«Ho recentemente pubblicato un post di risposta ("La congettura eretica e le obiezioni di L'Étranger") ad alcune brevi note di L'Étranger alla mia congettura eretica. In questo pubblico ulteriori precisazioni di L'Étranger tratte dal suo profilo twitter. Risponderò alle notevoli osservazioni di L'Étranger nei commenti, e invito i lettori del blog a partecipare alla discussione. Con una precisazione: in questo caso tutti i commenti saranno sottoposti a un vaglio di qualità più severo del solito (anche se non è infrequente che molti commenti non siano pubblicati, e credo che alcuni di voi se ne siano accorti). In ogni caso si conferma la grande utilità del porre congetture, siano esse vere, false o indecidibili, come sfida per approfondire una tematica e magari scoprire, cammin facendo, cose inaspettate. Come per altro sottolinea lo stesso L'Étranger. - Fiorenzo Fraioli»
THREAD (lungo, vi avviso prima)
Ringrazio @ecodellarete per l’attenzione alla mia critica e per il suo post di replica.
Sono, nell'essenziale, d'accordo con lui.
Tuttavia, ho compreso che occorre fare alcuni rilievi, ai fini di una maggiore chiarezza del MIO quadro.
1. PRIMATO STRATEGICO DELL’INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA (BANCHE D’AFFARI) NELLA PRASSI DELLA GLOBALIZZAZIONE A TRAZIONE USA; INTERMEDIAZ FINANZIARIA ≠ OLIGARCHIA FINANZIARIA (NAZIONALE O TRANSNAZIONALE), CAPITALISMO FINANZIARIO ≠ CLICK DEL MOUSE
Cito dal post di @ecodellarete
“Oggi è invalsa una visione delle cose per cui si distinguono un capitalismo industriale e uno finanziario, l'uno dedito alla produzione delle cose reali e l'altro alla speculazione.
Secondo tale visione, questi due capitalismi si starebbero fronteggiando sostenuti in ciò dalle rispettive articolazioni politiche, in sintesi Trump e i Clinton-sorosiani”
Sul punto è opportuno fare alcune precisazioni.
La distinzione esiste e può rilevare, però bisogna intendersi.
Anzitutto, parlare di “speculazione” nel senso di “borsa casinò” (come fanno alcuni) è fuorviante e un modo di buttarla in caciara. Il termine “intermediazione finanziaria” usato da @ecodellarete è il più corretto.
Ciò premesso, la distinzione non implica necessariamente conflitto: normalmente c’è una COOPERAZIONE tra i gruppi (peraltro rigidamente separabili con un’operazione soltanto astratta, per finalità espositive), che riflette una divisione del lavoro in seno alla classe dominante.
Si noti che la classe dominante, che definisco “oligarchia finanziaria transnazionale” è composta tanto dai rentiers finanziari PURI/proprietari (anche indirettam e anche di porzioni) di complessi transnaz variamente integrati di mezzi di produzione, quanto dagli "strateghi").
In questo senso, l’oligarchia finanziaria NON va identificata con l’industria dell’intermediazione finanziaria in senso stretto. Essa è GENERALE e include tanto il gruppo dei capitalisti che si occupano di intermediazione finanziaria esercitata professionalmente, quanto il gruppo di strateghi-gestori di complessi industriali di mezzi di produzione e di portafogli di porzioni di essi, il gruppo dei percettori delle rendite o del profitto provenienti SEMPRE da questi mezzi di produzione (anche quando via intermediazione finanziaria).
Peraltro, anche all’interno del gruppo dell’intermediazione finanziaria esercitata professionalmente, che - ripeto - si può isolare per fini soltanto espositivi, si ripropone la divisione tra strateghi-gestori e percettori delle rendite.
Quelli che definisco "strateghi" sono i Marchionne, i capitani d’impresa che (o perché particolarmente bravi a governare i mezzi di produzione dei proprietari/rentiers o perché riescono a mettere in piedi loro realtà innovative) vengono cooptati nella classe dominante.
Il capitalismo ha bisogno di strateghi "innovatori" perché, mentre distrugge con la competizione, favorisce la “fioritura” di nuove opportunità, innovazioni di processo ma SOPRATTUTTO di prodotto. Queste ultime, infatti, sono quelle che aprono nuovi mercati prima inesistenti.
Nel capitalismo, il conflitto tra i concorrenti nel loro segmento industriale di riferimento è una caratteristica strutturale, non dimentichiamolo. La competizione è REALE ed accettata. Alla lunga prevale chi tra i “peers” industriali vince al gioco dell’accumulazione.
