giovedì 7 marzo 2019

Vladislav Surkov, consigliere del Cremlino, spiega perché il futuro è russo


Tratto da Medium.com
Vladislav Surkov
“Il fatto di avere una scelta è solo un’apparenza”. Parole di una profondità e di un’audacia sorprendenti. Pronunciate più di dieci anni fa, oggi sono dimenticate e non vengono citate. Ma secondo le leggi della psicologia, quello che dimentichiamo c’influenza più di quello che ricordiamo. E queste parole, andando lontano dal contesto nel quale sono state pronunciate, sono alla fine diventate il primo assioma della nuova statualità russa, sul quale si sono create tutte le teorie e pratiche della politica attuale.
L’illusione della scelta è un’illusione molto importante, il trucco per eccellenza del modo di vivere occidentale in generale e in particolare quello della democrazia occidentale, da molto tempo ormai sempre più soggetta alle idee di Barnum che di Clistene. L’abbandono di questa illusione in favore del realismo della predeterminazione ha condotto la nostra società, dapprima a pensieri su un proprio, particolare e prettamente russo tipo di sviluppo democratico, e poi alla perdita totale di’interesse per le discussioni su come dovrebbe essere la democrazia o se ce ne sia bisogno. Si sono aperte le vie della costruzione dello Stato, indirizzata non da chimere d’importazione, ma dalla logica dei processi storici, da quella precisa “arte del possibile”.
L’impossibile, innaturale e antistorico decadimento della Russia è stato, seppur con qualche ritardo, fermato a dovere. Crollando dal livello dell’URSS al livello della Federazione Russa, il Paese ha smesso di cadere a pezzi, ha cominciato a riprendersi ed è ritornato al suo unico possibile e naturale stato di grande comunità di popoli, sempre in espansione e pronto alla conquista di nuovi territori. L’ importante ruolo assunto dal Paese nella storia mondiale non permette di lasciare il palco o tacere tra la folla, non promette tranquillità e predetermina il carattere particolare della statualità locale. Ed ecco che la nazione Russia va avanti e ora si tratta di una nazione di tipo nuovo, che non abbiamo mai avuto.
Avendo preso forma, nel suo complesso, verso la metà degli anni duemila, è tuttora poco studiata, ma la sua diversità e capacità di sopravvivenza sono evidenti. Gli stress-test ai quali è stata sottoposta e continua ad essere sottoposta, mostrano che proprio questo modello di sistema politico, assemblatosi organicamente, sarà uno strumento efficace per la sopravvivenza e ascesa della nazione russa non solo per i prossimi anni, ma per decenni, e quasi sicuramente per il secolo a venire. Nella storia russa sono conosciuti quattro principali modelli di statualità, che possono essere convenzionalmente chiamati con il nome dei propri creatori: lo stato di Ivan III (Granducato/Regno di Mosca e di tutta la Russia, XV-XVII); lo stato di Pietro il Grande (Impero Russo, XVIII-XIX); lo stato di Lenin (Unione Sovietica, XX secolo); lo stato di Putin (Federazione Russa, XXI secolo). Creati da persone, esprimendosi alla maniera di Gumeliov, di “lungimirante arbitrio”, queste macchine politiche, avvicendandosi, correggendosi e adattandosi ai tempi, secolo dopo secolo hanno garantito al mondo russo un persistente movimento verso l’alto.
L’immane macchina politica di Putin sta solo ora cominciando ad aumentare i giri e si sta assestando per un lungo, difficile ed interessante lavoro. Il massimo della sua potenza è ancora lontano e quindi anche tra molti anni la Russia sarà ancora lo stato di Putin, simile a come la Francia di oggi continua ancora a chiamarsi la Quinta repubblica di De Gaulle, la Turchia (anche avendo gli antichemalisti al potere) ancora si regge sull’ideologia delle “Sei Frecce” di Ataturk, e gli Stati Uniti continuano ad attingere alle figure e agli ideali dei quasi mitici “padri-fondatori”. È necessaria la comprensione, l’interpretazione e la descrizione del sistema di governo putiniano, ma anche di tutto il complesso di idee e dimensioni del putinismo come ideologia del futuro. Soprattutto del futuro, poiché il Putin del presente è a malapena un putinista, così come per esempio Marx non era marxista, e non è detto che avrebbe accettato di esserlo, se avesse saputo cos’era. Ma questo bisognerebbe farlo per tutti quelli che non sono Putin, ma vorrebbero essere come lui — per avere la possibilità di trasmettere i suoi metodi e approcci nei tempi a venire. La descrizione dove essere eseguita non nello stile delle due propagande, nostra o non nostra, ma usando una lingua che la retorica ufficiale pro-russa e anti-russa percepirebbe come moderatamente eretica.
