzazione della Patria e dello Stato nazionale. Lo “Stato borghese” veniva assolutizzato e conseguentemente lo Stato in quanto tale delegittimato e aggredito poiché identificato come strumento intrinsecamente oppressivo dentro i confini nazionali e aggressivo oltre confine.»

Come potrei non essere d'accordo? Ve l'ho già detto, Stefano Fassina mi piace, e mi è anche simpatico a pelle. Proseguendo nella lettura però la musica comincia a cambiare. Si legge: «In tale contesto, la prima approssimazione dell’ideale universale veniva e viene riconosciuta nell’Unione europea e nell’eurozona, iniziative meritevoli di incondizionata promozione in quanto inibitrici di sovranità nazionale e destrutturanti lo Stato nazionale. La preoccupazione per i totalitarismi alla base delle devastanti guerre mondiali della prima metà del ‘900 diventava così involontario sostegno ideologico e politico alla controffensiva liberista per lo smantellamento dello Stato nazionale, strumento, l’unico possibile, per il primato della politica democratica sull’economia, per la costruzione del welfare che è “State” o non è, per l’attuazione delle libertà e dei diritti della persona a cominciare dalla dignità del lavoro.»

Domando: che significa "involontario sostegno ideologico e politico alla controffensiva liberista per lo smantellamento dello Stato nazionale"? Involontario? Il minimo che si possa dire è che questo è un eufemismo. Cedere la sovranità popolare, sancita da una Costituzione emersa all'esito di una tragedia nazionale, sarebbe stato un atto involontario? Ma per favore!

Passetto dopo passetto il manifesto si auto-edulcora, per finire con questo passaggio: «Ma fare i conti con i dati di realtà non implica uscire dalla Ue o dall’euro. Vuol dire impostare una rotta realistica per la cooperazione sovranazionale. Può voler dire, impostare una ritirata costruttiva e condivisa da un terreno storico-politico impraticabile per evitare una rottura caotica. Insomma, un realistico second best per superare il baratro dei nazionalismi.»

Non so se piangere o ridere. Cosa significa "impostare una ritirata costruttiva e condivisa da un terreno storico-politico impraticabile per evitare una rottura caotica. Insomma, un realistico second best per superare il baratro dei nazionalismi."?

Potete continuare a leggere il manifesto, io mi fermo qui. Dunque per il timido Fassina la battaglia per la riconquista dell'indipendenza nazionale, perduta perché il nostro paese si è fatto parte in causa nell'ultimo conflitto mondiale schierandosi per una delle fazioni del capitalismo (quella perdente per sovrappiù), dovrebbe consistere in nell'impostare "una ritirata costruttiva per evitare una rottura caotica" onde superare "il baratro dei nazionalismi". E allora parliamoci chiaro: se le parole hanno ancora un significato, la riconquista dell'indipendenza nazionale E' una battaglia nazionalista. Quanto alla "ritirata costruttiva", ebbene questa non può che consistere nel recesso dai trattati europei, come pure con pari urgenza e necessità nella fuoruscita dal capitalismo inteso come sistema geopolitico di dominio degli interessi privatistici sugli Stati, cioè sulla politica. E questa fuoruscita, che non significa necessariamente instaurare un sistema collettivistico nel nostro paese, bensì nella riconquista del diritto della comunità dei popoli italici di riappropriarsi del potere di scegliere in completa autonomia il modello di convivenza economica e politica, non potrà mai avvenire senza il coraggio di affrontare una lotta durissima contro le forze imperialistiche che ce lo hanno sottratto. Siano queste l'Unione Europea ordoliberista o l'impero anglosassone emerso come sistema di potere dominante all'esito della lunga guerra dei trent'anni del XX secolo, dal 1913 al 1943.

Ora è possibile che io, che sono un cafone di campagna, non capisca le sottigliezze della politica e la necessità di agire per gradi, e che la via indicata da Stefano Fassina sia un "second best" ottimale per massimizzare le probabilità di riuscita. Non ho difficoltà ad ammetterlo, questo è ben possibile. E infatti Stefano Fassina mi è simpatico, non lo considero un volgare traditore e penso che egli si stia sforzando di tracciare una rotta politica possibile nel tempestoso mare in cui si ritrova la nostra Patria; però è anche vero che è necessario dire come stanno veramente le cose, un compito che ben si attaglia a un cafone di campagna qual io sono fui e sempre sarò. Questo è un abito che, nelle condizioni politiche attuali, è il solo che mi calzi a pennello e che, per lo svolgersi delle circostanze, mi ritrovo cucito addosso e ho intenzione di indossare.