Questo è chiaro, ad esempio, a chiunque conosca come operano le banche d’investimento, che sarebbe sbagliato ridurre a meri finanziatori, cartolarizzatori o organizzatori di operazioni di raccolta capitale a fronte di emissione di titoli - si badi bene - perché esse sono delle vere e proprie “procacciatrici d’affari” che monitorano continuamente i segm industriali per intravedere opportunità strateg-industriali da proporre ai loro clienti tenendo sempre ben presente in quale segmento tali clienti operano e chi sono i loro concorrenti diretti.
Tantissimi deals (M&A, cessione/acq di rami azien, di quote, IPO, emissione obbligazioni, partnership, joint ventures) nascono non per iniziativa del player industriale ma della banca d'investimento che "vende" l'idea al cliente (ovviamente per realizzarla e lucrare sulle fee).
Chi prevale in ogni segmento industriale aumenta il proprio potere strategico e spesso acquisisce i “peers” più deboli che verrebbero, comunque, prospetticamente (e la finanza ragiona prospetticamente, "attualizzando" all'oggi IPOTESI strategiche), espulsi dal mercato.
Ovviamente, il complesso multinaz odierno spazia in più settori (a seconda della strategia globale di gruppo) e ogni "player" prospera anche grazie alla cooperazione con altri, estranei ai segmenti competitivi rilevanti (“partnership commerc, industriali, joint ventures, etc).
Ciò posto, sono TUTTI UNITI nella lotta di classe per non modificare, e anzi per allargare, questo “ordinamento” che favorisce la competizione e la valorizzazione SFRENATA dei capitali più "competitivi" SCHIACCIANDO LE CLASSI SUBALTERNE.
Non dimentichiamo, infatti, che la competizione si vince spremendo meglio dei diretti concorrenti i dipendenti e piccoli partner “satelliti” dell’indotto (che di fatto sono subordinati strategicamente alla grande impresa produttrice che funge da "stella" del “sistema solare”).
Dunque, ricollegandomi al post (“oggi, il vero potere non consiste nel possedere immense quantità di moneta … fiat, bensì nel possesso ... normato dalle leggi nazionali e internazionali, e protetto dalla forza ..., dei mezzi di produzione.”) Dico che questo è giusto, in parte.
L’intermediazione finanziaria non serve ad altro che a cartolarizzare la proprietà di mezzi (rendendo più facile smobilizzarli e acquisirli per avere la mani più libere possibili) da cui i titoli estraggono (direttamente o indirettamente) i flussi di cassa (i.e. il valore), il che oltretutto ha il vantaggio di consentire di valorizzare e - all’occorrenza - monetizzare il plusvalore anche quando non viene distribuito sotto forma di dividendi (ma viene, ad es., lasciato nel complesso produttivo per finanziare l’allargamento) tramite il capital gain.
E questo non tanto - o soltanto - per raccogliere capitali di rischio di minoranza (o di credito) e far, in questo modo, crescere l’impresa acquisendo altri mezzi di produzione, ma SOPRATTUTTO per rendere PIÙ FLUIDA la strategia, con la possibilità di muoversi PIÙ RAPIDAMENTE.
Mi spiego con un es.: essere DIRETTAMENTE proprietario di una concessione mineraria in Congo e impianti estrattivi per sfruttarla è più farraginoso di essere proprietario dei titoli scambiati a Londra o New York che RAPPRESENTANO quella società (complesso dei m. di produzione).
Se sospetto che il Partito dei Lavoratori del Congo sta per prendere il potere e nazionalizzare le miniere e il profilo di rischio della mia strategia (del padrone) è più basso rispetto alla detenzione di m. di produz che potrebbero essere espropriati, posso cedere i titoli (limitando così la perdita che, ove si concretizzasse il rischio, sarebbe invece TOTALE) trovando qualcuno con un “risk appetite” compatibile, disposto a comprarseli sulla base di stime del premio al rischio calcolato probabilisticamente. Così ragiona lo stratega multinazionale.
Se parliamo di soc chiuse (come una holding familiare) o di società quotate di cui detieni il controllo di diritto (50%+1 del cap sociale) nessuno può costringerti a vendere ma se parliamo di quotate con una quota di controllo più bassa (tipico in USA e UK) è diverso.
Lì c’è un trade-off. La quotazione consente maggiore fluidità strategica nell’uscire da un investimento e nella riorganizzazione degli assetti proprietari (ad es, detenuti in portafoglio da holding) ma, allo stesso tempo espone a scalate ostili + o - costose per lo scalatore.
Dunque, oggi l’accento non va posto sulla PROPRIETÀ (una forma giuridica per garantirne la salvaguardia ordinamentale) quanto sulla DISPONIBILITÀ e GESTIONE ATTIVA (rimanere proprietario di mezzi obsoleti - per processo o prodotto - o in un’industria “matura” può essere letale).
L’intermediazione finanziaria non è il luogo dove si crea e da cui si estrae valore. Ma per mezzo di essa si organizza l’estrazione e la distribuzione del valore e si riorganizzano - con mediazioni, accordi, cessioni e acquisizioni - i complessi multinazionale dei vari players.
