sabato 6 luglio 2019

Quando Orïon dal cielo declinando imperversa

O, se tu sai, più astuto
i cupi sentier trova
colà dove nel muto
aere il destin de' popoli si cova;
e fingendo nova esca
al pubblico guadagno
l'onda sommovi e pesca
insidioso nel turbato stagno.
[Odi (Parini)/La caduta]

Tutti voi avete sicuramente incontrato nella vostra vita quel tipo di soggetti che a Roma si chiamano fregnacciari. Se volete possiamo usare una parola più elegante, declassé, ma la sostanza non cambia. Fregnacciari o declassé, si tratta di gente spaccona, spavalda, contaballe, dotata di scilinguagnolo e di una sorta di sicurezza di sé che brilla però solo quando si rapportano con persone appartenenti a un ceto sociale più basso di quello da cui provengono; un ceto, quest'ultimo, nel quale non sono riusciti a svolgere un ruolo all'altezza del rango ereditato per nascita o che ritengono gli appartenga. I peggiori sono i declassé per frequentazione, cioè non fanno parte di famiglie importanti ma, in gioventù, hanno frequentato i giri dei figli di papà, perché quando gli anni sono pochi queste commistioni interclassiste sono più facili.

Credete che non sia capitato anche a me di frequentare, da giovine, simpatiche ragazze e ragazzi dell'alta borghesia o coetanei appartenenti a illustri famiglie della nobiltà? Tutta gente che mi sono perso per strada perché mi è sempre stato ben chiaro un concetto elementare: una cosa è la promiscua gioventù, ben altra è l'appartenenza di classe. E dunque la scelta era ben chiara: o io ero capace di conquistare potere e ricchezza con i miei soli mezzi (in tal caso oggi sarebbero cazzi vostri perché starei a chiedere un deficit dello 0,0204%), oppure non avrei mai fatto il giullare di corte. Ma siccome conquistare potere e ricchezza coi miei soli mezzi partendo dal basso avrebbe significato vivere da bastardo, oppure leccare culi, ho preferito restare nella mia classe sociale, a parte ovviamente approfittare delle occasioni che la promiscua gioventù mi ha offerto.

I fregnacciari, come i declassé, questa pienezza di sé non ce l'hanno, per cui sono costretti a convivere col bruciante desiderio di essere accolti in mondi ai quali non sono mai appartenuti o, peggio, da cui sono stati messi ai margini. Per chi detiene il vero potere e la vera ricchezza i fregnacciari e i declassé sono il miglior carburante da bruciare quando si tratta di affrontare e risolvere qualche conflitto di classe, sapete quei momenti in cui il popolino comincia ad alzare la testa pretendendo, signora mia, di metter becco nelle questioni importanti. In questi casi, se c'è un certo numero di fregnacciari/declassé che si mettono a pescare nel turbato stagno, su di essi si può contare con assoluta certezza. Ben sapendo che costoro, tutti costoro, seguiranno la seguente via:
  1. Arringheranno il popolino dandogli ragione
  2. Si proporranno come capi carismatici e questo ruolo gli verrà riconosciuto
  3. Saranno avvicinabili con la dovuta discrezione
  4. Denigreranno i veri capi del popolino
  5. A un certo punto affermeranno che "le cose sono cambiate"
  6. Non tradiranno mai la classe in cui agognano entrare o rientrare
  7. Otterranno un buon vitalizio sia pur correndo il rischio marginale di essere linciati per primi
Non è la prima volta che accade, non sarà l'ultima. Ma chi ha ben vissuto, privo di rimorsi col dubitante piè torna al suo tetto.

*** *** *** *** *** *** *** *** *** 

Quando Orïon dal cielo
Declinando imperversa;
E pioggia e nevi e gelo
Sopra la terra ottenebrata versa,

Me spinto ne la iniqua
Stagione, infermo il piede,
Tra il fango e tra l’obliqua
Furia de’ carri la città gir vede;

E per avverso sasso
Mal fra gli altri sorgente,
O per lubrico passo
Lungo il cammino stramazzar sovente.

Ride il fanciullo; e gli occhi
Tosto gonfia commosso,
Che il cubito o i ginocchi
Me scorge o il mento dal cader percosso.

Altri accorre; e: oh infelice
E di men crudo fato
Degno vate! mi dice;
E seguendo il parlar, cinge il mio lato

Con la pietosa mano;
E di terra mi toglie;
E il cappel lordo e il vano
Baston dispersi ne la via raccoglie:

Te ricca di comune
Censo la patria loda;
Te sublime, te immune
Cigno da tempo che il tuo nome roda

Chiama gridando intorno;
E te molesta incìta
Di poner fine al Giorno,
Per cui cercato a lo stranier ti addita.

Ed ecco il debil fianco
Per anni e per natura
Vai nel suolo pur anco
Fra il danno strascinando e la paura:

Nè il sì lodato verso
Vile cocchio ti appresta,
Che te salvi a traverso
De’ trivii dal furor de la tempesta.

Sdegnosa anima! prendi
Prendi novo consiglio,
Se il già canuto intendi
Capo sottrarre a più fatal periglio.

Congiunti tu non hai,
Non amiche, non ville,
Che te far possan mai
Nell’urna del favor preporre a mille.

Dunque per l’erte scale
Arrampica qual puoi; 
E fa gli atrj e le sale
Ogni giorno ulular de’ pianti tuoi.

O non cessar di porte
Fra lo stuol de’ clienti,
Abbracciando le porte 
De gl’imi, che comandano ai potenti;

E lor mercè penètra
Ne’ recessi de’ grandi;
E sopra la lor tetra
Noja le facezie e le novelle spandi.

O, se tu sai, più astuto
I cupi sentier trova
Colà dove nel muto
Aere il destin de’ popoli si cova;

E fingendo nova esca
Al pubblico guadagno,
L’onda sommovi, e pesca
Insidioso nel turbato stagno.

Ma chi giammai potrìa
Guarir tua mente illusa,
O trar per altra via
Te ostinato amator de la tua Musa?

Lasciala: o, pari a vile
Mima, il pudore insulti,
Dilettando scurrile
I bassi genj dietro al fasto occulti.

Mia bile, al fin costretta,
Già troppo, dal profondo
Petto rompendo, getta
Impetuosa gli argini; e rispondo:

Chi sei tu, che sostenti
A me questo vetusto
Pondo, e l’animo tenti
Prostrarmi a terra? Umano sei, non giusto.

Buon cittadino, al segno
Dove natura e i primi
Casi ordinàr, lo ingegno
Guida così, che lui la patria estimi.

Quando poi d’età carco
Il bisogno lo stringe,
Chiede opportuno e parco
Con fronte liberal, che l’alma pinge.

E se i duri mortali
A lui voltano il tergo,
Ei si fa, contro ai mali,
Della costanza sua scudo ed usbergo.

Nè si abbassa per duolo,
Nè s’alza per orgoglio.
E ciò dicendo, solo
Lascio il mio appoggio; e bieco indi mi toglio.

Così, grato ai soccorsi,
Ho il consiglio a dispetto;
E privo di rimorsi,
Col dubitante piè torno al mio tetto.

1 commento:

  1. -Guardate la grinta di chi è arrivato,di chi "ha faticato" in un campo qualsiasi.
    Non c'è traccia di pietà.
    Ha la stoffa di cui è fatto un nemico"��
    lei è simpatico��
    conservi la sua purezza
    un bacio
    la funambola

    RispondiElimina