Una lingua simile può soddisfare un pubblico abbastanza vasto, che è quello che serve, poiché il sistema politico creato in Russia è valido non solo per un futuro entro i confini di casa, ma ha un chiaro potenziale per essere esportato. La richiesta di questo sistema o alcune parti di esso già esiste, l’esperienza viene analizzata e parzialmente adottata, inoltre, il sistema viene emulato sia dai gruppi al potere che quelli facenti parte dell’opposizione, in vari paesi. I politici stranieri addossano alla Russia l’intromissione nelle elezioni e nei referendum in tutto il mondo. Nella realtà la cosa è molto peggiore: la Russia entra nel loro cervello ed essi non sanno che fare con la propria coscienza alterata. Dopo che il nostro paese, passato il disastro degli anni ‘90, ha smesso d’importare ideologie, ha iniziato a creare propri concetti ed è passato alla controffensiva mediatica ai danni dell’occidente, gli esperti europei e americani hanno cominciato sempre di più a fare errori di valutazione nei pronostici. Sono stupefatti e irritati dalle preferenze ‘anomale’ dell’elettorato. Trovatisi in uno stato di smarrimento, hanno proclamato l’invasione del populismo. Si può anche dire così, se si è a corto di termini. Intanto il marcato interesse degli altri paesi per gli algoritmi politici russi è comprensibile: non vi è profeta in patria loro e tutto quello gli sta succedendo è stato già da tempo profetizzato in Russia.
Quando tutti ancora stavano impazzendo per la globalizzazione e inneggiavano a un mondo piatto senza confini, infatti, Mosca aveva chiaramente ricordato del fatto che la sovranità e gli interessi nazionali hanno importanza. Molti a quei tempi ci incolpavano di esserci “ingenuamente” attaccati a questi concetti così fuori di moda. Ci insegnavano che non ha senso restare aggrappati ai valori del XIX secolo e che bisogna coraggiosamente entrare nel XXI secolo, privo di stati sovrani o nazioni. Tuttavia nel XXI è andata alla nostra maniera. La Brexit inglese, il “#grateagain” americano, lo sbarramento anti-migratorio dell’Europa, sono solo i primi punti di una lunga lista di manifestazioni di antiglobalismo, risovranizzazione e nazionalismo che hanno luogo un po’ da tutte le parti. Quando dovunque echeggiavano elogi a internet, definito come uno spazio intoccabile, dove avrebbe dovuto regnare una sconfinata libertà, dove tutti avrebbero potuto tutto, e dove tutti sarebbero stati uguali, proprio dalla Russia è partita la domanda per far rinsavire l’umanità inebriata: “ma noi chi siamo nella rete globale? I pesci o i pescatori?”. Oggi tutti si sono lanciati a slegare la rete, comprese le burocrazie più amanti della libertà, e ad accusare Facebook di assecondare intrusioni estere.
Il libero spazio virtuale di una volta, pubblicizzato come il prototipo di un imminente paradiso, è stato catturato e delimitato dalla polizia cibernetica e dalla malavita cibernetica, da eserciti cibernetici e spie cibernetiche, da cyber-terroristi e cyber-moralisti. Quando l’egemonia “dell’egemone” non veniva contraddetta da nessuno e il grande sogno americano del dominio sul mondo stava per realizzarsi e molti sembrano aver intravisto la fine della storia con la nota finale “i popoli tacciono”, nel silenzio che si era creato ad un tratto ha risuonato il discorso di Monaco (di Vladimir Putin, ndr). A quei tempi è sembrato roba da dissidenti, invece oggi il suo contenuto è lapalissiano: nessuno è contento dell’America, compresi gli americani. Non molto tempo fa il termine poco conosciuto “derin devlet”, proveniente dal dizionario politico turco, è stato diffuso dai media americani con la traduzione “deep state” e solo da lì si è trasmesso ai media russi. In russo è stato tradotto come “stato profondo” o “stato in profondità”. Il significato del termine è: rigida e assolutamente antidemocratica organizzazione del controllo effettivo degli organi per la sicurezza dello stato celato dietro a istituti democratici esterni e messi in mostra di proposito. Un meccanismo che in pratica agisce usando la violenza, la corruzione e la manipolazione, nascosto molto al disotto della società civile, in parole povere (dette con ipocrisia o ingenuità), la manipolazione, la corruzione e l’uso della violenza contro chi critica il sistema.