La sua valenza specifica - che gli ha assicurato dagli anni ’80, nella maggioranza dei paesi a capitalismo avanzato, una relativa supremazia - non va apprezzata in termini di “speculazione” o di finanziamento, quanto di camera di compensazione e di riorganizzazione strategica.
Mi scuso per questa lunga - e spero non noiosa - ma necessaria premessa. Veniamo quindi alle considerazioni di @ecodellarete sulla (vera o presunta) contrapposizione tra capitalisti produttivi e capitalisti finanziari però solo dopo aver acquisito la premessa di cui sopra (tenendo, dunque, ben presente cosa intendo per "capitalisti dell’intermediazione finanziaria" e che questi ultimi non coincidono con quella che ho definito "oligarchia finanziaria", categoria più ampia).
2. DA OLTREOCEANO SCRICCHIOLII DEL PRIMATO STRATEGICO DELL’INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA (BANCHE D’AFFARI) NELLA PRASSI DELLA GLOBALIZZAZIONE A TRAZIONE USA: IL SOLCO DELLA GLOBALIZZAZIONE DEI CAPITALI, DELLE MERCI E DELLE INFORMAZIONI NON ESISTE SENZA LA SPADA CHE LO DIFENDE
Posto che, nel quadro della generalizzata competizione settoriale, normalmente c’è una cooperaz tra i tre gruppi dell’oligarchia finanziaria che ho connotato come “intermediazione finanziaria” “management strategico” e “proprietari di titoli rappresentativi di mezzi di produz”, a volte capita che questi gruppi siano in conflitto tra loro. L’interazione strategica (mix di competizione e cooperazione) dei gruppi multinazionali, nel quadro di un sistema politico PLUTOCRATICO, avviene anche con i decisori pubblici e tramite gli apparati istituzionali.
Sul punto va fatta un’ulteriore precisazione sulla sfera politico-istituzion in paesi, come gli USA (e in misura minore, UK), collocati nel cuore dell’”impero” che promuove la globalizzaz (mix di sempre maggior integrazione commerciale/finanziaria e egemonia cult anglosassone).
Ovverosia: in questi paesi, ma in particolare negli USA, il decisore politico non è un totale maggiordomo. È a sua volta uno stratega con un potere CONCRETO di interazione strategica con i gruppi multinazionali e cerca, tendenzialmente, di proteggere l’ordinamento transnaz della globalizzazione e le sue regole, “truccate” in modo tale che difficilmente, salvo casi marginali, i “campioni” nei settori più avanzati (militare, IT, tecnologie, con maglie un po’ più larghe l’energia) siano non-anglosassoni (e a prevalenza USA).
Ebbene, al momento c’è effettivamente uno scontro tra gruppi strategici sia negli USA che in Germania (che ha velleità di affrancamento dagli USA grazie a una partnership strategica con Russia, da una parte, e Francia, dall’altra).
USA (fiancheggiata da UK e dai loro satelliti anglosassoni minori) e Germania sono in un certo senso i due paesi-poli di una controversia geopolitica avente come posta in palio l’Europa continentale (che nello scacchiere non ha la stessa importanza dell’Oceania, diciamolo…).
Dunque, diceva @ecodellarete “oggi, il vero potere non consiste nel possedere immense quantità di moneta, per altro fiat, bensì nel possesso giuridico normato dalle leggi nazionali e internazionali, e protetto dalla forza militare e da quella politica, dei mezzi di produzione.”
Sono d’accordo, è così da SEMPRE.
Tuttavia, negli ultimi tre decenni, data l’esigenza di promuovere, da una parte, e irrobustire (flessibilizzando), dall’altra, la globalizzazione (un ordinamento per allargare sempre più il mercato, a trazione anglosassone, di merci e capitali, la camera di compensazione è stata spesso nelle banche d’affari anglosassoni più che nelle stanze della politica a Washington e Londra (oltretutto spesso occupate da soggetti interscambiabili con la nota pratica delle “porte scorrevoli”).
Oggi il capitalismo industriale USA (i.e. i manager-strateghi USA di complessi industriali + i proprietari di titoli rappresentativi di mezzi di produz direttamente industriali) sta cercando, tramite l’apparato politico-istituzionale di estromettere temporaneamente la camera di compensazione delle banche d’affari, perché si stanno rendendo conto che gli interessi specifici del gruppo dell’intermediazione finanziaria rischiano di venire in conflitto con il primato tecnologico e militare dell’impero USA (che garantisce tutta la baracca).
Questo nuovo equilibrio si è determinato, a mio avviso, con lo spostamento DECISIVO del gruppo dei manager-strateghi di complessi industriali, che dagli anni ’80 erano stati un alleato POTENTE (in USA le quotate sono molto polverizzate) dell’industria dell’intermediaz finanz.