Per le suddette ragioni non aderirò a Patria e Costituzione, e continuerò invece a sostenere la necessità di un risveglio dello spirito nazionale e patriottico della comunità dei popoli italici fattasi nazione un secolo e mezzo fa. Scelgo, con la piena consapevolezza del costo che ciò comporterà (nella migliore delle ipotesi nei termini di auto emarginazione dalle correnti dominanti nell'attuale dibattito politico in seno alle opposizioni) di essere un irriducibile patriota e nazionalista.

10 commenti:

  1. Ciao Fiorenzo, premetto che non ho mai nutrito simpatie per il fascismo, in quanto esso fu la continuazione con altri mezzi, almeno nella sua prima parte, del regime liberista. Inoltre non ho la simpatia per i regimi cosiddetti totalitari, in quanto ritengo che siano utili ai fini delle sedicenti democrazie rappresentative. Sostanzialmente è molto difficile far accettare alla propria opinione pubblica una guerra contro un’altra democrazia, mentre se c’è il dittatore di turno che posso additarlo come male assoluto, gli posso scatenare una guerra per impossessarmi delle risorse di quel Paese, o per avere il controllo di esso per la sua posizione geografica ( vedi Italia), facendola passare come una guerra di liberazione, o una guerra del bene contro il male. Non mi ritengo antifascista, perché l’anti è l’essenza stessa del fascismo, significa la non accettazione dell’altro.
    Se vogliamo seminare i semi di un mondo migliore, penso che il motto sia, la verità al di sopra di tutto, anche delle proprie simpatie o antipatie, anche a costo di riconoscere che l’avversario ha più ragioni storiche di te.
    Fatta questa indispensabile premessa, onde evitare qualsiasi tipo di equivoci, vorrei soffermarmi su alcuni punti che precedettero e poi seguirono la nostra entrata in guerra. La storiografia ufficiale sostiene che fu un errore, se non un crimine, o un colpo di testa di un uomo solo al comando, l’entrata in guerra del nostro Paese. Nessuno lo sottolinea, ma i paesi europei che rimasero fuori da quel conflitto, furono solo 4 , i due paesi della penisola iberica, probabilmente per la loro marginale posizione geografica, la neutrale Svizzera e Svezia. Come si possa affermare che una nostra eventuale neutralità ci avesse garantito da eventuali aggressioni è tutto da dimostrare. Anche Belgio, Olanda, Danimarca, Norvegia non erano paesi belligeranti, ma questo non bastò loro per non essere invasi. Il terzo Reich con l’annessione dell’Austria si estendeva fino al Brennero. Quali plutocrazie mobilitarono le loro truppe per impedire questo non lieto evento per il nostro Paese? Nessuno accorse in nostro soccorso, a Vienna in quei giorni si cantava torneremmo a Trieste. Erano passati solo 20 anni dalla conquista dei territori irredenti, che ci erano costati 650.000 morti tra i militari, un milione fra i civili, e una crisi socio/economica tipica dei Paesi che perdono la guerra. Si è vero, firmammo nel maggio del 39 quel patto d’acciaio che altro non era che un nodo corsoio che si stringerà al nostro collo in seguito, ma è altresì vero che già in quell’anno iniziarono i lavori del Vallo Littorio, che altro non era che una serie di fortificazioni sul confine austriaco, in funzione di ostacolare una eventuale invasione tedesca. Per cui nessuno può affermare con certezza che la nostra eventuale neutralità ci avrebbe garantito la pace. E questa è la prima mistificazione della propaganda antifascista che va avanti da 74 anni.
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  2. Secondo, durante il nostro periodo di non belligeranza, per la precisione ai primi di marzo del 1940, tre mesi prima della nostra entrata in guerra, gli inglesi loro si “democratici”, c’imposero il blocco navale su tutte le nostre navi che trasportavano il carbone dalla Germania, materia prima indispensabile per fare andare avanti la nostra industria siderurgica e meccanica. Ci offrirono il loro carbone e in cambio chiesero che le nostre industrie producessero le armi per l’impero di Sua maestà. Avevamo tre scelte, bloccare la nostra industria, con conseguente crollo del regime fascista, accettare il loro carbone, fornendo a loro gli armamenti a nostro nocumento, esponendoci così a sicura ritorsione tedesca, ovvero come abbiamo fatto entrare in guerra con la Germania. Su questo argomento si preferisce tacere, altrimenti la macchina della propaganda antifascista difficilmente potrebbe essere continuamente alimentata.