Dopo aver scoperto questo vile “stato profondo” in casa loro, gli americani non si sono proprio meravigliati, poiché era già da tempo che sospettavano della sua presenza. Se esistono il deep net o il dark net perché non possono esistere un deep state o un dark state? Dagli abissi e dal buio di questo potere non ufficiale e celato al pubblico, vengono a galla splendenti miraggi di democrazia creati in quei luoghi per il grande pubblico: l’illusione della scelta, la sensazione di libertà, di superiorità… La diffidenza e l’invidia, usate dalla democrazia in qualità di fonti prioritarie per alimentare l’energia sociale conducono in una maniera soddisfacente all’assolutizzazione della critica ed all’innalzamento del livello di ansia. Gli haters, i troll e i bot malvagi che si sono aggiunti a loro hanno creato una società strillante, scalzando dalla posizione di dominio l’onorevole classe media che una volta dettava toni completamente differenti. Nessuno ormai crede nelle intenzioni benevoli dei politici, essi sono oggetto di invidia e quindi sono considerati esseri depravati, maligni e a volte dei veri e propri farabutti. Le famose serie televisive da “Boss” ad “House of Cards” rispettivamente disegnano un quadro veristico delle brumose giornate lavorative dell’establishment. Non si può lasciare che un farabutto si spinga troppo in là per il semplice fatto che è un farabutto. E quando (in teoria) attorno vi sono solo farabutti, per contenere i farabutti, bisogna usare altri farabutti. Chiodo scaccia chiodo, un mascalzone viene espulso da un altro mascalzone. Vi è una vasta scelta di mascalzoni e di regole intricate, usate per rendere il conflitto tra questo tipo di persone il più equilibrato possibile. Ed è così che si forma il sistema benigno di arginamento e contrappesi, un bilanciamento dinamico dell’infimo, un’armonia della birbantaggine. Se qualcuno arriva a spingersi troppo oltre e si comporta in maniera disarmonica, il vigilante “stato profondo” viene in soccorso e con la sua mano invisibile trascina l’apostata sul fondo.
In realtà non vi è nulla di terrificante in questa rappresentazione della democrazia occidentale, bisogna solo cambiare di poco l’angolo della visuale, e non farà più così paura. Ma un residuo comunque rimane e il cittadino occidentale comincia a girare la testa per cercare altri metodi o campioni di esistenza. E vede la Russia. Il nostro sistema, come del resto tutto quello che ci riguarda, non ha un aspetto più sopraffine, ma almeno è più sincero. E anche se per la maggior parte di tutti il termine “più sincero” non è sinonimo di “meglio”, non vuol dire che sia privo di fascino. Il nostro stato non si divide in “stato profondo” o “stato esteriore”, è un’entità intera, con tutte le proprie peculiarità e manifestazioni visibili alla luce del sole. Le strutture più brutali dell’intelaiatura sono visibili direttamente sulla facciata senza essere coperti da eccessi architettonici. La burocrazia, anche quando fa la furba, non sembra farlo al meglio delle proprie possibilità, come per dimostrare che “tanto tutti capiscono tutto”. La grande pressione interna collegata alla necessità di trattenere enormi aree non omogenee e il continuo trovarsi all’interno del ciclone dei conflitti geopolitici, conferiscono alle funzioni dei militari e alle forze dell’ordine un’importanza molto alta e decisiva. Per tradizione essi non vengono nascosti, al contrario vengono esibiti al pubblico, poiché la Russia non è mai stata governata da mercanti (quasi mai, tranne alcuni mesi del 1917 e alcuni anni nel decennio 1990–1999), che hanno sempre considerato l’apparato militare meno importante di quello commerciale, e dai liberali affini ai mercanti, le dottrine dei quali erano fondate sul diniego di tutto ciò che è poliziesco anche in minima parte. Non vi era nessuno che potesse tappezzare la verità di illusioni, trasferendo timidamente in secondo piano e nascondendo più in profondità la caratteristica immanente di ogni stato — essere un’arma di difesa e di attacco.
In Russia non vi è uno “stato profondo”, è tutto in superficie, in compenso abbiamo un “popolo profondo”. Sulla superficie lucida risplende l’elite, che secolo dopo secolo (e bisogna rendergliene conto) coinvolge il popolo in alcune delle sue manifestazioni — riunioni di partito, guerre, elezioni ed esperimenti economici. Il popolo prende parte a questi atti ma in modo parziale, senza farsi vedere in superficie, vivendo nelle proprie profondità una vita diversa. I due tipi di vita nazionali, di superficie e di profondità, a volte vengono vissuti muovendosi in direzioni opposte, a volte nella stessa, ma mai si mischiano per diventare tutt’uno. Il popolo profondo sa sempre quello che vuole, è irraggiungibile, né dai sondaggi sociologici, né