La partita è aperta perché dall’altra parte non stanno solo le banche ma i colossi del web e dei media.
Potremmo semplificare dicendo che lo scontro è tra il polo della “materialità” (dei missili, delle portaerei e delle piattaforme petrolifere) e il polo dell’”immaterialità” (intermediaz finanziaria, dati sul web e ormai anche sugli oggetti collegati a internet, circo mediatico mainstream, enorme apparato pubblicitario per il finanziamento “creativo” del circo mediatico da parte dei gruppi multinaz nel perseguimento delle loro strateg “d'immagine”).
Ovviamente lo scontro non è così netto e c’è sempre un confronto: dopo tutto, in ciascuna “fazione” siedono giocatori che sono strettamente interconnessi con giocatori dell’altra fazione (si pensi agli armamenti e i dati informatici, ormai probabilmente in rapporto simbiotico).
Inoltre in taluni casi i giocatori siedono su più tavoli. Quindi prendiamo questa affermazione come un’affermazione di massima che non è sempre rappresentativa di una realtà rigida e netta. Ma lo è in linea di massima delle dinamiche di interazione in seno al capitalismo USA.
Ricordiamo che il capitalismo USA (e, in misura minore UK) fornisce le prime file della superclasse oligarchico finanziaria (nel senso ampio specificato sopra) TRANSNAZIONALE, che gestisce (anche grazie alla spada del governo USA) la prassi della globalizzaz su scala planetaria.
3. LA PERICOLOSA STRATEGIA DI EMANCIPAZIONE DELLA GERMANIA (ANCHE) TRAMITE L’ETEROGENESI DEI FINI DELLE ISTITUZIONI EUROCRATICHE IMPOSTE DALL’OCCUPANTE ATLANTISTA
La Germania (come sistema paese fatto di oligarchia capitalistica, sia industriale che finanziaria in senso stretto, più classe politica) coltiva DA DECENNI un progetto di emancipazione dall'impero anglosass a prevalenza USA (d’ora in poi, per semplicità, "atlantista" o "NATO").
L’UE è una sovrastrutt istituz messa in piedi dall’impero NATO, parallela alla NATO stessa, per:
1) disattivare gradualm le costituzioni postbelliche più popolari e meno liberali;
2) Far avanzare la globalizzazione a trazione USA-UK (questi 2 punti sono in realtà un tutt'uno)
3) garantire la coesione dei vassalli USA nella fondamentale regione dell’Europa continentale.
Questo 3° punto è quello che alla classe dominante tedesca (la Mani Pulite tedesca fallì miseramente, ricordiamolo), a 75 anni dalla fine della guerra e dopo caduta URSS, non va giù.
Da tempo la classe dominante tedesca (almeno dagli anni ’90) trama strategie per piegare gli “istituti globalizzatori” - PRESCRITTI dall’impero atlantista protettore della oligarchia finanziaria USA-UK - alla sua esigenza di emancipazione.
Così è stato per l’€, che a quanto pare la Germania inizialmente non voleva DAVVERO e fu imposto ingenuamente dalla Francia e non solo dalla Francia…(ma con la Germania in posizione di chiedere un prezzo alto per questa concessione).
La classe dominante tedesca era tutta compatta (segmento industriale, segmento intermediazione finanziaria, strateghi manageriali e strateghi industriali) in questo piano, fino alla crisi dell’€.
Dall’inizio della crisi dell’€ (con la crisi della Grecia, prima, e le varie misure di politica monetaria BCE, poi) non c’è più un fronte compatto: gli industriali e i politici continuano a essere compatti nel volere l’€ e voler andare avanti come treni nella loro strategia. Cmq, il settore dell’intermediaz finanziaria tedesca (che è stato possibile salvare e contenere nella fase acuta della crisi anche grazie ai soldi dei fessi italiani) sta soffrendo per mantenere l’€ (uno degli elementi della strategia, fortem voluto da politici e industriali).
Ricordiamo il rappresentante della lobby russa in Germania (già Cancelliere) Schröeder, il North Stream (per emanciparsi da egemonia energetica USA e dei suoi vassalli mediorientali) e vari accordi-intese con la Francia (da ultimo, il Trattato di Aachen che è una mossa seria).
Ci sono varie ragioni, sulle quali non mi soffermo (anche se alcune le ho già menzionate), per cui la GENIALE strategia tedesca, per riuscire (cioè per garantire l’egemonia tedesca sul continente) ha bisogno dei 2 contrappesi, francese (interno UE) e russo (esterno UE).
Ciò che rende l’alleanza GER-FRA PERICOLOSA per l’Italia (e la pone di fatto come il nemico N°1, anche più dell’occupante NATO) è che: 1) cemento di questa alleanza è la sottomissione e deindustrializ dell’Italia (per interessi diversi ma complementari); 2) sono paesi vicini.