    Passiamo al terzo punto, la propaganda antifascista insiste da 74 anni che il regime fascista, o meglio Mussolini, reo di tutte le colpe dell’umanità, portò alla guerra un Paese totalmente impreparato, contro un nemico molto più potente di noi. Il maresciallo Badoglio, quello che accidentalmente lo troviamo sempre nei momenti più disgraziati per la nostra Nazione, sosteneva che il rapporto di forze in Libia era di 5 a 1 a favore degli anglofrancesi. Era vero? Secondo me se un accusa deve essere fatta al regime fascista, alla sua classe dirigente e segnatamente a quella militare, non è stata l’entrata in guerra che probabilmente era inevitabile, proprio per la posizione geografica dell’Italia, che si estende su mediterraneo, mare che in quel momento teneva connessa l’Inghilterra alle sue colonie d’oriente, bensì nel modo criminale per il Popolo Italiano per come è stata combattuta.
    Alle ore 9 del 5 giugno del 1940 Badoglio aggiorna i capi di Stato Maggiore, Soddu, Graziani, Pricolo, Cavagnari ed Armellini della decisione di entrare in guerra, ma che comunque soprattutto l’esercito e l’aeronautica avrebbero dovuto tenere una condotta strettamente difensiva su tutti i settori. Di solito se si dichiara guerra è perché si ritiene che il rapporto di forze, anche momentaneo ti sia favorevole, o almeno lo ritieni tale. L’Italia, o meglio le classe dirigenti di quel momento, è l’unico Paese che abbia dichiarato guerra sottostimando le proprie forze e sovrastimando quelle dell’avversario. Di solito è sempre successo il contrario.
    Il pomeriggio di quello stesso giorno 5 giugno 1940 il generale Weygand Capo di Stato Maggiore Francese viene informato che se anche l’Italia fosse entrata in guerra la Francia non doveva temere nessun attacco da parte Italiana, sia sulle Alpi, sia sulla Corsica che in Tunisia. Anzi Badoglio vieterà all’aviazione, anche per puri motivi di ricognizione, che nessun nostro aereo oltrepassasse la frontiera francese. Ognuno tragga le proprie conclusioni, a 5 giorni dalla nostra dichiarazione di guerra i francesi già sapevano che avremmo condotto una guerra strettamente difensiva, sostanzialmente non sparando un colpo contro di loro, i quali ne ricavarono un immenso vantaggio, prima militare, poi politico.
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  3. Ma adesso vediamo quali erano le soverchianti forze in campo a favore degli anglo/francesi al momento della dichiarazione di guerra dell’Italia tratto da “Tecnica della sconfitta di Franco Bandini.”
    In nord Africa l’aereonautica italiana aveva un rapporto di forze di 13 a 1 a suo favore rispetto l’avversario. In Tunisia il rapporto di forze per quanto concerne l’artiglieria è di 10 a 1 a nostro favore e 3 a 1 sempre a nostro favore per quanto concerne gli uomini. Sul confine Egiziano il rapporto di forze dell’artiglieria a nostro favore è di 5 a 1 e di 2 a 1 per le truppe. Ma mentre l’esercito inglese non può essere rinforzato nell’immediato, l’armata italiana in Cirenaica può attingere a volontà dalla riserva tripolitana.
    In Africa Orientale il nostro esercito contava di 260.000 uomini, di 1004 pezzi d’artiglieria, 8000 mitragliatrici, 8500 carri e vetture. Le forze opposte su tutti i fronti non possono che contare di 25.000 uomini con qualche decina di pezzi d’artiglieria e poche decine d’areoplani. Il rapporto di forza per gli uomini è di 10 a 1 a nostro favore, che diventa 20 a 1 per le artiglierie e ancora maggiore per le armi di reparto e per le munizioni.