dalla propaganda, né dalle minacce o altre forme di studio o di influenzamento diretti. La comprensione del sapere chi è, che cosa pensa e che cosa vuole, spesso arriva all’improvviso e tardi, e non si manifesta in chi può fare qualcosa. Una minima parte dei sociologi si cimenterebbero nel cercare di stabilire con certezza se il popolo profondo rappresenti tutta la popolazione o solo una parte di essa, e se fosse una parte, allora quale? In varie epoche il titolo di popolo profondo è stato addossato o ai contadini, o alla classe operaia, o ai senzapartito, o agli hipster o ai funzionari statali. Esso è stato “cercato” ed “esplorato”. Venne considerato vicinissimo a Dio o viceversa. A volte si pensava che fosse tutta un’invenzione e che non esistesse nella realtà, davano il via a galoppanti riforme senza vedersela con lui, ma sbattevano su di esso all’istante, rendendosi conto del fatto che qualcosa in realtà “doveva esserci”. Esso si è ritirato più volte soffrendo gli attacchi dei conquistatori sia interni che esterni, ma è sempre ritornato. Con la sua immane supermassa, il popolo profondo crea un’invincibile forza di gravità culturale, che unisce la nazione e attrae (schiaccia) verso il suolo (verso la terra madre) l’elite che cerca sempre di prendere un volo cosmopolita.
La parola nazionalità (o popolazione) qualunque cosa essa voglia dire, precede la statualità, ne modella i lineamenti, limita le fantasie dei teoretici e forza i pratici a compiere determinate azioni. È un potente attrattore al quale inevitabilmente conducono tutte le traiettorie politiche, nessuna esclusa. In Russia su può cominciare da qualsiasi cosa: dal conservativismo, dal socialismo, dal liberalismo, ma si arriverà più o meno sempre alla stessa cosa, cioè allo stato attuale. La capacità di ascoltare e di capire il popolo, di guardarci attraverso, in tutti i suoi angoli, ed agire di conseguenza, è la qualità unica e più importante dello stato di Putin. Esso si adegua al popolo, rema nella stessa direzione, e quindi non è soggetto alla devastante pressione della corrente contraria della storia. Pertanto è efficace e longevo. Nel nuovo sistema tutte le istituzioni si occupano dello stesso compito — il dialogo fiduciario e l’interazione tra sommo comandante e i cittadini. I vari rami del potere si incontrano nella persona del leader, e la loro importanza viene considerata solo nell’ambito del modo di come interagiscono con esso. Oltre a loro, bypassando le strutture formali e i gruppi dell’elite, funzionano anche i sistemi di comunicazione informali. E quando la stupidità, il regresso o la corruzione creano interferenze nella linea di comunicazione con la gente, vengono attuate energiche misure per il ripristino dell’udibilità.
Le istituzioni politiche multilivello prese in prestito dall’Occidente a volte da noi vengono considerate rituali, adottate più per essere “simili a tutti”, in modo che la diversità della nostra cultura politica non dia troppo nell’occhio, non irriti né spaventi i nostri vicini. Sono come un abito della sera, che viene messo per andare da qualcuno che non si conosce, e da noi invece ci si veste in abiti da casa, ognuno sa già quello che indosserà. In realtà la società si fida solo del leader. Che sia la fierezza di un popolo che non è mai stato conquistato, o la volontà di spianare la strada alla verità o qualcos’altro è difficile dirlo, ma è un dato di fatto, e non una novità. La novità è che lo stato non ignora, prende atto e si basa su questi fatti quando vuole introdurre qualcosa di nuovo. Si potrebbe semplificare incanalando il tema nel famoso concetto della “fiducia nel re buono”. Il popolo profondo è ben lungi dall’essere ingenuo e a malapena considera la benevolenza come uno dei pregi del re. Piuttosto potrebbe parlare di sovrano giusto usando le parole di Einstein su Dio: “Ingegnoso ma non disonesto”. Il modello attuale dello stato russo comincia con la fiducia e su essa si regge. Questa è la sua fondamentale differenza dal modello occidentale, che coltiva la diffidenza e la critica. E la sua forza sta in questo. Il nostro nuovo stato nel secolo a venire avrà una storia duratura e raggiante. Non si spezzerà. Farà a modo suo, salirà e si tratterà sul podio della premier league della lotta geopolitica. Prima o poi tutti quelli che pretendono che la Russia “cambi atteggiamento” si dovranno rassegnare. Perché sembra che abbiano una scelta — ma in realtà non è che una parvenza.
Traduzione di Anton KhazovL’articolo è apparso l’11 febbraio 2019 sul quotidiano NEZAVISIMAIA GAZETA.