Già nell'antica Grecia, Demostene affermava: «Quando io vedo qualcuno manifestare il suo timore nei confronti del re di Persia, che abita laggiù in Mesopotamia e sento le sue grida di allarme («è lui il vostro nemico»), e vedo poi le stesse persone esprimersi in tutt'altro modo riguardo al criminale che ci vive accanto in Macedonia, oh, allora io ho paura di tipi così, perché non hanno paura di Filippo».
Il nemico vicino, quando vuole le TUE penne (quelle delle classi POPOLARI, non soltanto dell'Italia in generale) è più pericoloso del lontano. Ebbene, al riguardo, Luciano Canfora ci ricorda che, con la sconfitta militare di Atene da parte dei MACEDONI (non dei persiani), alla fine del IV sec A. C., i possidenti ateniesi (che appoggiavano i macedoni) potranno togliere la cittadinanza ai 12000 non possidenti.
4. LA VILE CLASSE COMPRADORA Y VENDIDORA DEI COTONIERI ITALIANI (PER FAVORE, NON CHIAMIAMOLA “BORGHESIA”)
Veniamo ora alla colonia Italia e alla sua classe compradora confindustriale (da sempre interlocutore privilegiato degli occupanti NATO, ancor più della Democrazia Cristiana e poi, obtorto collo, del Partito Socialista “normalizzato” con l’allontanamento dal PCI): “@ecodellarete - Ogni possibile cambiamento, tra quelli possibili, non può che passare per la sconfitta politica della nostra BCVn, per il quale l'unico e solo strumento agibile è la costruzione di un grande movimento dal basso”.
Sono d’accordo ma anche su questo bisogna dire alcune cose:
Parlare di borghesia e proletariato oggi non ha senso (soprattutto in un paese come l’Italia che è stato deindustrializzato - quindi sproletarizzato - dagli anni ’90 in poi, anche perché il grosso della grande industria era di proprietà PUBBLICA e perciò invisa ai cotonieri).
Inoltre, la storica borghesia europea (portatrice di cultura e etica contraddittorie: la famosa “coscienza infelice” di Hegel e Marx, che era un borghese) era meglio di questa “cotoneria” italiana (anche ”capitalisti", seppur post-borghesi, mi pare generoso, salvo pochi casi).
La classe comprandora italiana (che preferisco definire con il termine “cotonieri”, come suggerisce G. Lagrassa e per i motivi da lui esplicitati) è RIDICOLA e davvero poco competitiva, salvo singoli settori (meccanica di precisione) e/o casi isolati (es. Ferrero, Luxottica) molto meno consistente, per numero di soggetti che vantano un discreto capitale accumulato e solidi vantaggi competitivi e per dimensione media, sia delle singole unità produttive sia dei gruppi nel loro complesso, rispetto a quella di altri paesi UE.
Peraltro, anche il termine “compradora” mi pare appropriato perché - soprattutto oggi - lungi dal veder aumentare la produttività nei settori industr a seguito dell’apertura ai capitali esteri - questa c. dominante assomiglia più a quella dei paesi latino-americani che europei.
Per questo motivo, anzitutto è storicamente ANCORA più subalterna all’oligarchia UK-USA, capitanata - fino allo scontro odierno in USA - dalle grandi banche d’affari impegnate nella riorganizzazione capitalistica su scala globale (a cominciare dall'allargamento della torta).
Nel loro accecamento ideologico, i "cotonieri" hanno sempre attribuito il loro svantaggio storico al forte settore industriale pubblico della Prima Repubblica (IRI, ENI, banche) e sono stati ansiosi di cooperare con gli squali della finanza anglosassone al suo smantellamento.
In aggiunta a scaricare la colpa sul “perimetro dello Stato” nell’economia, scaricano la colpa sulla piccola e microimpresa (che individuano, secondo me un po’ pretestuosamente, come il secondo colpevole per non essersi voluta “ingrandire”).
Il motivo per cui secondo me questo secondo bersaglio ideologico è pretestuoso è che (come si sta vedendo negli ultimi anni) questa polemica sul nanismo e il familismo porta dritta a una maggiore "mercatodeicapitalizzazione" (“meno banca e più borsa”) del sistema Italia.
In questo la classe compradora e la grande intermediazione finanziaria transnaz hanno una sinergia perfetta. Oltre che fluidificare le strategie di internazionalizzazione (leggi: delocalizzazione), ridurre il potere strategico del sistema bancario locale ormai in mano francese.
Ovviamente la loro lettura è (era?) sbagliata.
Non si rendono conto che alla fine degli anni ’40 l’Italia era un paese RASO AL SUOLO e, peraltro, con soli 30 anni di PARZIALE ed EMBRIONALE industrializzazione (a differenza di FRA e GER, con tradiz industr più consolidata).