    Alla frontiera francese, dove tre divisioni ridotte attendono il nostro urto, al 10 giugno del 1940, noi possiamo contare di 22 divisioni più alcuni raggruppamenti speciali per un totale di 300.000 uomini armati con 3000 pezzi d’artiglieria, 4300 mitragliatrici più di 3000 mortai e più di 5000 fucili mitragliatori. La nostra superiorità in quel fronte è schiacciante, ma tutti hanno l’ordine di non sparare un colpo.
    Tutto sommato e senza contare il resto del dispositivo militare italiano che conta di altrettanto uomini e mezzi sono direttamente in contatto con il nemico il 10 giugno circa 800.000 uomini armati con un totale di 6000 cannoni e 18.000 mitragliatrici. Il nemico non oppone, compreso lo schieramento sulle Alpi, che un massimo di 180.000 uomini 500 pezzi d’artiglieria. Ma questa situazione favorevole migliorerà ancora dopo pochi giorni: la scomparsa della Francia ridurrà a 80.000-90.000 gli effettivi inglesi presenti con circa 200 pezzi d’artiglieria.
    La Marina italiana scende in guerra con un rapporto di forze sensibilmente più incerto. Ma dispone pur sempre di 4 navi da battaglia, due delle quali modernissime e di un potente nucleo d’incrociatori, formato da 7 unità da 10.000 tonnellate e da 12 incrociatori leggeri. Oltre 100 sommergibili completano uno schieramento che, se non ha una decisa superiorità delle forze avversarie prese nel loro complesso lo possiede certamente nell’ambito del Mediterraneo.
    Per quanto concerne i Radar grazie al Professor Ugo Tiberio gli Italiani potevano averli già dal 1939. Interessanti sono le note a pag 416 del testo. Per cui nessuno può affermare se non in malafede che la comparsa di tale strumento fu una vera e propria sorpresa.
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  4. Da questi numeri mai stati smentiti, il libro fu scritto nel lontano 1963, ognuno tragga le proprie conclusioni.
    Per quanto riguarda l’armistizio, ma sarebbe più corretto dire che il Governo Italiano presieduto da Badoglio, è sempre lo stesso che scappò da Caporetto con tanta fretta per raggiungere Padova lasciando 4 divisioni senza nessuna direttiva, firmò una RESA INCONDIZIONATA, il 3 settembre 1943 a Cassibile, lasciando senza ordini un esercito di 1.200.000 uomini, alla mercè delle inevitabili ritorsioni dei tedeschi, senza nessun piano per contrastare la loro occupazione, come non aveva nessun piano il giorno dell’entrata in guerra dell’Italia. Quella resa fu perfezionata il 29 settembre a Malta, ma quel governo che legittimazione aveva per poterlo firmare, considerando che erano tutti scappati da Roma e che lo stesso si era insediato su una piccola parte del territorio Italiano? Rappresentava anche quella parte d’Italia (2/3) governata dalla Repubblica sociale di Salò?
    Quello fu chiamato l’armistizio lungo, costituito da 44 articoli che regolavano il controllo politico, economico e militare dell’Italia occupata da parte dei vincitori. Peccato che due terzi dell’Italia dovevano ancora occuparla. La normativa disponeva tra l’altro anche la messa a disposizione degli alleati del materiale bellico, nonché il controllo sui trasporti interni e gli impianti portuali. Stampa, radio, cinema e teatro erano sottoposti alla censura ( ma non eravamo stati liberati dalla dittatura) della Commissione alleata di controllo. L’Italia poi doveva rompere le relazioni diplomatiche con i Paesi in guerra contro le Nazioni Unite e infine il governo Italiano era obbligato ad assicurare agli angloamericani TUTTA LA VALUTA ITALIANA da essi richiesta.
    Nel febbraio del 1947 il governo De Gasperi firmò il trattato di pace a Parigi di cui l’art 16 c’impediva di processare tutte quelle persone, civili e soprattutto militari che avevano collaborato con gli alleati nel periodo dall’entrata in guerra fino alla nostra resa incondizionata.
    Se dopo l’otto settembre c’è stata la rinascita della Patria, provate a chiedere a Mattei, Moro e Craxi, cosa ha significato contrapporsi con i nostri liberatori, con le loro decine e decine di basi militari sul nostro territorio. Solo a Vicenza, mia città natale, ci sono 12.000 soldati americani.

