domenica 18 agosto 2019

Il gioco del cerino

Propongo di mettere in fila alcuni fatti.
  1. Incombe la brexit
  2. Incombe una crisi economica (triple dip)
  3. Tutti i partiti rappresentati in Parlamento sono liberali ed europeisti
  4. Un governo dovrà fare una finanziaria molto dura
Qualcuno potrebbe eccepire sul punto 3 sostenendo che no, la Lega non è europeista - a dispetto delle dichiarazioni ufficiali. Voglio concederlo, al fine di rafforzare il filo del ragionamento eliminando un'ipotesi tutto sommato ininfluente, a patto che si riconosca che questo ipotetico non-europeismo della Lega - quella vera, non quella farlocca delle drag queens B&B - è funzionale all'ottenimento dell'autonomia differenziata. Come vedete mi attengo ai fatti acclarati, senza voli pindarici su una ipotetica futura macro regione alpina che sarebbe nei piani a lungo termine di questo partito, in un'ottica però che sarebbe necessariamente europeista, dunque contraria all'ipotesi 3. Riformulo pertanto il punto 3 ponendo:
  1. Tutti i partiti rappresentati in Parlamento sono liberali
Il liberalismo vuole ridurre il perimetro dello Stato, al fine di ricondurre il controllo politico nel perimetro della classe possidente e di quelle ancillari (apparato burocratico, giuridico, militare) onde  escludere il più possibile quella dei lavoratori, siano essi salariati o piccoli e medi imprenditori. L'obiettivo è quindi politico, e solo in seconda battuta economico. Il potere politico può essere conquistato in modi diversi, ad esempio imponendo una dittatura (il fascismo e il nazismo) oppure, come Churchill in Inghilterra, indebolendo le trade unions. Infine, nella transizione da un assetto statalista a uno liberale, con una vasta campagna di privatizzazioni.

In Italia, paese un tempo fortemente statalista ma nel quale l'impronta di quel modello è ancora forte, la chiave di volta di questa operazione di completa presa del potere politico sono le privatizzazioni, per le quali l'euro è solo uno degli strumenti possibili, ma non l'unico ovviamente. Per raggiungere questo scopo primario, che è prioritario rispetto al fatto di restare nell'UE ovvero tornare alla sovranità nazionale (che è cosa diversa dalla sovranità popolare) le crisi sono ghiotte occasioni.

Più grande è una crisi, più sono ampie le possibilità che si aprono, a patto ovviamente di saperle cogliere. Poiché la soluzione banale, consistente nell'imporre una dittatura esplicita, non è percorribile per i vincoli europei - ebbene sì, l'UE ci tiene al riparo da questo esito - la borghesia cotoniera italiana (termine che è più chiaro di Burghesia Compradora y Vendedora) è costretta a manovrare politicamente. Dobbiamo tenere a mente la premessa 3, che tutti i partiti sono liberali, cioè articolazioni di un solo partito, il PUL (Partito Unico Liberale). Ora, nell'imminenza di una crisi che aprirà grandi opportunità per la borghesia cotoniera, ma sarà anche portatrice di seri problemi sociali, dunque di consenso politico, la prima questione da affrontare e risolvere è quella di scegliere la maggioranza che si farà carico della macelleria sociale conseguente al fatto che occorrerà affrontare la crisi non per attenuarla, ma come occasione per un grande trasferimento di ricchezza in termini di proprietà dei mezzi di produzione. Laddove i mezzi di produzione, in questa circostanza, non sono tanto e solo le imprese industriali, quasi tutte già privatizzate, ma soprattutto i servizi: sanità, scuola, servizi gestiti a livello locale sia direttamente dagli enti pubblici che ancora in regime di sussidiarietà con gruppi privati. Una torta del valore di centinaia di miliardi di euro.