Senza l’industria ereditata dal fascismo (IRI) e della ricostruzione (Finmeccanica, ENI, ENEL) i paragoni che oggi si fanno con grandi paesi come GER, FRA e UK per auto-flagellare gli italiani (l’autorazzismo infatti proviene dai “cotonieri”) sarebbero una barzelletta surreale.
Incidentalmente, vorrei ricordare che cento anni fa, quando l’Italia festeggiava a mala pena 60 anni di unificazione (ma aveva già vinto una guerra mondiale) l’UK era “l’impero britannico", incontrastato dominus navale-industr da più di un secolo. Giusto per non dimenticare.
Oggi appare chiaro alla vasta platea dei cotonieri che l’apertura internazionale agli squali di Wall Street e Londra non ha fatto bene alla “competitività” italiana e alla produttività industriale (salvo singole famiglie, Benetton, Colaninno etc., finanziate come oligarchi russi per acquisire patrimpubblico svenduto).
Quindi, mentre i rentiers puri vogliono mantenere il privilegio di poter chiedere soldi a Londra e a New York per fare le loro operazioni (v., ad esempio, Italo con Montezemolo) e "internazionalizzare"
i loro capitali (detenuti principalmente sotto forma di titoli da cui traggono una rendita) per emanciparsi dal "rischio Italia”, quei pochi cotonieri italiani che fanno industria esportatrice (dislocati quasi tutti al Nord) vogliono competere al ribasso su salari e diritti.
La vocazione di questi industrialotti è quella di rimanere competitivi NELLA QUALITÀ DI fornitori o subfornitori integrati nelle catene del valore che ruotano attorno alle “stelle” rappresentate dai grandi complessi industriali tedeschi.
L’industria pubblica italiana, per i cotonieri del tipo industrial-esportatore, deve sparire (loro la vedono come una minaccia di sottomissione alla politica di Roma, però la sottomissione strategica al management dei grandi gruppi industriali tedeschi va benissimo!!!).
Brevemente spiego perché ciò è pessimo per l’Italia (e per i lavoratori italiani, inclusi artigiani, professionisti e piccoli imprenditori dell’indotto). La “stella”, quando vede un'eccellenza nella sua catena di valore, che può generare valore agg, la acquisisce DIRETTAMENTE. Il cotoniere cedente diventa un rentier (e chiaramente la prima cosa che farà sara sparpagliare i suoi capitali finanziari all’estero) per non essere troppo correlato al rischio Italia.
La “stella” straniera cessionaria svuota l’eccellenza da tecnologia e marchi di pregio e lascia solo produzioni a basso valore (per le quali si richiede solo manodopera schiavile non qualificata). Progressivamente il paese viene svuotato di tecnologia e "capitale umano".
È un processo inverso a quello favorito dal p. comunista cinese che, partendo da manodopera a basso costo, ha puntato ad arricchire il paese di tecnologia grazie ai cap esteri (uso intelligente della globaliz, cmq REGOLATA dallo Stato). Questo processo è oggi in atto in Italia. Le aziende che rimangono di proprietà italiana (ma sempre, per lo più, strategicamente sottomesse a una “stella” teutonica) sono sempre più mediocri; vogliono più che altro - e chiedono ai maggiordomi politici - lavoro a basso costo; anche schiavile, proveniente dall’Africa.
5. CONCLUSIONE
La classe comprandora dei cotonieri (non chiamiamoli “borghesi”; al massimo, con un ghigno irridente, li possiamo chiamare “capitalisti”) è una classe di rentiers o di industrialotti di poco conto (e diventeranno, col passare del tempo, sempre più mediocri nelle produzioni).
È in corso infatti un processo di svuotamento tecnologico e industriale del paese e un parallelo processo di distruzione dei diritti e del lavoro che serve a deflazionare i salari e svendita della (ormai residua) proprietà pubblica. Questi processi rappresentano una vera e propri prassi di “lotta di classe” (sia nella variante “vendo al tedesco e vivo di rendita con titoli a Londra e New York” sia nella variante “produco merda e datemi schiavi da schiacciare per rimanere competitivo”).
Per questi processi, era necessario “CEDERE” sovranità per 1) comprimere la democrazia (infatti la maggioranza degli italiani sarebbe giustamente ostile a queste tendenze) e 2) aprire completamente i cancelli alle oligarchie estere (siano esse carolinge o anglosassoni).
Come si può osservare, la minoranza di ateniesi possidenti che non vuole i diritti politici estesi alla maggioranza di nullatenenti non in grado di armarsi a proprie spese (Canfora) è COMPLEMENTARE e ALLEATA ai vicini invasori macedoni, nemici della democrazia ateniese.