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  5. Mauro, scusa, ma se è vero, ed è vero, che la primigenia perdita di sovranità del nostro Paese è dovuta al miserabile epilogo del cialtronesco ventennio fascista, perché si insiste a voler fare risalire la perdita della sovranità nazionale alla adesione alla UE?
    Lo chiedo perché la strada della riconquista di una effettiva sovranità dei popoli europei sconfitti nella seconda guerra mondiale è stata vista, nella sinistra europea e non solo, solo all' interno di un percorso di costruzione di una Europa unita.
    Il popolo tedesco ad esempio è riuscita a gestire negli di noi italiani questo processo di recupero della piena sovranità, che con l' aiuto della Francia sarà anche militare.

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  6. Ippolito, se mai questo Paese abbia goduto di piena sovranità, ma ne dubito molto, l'avevamo persa ancora prima di entrare nel conflitto della seconda guerra mondiale. Quando un paese straniero, t'impone un blocco navale, decide lui quanto puoi importare, che significa quanto puoi produrre e quanto puoi esportare, la sovranità l'hai bella che persa già nel marzo del 1940. "Perchè si insiste a voler fare risalire la perdita della sovranità nazionale alla adesione alla UE?" Mettiamola così per poca serietà o per propaganda.
    La sinistra in Italia, PCI e PSI erano fortemente contrari alla costruzione europea, il PCI fino al 1979, il PSI sino al 1957 quando sulla ratifica del trattato di Roma, che istituiva il mercato comune europeo si astenne. A prova di ciò basta ascoltare i discorsi di Togliatti, di Di Vittorio o di Basso
    Per quanto concerne la Germania, essa la guerra l'ha fatta per vincerla, ho grosse difficoltà a dire la stessa cosa sul nostro Paese e questo conta nel proscenio mondiale, non puoi avere peggiore immagine che fare una guerra per non vincerla. Domandiamoci allo scoppio della guerra, casa Savoia da che parte stava, soprattutto la nuora belga del re grande amica di Badoglio? E il Vaticano da che parte stava soprattutto nella persona di Mons. Montini? I rappresentanti della grande industria del nord, i vari Agnelli, Pirelli, Olivetti, Cuccia, da che parte stavano nel 1940 o anche prima? E i vertici dell'esercito ad iniziare da Badoglio, dove si vociferava che avesse preso 50 milioni di franchi francesi per non far entrare l'Italia in guerra, o almeno ritardarne il più possibile l'ingresso da che parte stavano? E l'Ammiraglio Maugeri, capo del reparto informazioni dello stato maggiore della Marina, il SIS (Servizio Informazioni Segrete), decorato dagli americani il 4 luglio 1948 per "servizi resi al governo degli Stati Uniti" da che parte stava?

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    1. Ippolito, ho acquistato un libro che mi ha segnalato Mauro (la tecnica della sconfitta di Franco Bandini) e ho cominciato a leggerlo. Su una cosa credo che converrai: è ora di riesaminare la storia del nostro paese, in particolare della prima metà del XX secolo. Ci sono troppe cose che non quadrano nelle versioni ufficiali.

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    2. Per carità, il revisionismo storico di quella lega, che non è nient' altro che il tentavivo di rivalutare il nazifascismo, lo lascio volentieri a chi ha votato o voterà casa CPI.

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  7. A me sembra evidente che se gli altri fanno i bulli mettersi a imitarli cercando di spezzare le reni a qualcuno non ancora bullizzato non porti bene, a livello spirituale in primo luogo.

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  8. A proposito delle sottigliezze del manifesto in oggetto, da ex piddino mi ricorda tanto il veltronismo metodologico del "ma anche": L'euro-pa ma anche la Patria.

    Ah, se mi girano...Fassina un po' ci fa ma un po' anche lo è.

    Il buonismo ecumenico dei piddini, quelli che accolgono a cuore o culo aperto la forza lavoro di riserva del Capitale, si sostiene anche con la falsa spiritualità del Vaticano, che pretende di stare sempre sopra le parti, con il Capitale ma anche con l'operaio, quello bianco ma anche quello a metà prezzo.

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