7 commenti:

  1. 'mmazza che so' forti sti russi!

    Ma nel 17 non era russo pure lo Zar, come Putin?
    E se il popolo è imprevedibile...je l'ha tirata?

    Ok, lo Zar era un leader che affamava e Putin un follower che blandisce, ma non è addirittura peggio di un "re buono"?

    Della propaganda stile guerra psicologica vietnamita resta un punto fermo, la Russia invincibile...in effetti, pe' fa' freddo fa freddo.

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  2. Ps. Sebbene alcune cose che dica il non patriota ceceno, soprattutto quando rivolge lo sguardo oltre la sua matrigna russa, sono condivisibili.
    Ma la cornice e il tono è quello della propaganda.

    Sommariamente dice che l'alernativa al circo Barnum in cui si è ridotta la democrazia dei greci è quella degli oligarchi russi che danno qualche spicciolo al popolo, come le campagne "dagli al frocio".

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  3. Un utile raffronto con Mussolini

    1) “L’illusione della scelta è un’illusione molto importante, il trucco per eccellenza del modo di vivere occidentale in generale e in particolare quello della democrazia occidentale, da molto tempo ormai sempre più soggetta alle idee di Barnum che di Clistene. “
    M.) Regimi democratici possono essere definiti quelli nei quali, di tanto in tanto, si dà al popolo l'illusione di essere sovrano.

    2)” L’ importante ruolo assunto dal Paese nella storia mondiale non permette di lasciare il palco o tacere tra la folla, non promette tranquillità e predetermina il carattere particolare della statualità locale. Ed ecco che la nazione Russia va avanti e ora si tratta di una nazione di tipo nuovo, che non abbiamo mai avuto.”
    M.)Noi siamo contro la vita comoda. Il regime fascista trae dal passato e dal presente le energie per balzare incontro al futuro. L’Italia fascista è una Nazione di tipo nuovo.