E qui veniamo alla crisi di governo. Questa è stata aperta da Matteo Salvini, del quale i sondaggi ci riferiscono che avrebbe il 38% dei consensi, dopo aver ottenuto il 34% alle Europee, alle quali però hanno partecipato poco più dei 2/3 degli elettori delle politiche. Per esempio io non ho votato alle elezioni europee, mentre alle politiche del 2018 votai (sconsolatamente) per il PCI di Marco Rizzo. Orbene Salvini, pur avendo solo il 17% dei parlamentari, ha aperto una crisi che, ormai è chiaro, non condurrà a nuove elezioni bensì a un nuovo governo, molto probabilmente con una diversa maggioranza. Come abbiamo visto nel post precedente, le ragioni reali addotte sono inesistenti, per cui non possiamo non porci la seguente domanda: Matteo Salvini è un emerito cretino, oppure sapeva quello che stava facendo?

Carro di Tespi lirico
Io penso che Matteo Salvini sia un uomo di grande intelligenza e di lunga esperienza, oltre che un grandissimo attore che ha girato l'Italia in lungo e in largo col suo carro di Tespi, e per queste ragioni sono convinto che egli abbia voluto tener il suo partito lontano dalla responsabilità di una o più manovre deflazionistiche necessarie, si badi bene, solo a preparare il terreno della prossima ondata di privatizzazioni, non per rimettere i conti in ordine. Questi, infatti, lo sono già, come risulta evidente da questo grafico, nel quale sono riportati in ascisse i miglioramenti della bilancia dei pagamenti e in ordinate quelli del NIIP (posizione netta sull'estero) per tutti i principali paesi dal 2011 al 2017. Si sappia che, ad oggi, la situazione per l'Italia è ulteriormente migliorata.


D'altra parte è anche difficile immaginare che questo peso, al quale la Lega si è sottratta, possa essere caricato sulle spalle di altri partiti, in particolare il M5S e il PD, e siccome è ormai troppo tardi per tornare al voto - circostanza questa che a mio avviso denuncia il dolo dell'operazione di Salvini, che ha lasciato passare ben due mesi prima di aprire la crisi - ecco che l'unica soluzione possibile è quella di un governo del Presidente, o come lo si vorrà chiamare - tanto la fantasia non manca ai nostri pennivendoli. Un governo che dovrà essere presieduto da una figura di grande caratura, forse Draghi ma, più probabilmente, qualche altra figura di salvatore della nazione che, al momento, non riesco ad immaginare. 

Un Papa nero, dunque, un preposito generale della Compagnia di giro che sarà utile anche nella fase di spartizione delle proprietà pubbliche che, nel clamore di una crisi che è ampiamente nelle possibilità del paese di superare senza troppe difficoltà, porrà in atto l'ultimo furto ai danni dello Stato repubblicano, conducendo definitivamente l'Italia nel medio evo tecno-privatistico che si annuncia all'orizzonte.

2 commenti:

  1. Caro Fiorenzo ti messaggio brevemente perché sono a Parigi .
    Io credo che con il cerino in mano ci restano proprio il PD e M5S .
    Non è realistica nessuna opzione del Partito del Presidente o ipotesi Draghi. E nemmeno un governo Amato già espropriatore dei risparmi degli Italiani.
    Buona Vita

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  2. Una considerazione terminologica.
    Sono fortemente contrario a connotare un ipotetico "capitalismo a privatizzazione totale" come "nuovo medioevo" o "medioevo tecnologico" o "medioevo tecno-privatistico".
    Il medioevo, con tutti i suoi (evidenti) enormi limiti, era caratterizzato da un certo conservatorismo, giacché come è noto l'ideologia del progresso fu illuministica ma soprattutto borghese, estranea alle classi signorili e feudali, e si impose quando la borghesia prese il potere, ossia quando, per dirla con semplicità, cominciò il capitalismo.

    Il capitalismo però cambia continuamente tutto, è rivoluzionario, è sconvolgente e rivolgente: è dunque progressista, e lo è (qui sta il punto) intrinsecamente: lo è per sua essenza; non può non esserlo.

    Quindi un nuovo medioevo proprio no: sarà eventualmente una fase ancora più estrema del sistema capitalistico, che però si scontrerà semore di più con i «limiti ultimi» antropologici della natura umana.

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