La “lotta di classe” interna c’è e non è incompatibile con l’assalto di forze esterne all’interesse GENERALE del paese (cioè della stragrande maggioranza del paese). Ma “lotta di classe” (così come tante altre formule di ispirazione marxiana) è una formula MALEDETTA.
Maledetta da 30 anni di propaganda da parte del circo mediatico (in Italia controllato dai cotonieri e SINCRONIZZATO con il circo mediatico globalista). Partire urlando “lotta di classe interna” è il modo migliore per fallire.
Le "parole magiche" marxiste vanno abbandonate come una nave che affonda. I milioni di superficialotti che credono il PD sia ancora “comunista” e che il “comunismo” sia stato il Male Assoluto (rigorosamente maiuscolo) CI SERVIRANNO - ci piaccia o no - anche nel LORO interesse.
Il modo migliore è MOSTRARE loro la “lotta di classe” NELLA SOSTANZA senza usare il termine formale demonizzato OSSESSIVAMENTE dal circo mediatico (da cui questi ingenui superficialotti non sono ancora del tutto RADICALMENTE emancipati).
Per cominciare, Italia vs Germania è meglio di “borghesi” vs “proletari” in Italia (ammesso - ma non concesso - che queste classi esistano ancora così come si connotavano storicamente nei rapporti classistici di produzione di un secolo fa). >>
Se da una parte condivido che lo sfruttamento classista continui ad avvenire tramite il controllo dei mezzi di produzione (è solo questo controllo e l’estrazione che viene cartolarizzata e intermediata), contesto RECISAMENTE che il capitalismo del 2019 sia lo stesso del 1919.
Ovviamente anche la mia è una congettura (e adesso l'ho dettagliata abbastanza). Credo che confrontare le congetture possa aiutare tutti a riflettere. Così avanza il quadro teorico perché, senza adeguata teoria, la prassi rischia di essere impostata su basi erronee.
Concludo ribadendo che oggi in Italia, così come nei paesi del terzo mondo nel Novecento, la lotta di classe interna contro la classe dominante compradora (asservita allo straniero per i suoi vantaggi di classe) COINCIDE con la lotta di liberazione nazionale.
Rispondo, con questo primo commento, al primo punto dell'esposizione di L'Étranger.
RispondiElimina1. PRIMATO STRATEGICO DELL’INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA (BANCHE D’AFFARI) NELLA PRASSI DELLA GLOBALIZZAZIONE A TRAZIONE USA; INTERMEDIAZ FINANZIARIA ≠ OLIGARCHIA FINANZIARIA (NAZIONALE O TRANSNAZIONALE), CAPITALISMO FINANZIARIO ≠ CLICK DEL MOUSE
La risposta è facile perché sono d'accordo e condivido la sua esposizione, pur con un unico appunto, quello di non aver sottolineato a sufficienza - credo per necessità di sintesi - l'esistenza di una gerarchia all'interno della struttura capitalistica descritta. Gerarchia che deve essere intesa non in termini di dimensioni, bensì di "rango". L'intermediazione finanziaria, per quanto possa avere una sua autonomia e giocare un ruolo, a mio parere resta subordinata alla funzione di proprietà dei beni reali. Mi spiego: se un segmento finanziario entra in crisi, per qualsiasi ragione, vuoi per eccesso di speculazione che causa un crack, vuoi perché scoppia una rivoluzione che mette a rischio il possesso di miniere in Congo, sul lato finanziario si può rimediare facilmente sia aprendo nuove linee di credito sia creando nuova moneta dal nulla. Ma le miniere perse per una rivoluzione non possono essere sostituite/ricreate con altrettanta facilità. Ancora un esempio: la BCE ha creato dal nulla 2800 mld di euro per sostenere l'eurozona, ma non esiste, né può esistere, alcuna istituzione in grado di creare dal nulla 28 giacimenti di gas. Da questa ovvia constatazione deriva l'esistenza necessaria di una relazione gerarchica tra agenti proprietari e intermediatori finanziari.
D'altra parte ricordo che la "congettura eretica" non ha la pretesa di delineare un'architettura del sistema capitalistico diversa da quella comunemente accettata dalle persone capaci di raziocinio e in possesso di sufficienti strumenti di lettura della realtà, come sicuramente L'Étranger, bensì di fronteggiare una vulgata secondo la quale sarebbe in atto una guerra tra un capitalismo che, pur essendo tale, sarebbe tuttavia portatore di valori più umani, e un altro capitalismo, di natura luciferina e trans-umana, controllato da una cupola mondiale trans-nazionale le cui armi sarebbero i potenti algoritmi finanziari. Secondo questa vulgata le classi popolari dovrebbero, in questa fase, schierarsi col primo capitalismo, in quanto ad esso accomunate dal fatto di essere comunque agenti della produzione, seppure in rapporto gerarchico di sudditanza. Questa vulgata favorisce l'emergere di un nazionalismo reazionario, nell'ambito del quale le classi lavoratrici perpetueranno la loro condizione di subalternità.