    3) “questo modello di sistema politico, assemblatosi organicamente, sarà uno strumento efficace per la sopravvivenza e ascesa della nazione russa non solo per i prossimi anni, ma per decenni, e quasi sicuramente per il secolo a venire. “
    M.)Il secolo XX sarà il secolo del fascismo. In questo mondo scuro, tormentato e già vacillante, la salvezza non può venire che dalla verità di Roma, e da Roma verrà.[105]
    “L’immane macchina politica di Putin sta solo ora cominciando ad aumentare i giri e si sta assestando per un lungo, difficile ed interessante lavoro.”
    M.)La mia ambizione è questa: rendere forte, prosperoso, grande, libero il popolo italiano


    IL resto dell'articolo è un compendio del libro La Mistica fascista di Niccolò Giani al netto delle cazzate sulla razza superiore.

    Caro Fiorenzo il blog è tuo e ci puoi postare quello che vuoi. Ma quale è il senso politico che ci vuoi comunicare con questo post?
    Buona Vita.

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  4. Il senso politico è molto semplice: mi sono stancato di vedere la realtà in bianco e nero. Che ti piaccia o no vedo tanti colori.

    Ne prendo una. Mussolini scrive: "Regimi democratici possono essere definiti quelli nei quali, di tanto in tanto, si dà al popolo l'illusione di essere sovrano". Al netto del fatto che considero Mussolini un cretino elevato al suo rango grazie agli appoggi degli industriali e degli agrari nonché per demerito di un popolo politicamente incolto, come posso negare la verità lampante che denuncia?

    Te lo ripeto: non vedo il mondo in bianco e nero.

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    1. Perchè non ne eri consapevole. E' IMPOSSIBILE vedere in bianco e nero.
      In natura esistono solo TRE colori primari Rosso,Verde,Azzurro. Dal loro miscelamento in diverse propozioni otteniamo titti i colori dello spettro.
      Rosso+Verde+Azzurro= Bianco. Rosso-Verde-Azzurro=Nero
      Se invece dei colori LUCE adoperiamo i colori pigmento i TRE fondamentali
      sono Rosso,Giallo,Azzurro. Ma attenzione: Rosso+Giallo+Azzurro= NERO
      Se vogliamo il Bianco dobbiamo crearlo come pigmento che non sarà mai puro al 100%. Questo motivo fisico è il fattore fondamentale che spinge i pittori consapevoli a non gareggiare con la natura. Partiamo sempre in svantaggio non potendo creare la LUCE PURA nelle sue sfumature,cosa che riesce bene invece alla Natura.
      CMQ tutto questo mio pippone coloristico è stato solo per contestare che non eri consapevole di vedere comunque a colori,e soprattutto che ne bastano SOLO TRE.

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    2. Giochi con le parole, hai capito benissimo quel che intendo dire.

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  5. "L’espressione “culto della personalità” apparve per la prima volta nella Russia del XIX secolo e si trattava essenzialmente del culto del genio di un determinato personaggio storico. In quel periodo lo scontro tra slavofili e occidentalisti (le due correnti di pensiero che dibattevano sul passato e sul futuro della Russia) era particolarmente duro e verteva sulla figura di Pietro I il Grande.

    I primi consideravano l’europeizzazione del Paese voluta dall’autocrate come un tradimento dei valori russi mentre i secondi lodavano, appunto, il genio dello Zar che aveva instradato la Russia sulla via del progresso. In seguito, la discussione sulla personalità si spostò in un altro campo, ovvero quello della Rivoluzione. La domanda che alcuni filosofi come Bakunin ed Herzen si ponevano era: che ruolo aveva all’interno del fenomeno rivoluzionario?"

    Qui ( https://oltrelalinea.news/2017/01/11/il-culto-della-personalita-e-luomo-sovietico/ )il resto dell'articolo.

    Lui è il direttore del Sito Oltrelalinea.news, autore del libro "L'inganno antirazzista".
    https://www.youtube.com/watch?v=l3KEUnmNKvM

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