La differenza tra una linea nazionalista (id est: schierarsi dalla parte di una finta fazione del capitalismo, il quale invece sta semplicemente rimodulando i suoi assetti interni) e patriottismo costituzionale o "sovranismo" nella sua accezione originaria, sta tutta qua.
Ecco perché la "congettura eretica" pone la questione - a mio parere di fondamentale importanza: è l'UE che ci impone l'austerità, oppure è la classe cotoniera che la desidera, e ce la impone dietro il velo del vincolo esterno? Se la congettura eretica fosse vera, ne seguirebbe che il governo gialloverde è nazionalista, non patriottico-costituzionale.
La situazione fa venire in mente la svolta nazionalista di tutte le socialdemocrazie europee alla vigilia della prima guerra mondiale. Non cadere in quell'errore fu ciò che permise ai bolscevichi di fare la rivoluzione d'ottobre.
Ciao Fiorenzo, nella speranza di dare un contributo alla discussione, faccio un copia/ incolla di un estratto del discorso di Togliatti al teatro Brancaccio del 09/07/1944
RispondiElimina"Per questo non abbiamo nessuno scrupolo di chiamarci nazionali; poiché in questo modo non facciamo altro che riconoscere una verità storica. Le vecchie classi dirigenti reazionarie italiane non sono mai state veramente, sinceramente nazionali. Si può dimostrare che al vero interesse della nazione esse hanno sempre sovrapposto un interesse egoistico di casta. Per questo l'Italia ha avuto per tanti secoli una sorte così disgraziata, e il fascismo, erede e incarnazione di tutte le tradizioni reazionarie del paese, ha potuto cosi facilmente trionfare. Oggi i rottami di queste caste reazionarie privilegiate ed egoiste, nel momento in cui temano risorgere coi travestimenti politici più svariati, non osano nemmeno più rifarsi a questo grande appellativo di «nazione» che fu, ricordiamolo, creazione del movimento rivoluzionario democratico borghese. Noi non siamo nazionali, essi dicono, noi siamo europei. E sotto questa maschera nuova riprendono nell'ombra a tessere i vecchi intrighi."
Ciao Fiorenzo, mi spiace aver letto con grande ritardo gli ultimi sviluppi del tuo blog, in particolare questo articolo sulla “congettura eretica” e gli appunti ricevuti da l’Étranger. Nel merito di questi ultimi, ti confesso che mi sono fermato alla “equazione” “+ o -”, perché a quel punto non c’era solo da sopportare il carico delle elucubrazioni deliranti dell’estensore delle medesime, ma anche uno “slang” che con l’italiano nulla ha a che fare. Mi limito, perciò, a commentare la tua congettura eretica, proponendoti l’interpretazione che questa, di veramente eretico abbia poco o nulla, nel senso che non trovo niente di più normale e scontato del saldarsi di una alleanza tra agenti capitalistici e governativi in ordine alla persecuzione dei rispettivi disegni di potere. Di tutto ciò ha scritto con dovizia di particolari G. Arrighi e non avrebbe senso offrire un mio commento posticcio alle sue considerazioni scientifiche.
RispondiEliminaPurtroppo, i nostri dissensi vertono sempre e costantemente su problemi di metodo, più che di sostanza, e questo non soltanto in ordine all’aspetto teorico della situazione politica, ma anche nei riguardi di quello pratico. Intendendo per aspetto pratico della politica quello dell’abbozzo di una parvenza di resistenza allo strapotere dei cotonieri alleati con le alte sfere della politica, intendo sollecitarti sul seguente punto, a mio avviso dirimente: i notevoli tuoi sforzi di riflessione sulla distribuzione del potere in questo sottosistema del sistema capitalistico sovranazionale che si chiama Europa li ritengo encomiabili, ma sono un terminus a quo dopo il quale sarebbe necessario cominciare a pensare e mettere in atto una resistenza contro questa alleanza, oppure questa dimensione della prassi è estranea alle tue intenzioni, o quanto meno lo è diventata nel corso del tempo?
Te lo chiedo perché, se non erro, alcuni mesi fa tu fondasti il FLN, del quale poco si è saputo da allora a questa parte, e mi era venuto il dubbio che questo FLN potesse diventare un centro-studi (magari un po’ alla buona, certo non di quelli ricchi come quello “asimmetrico” di Illo), con la capacità di coinvolgere figure professionali (in Ciociaria ve ne sono) p. es. contro il moloch fiscale (ne dico una così, tanto per dire, in questa sede non mi è possibile approfondire).
E' un dubbio che mi porto dietro da un po', colgo l'occasione per manifestartelo e discuterlo.
Ad maiora
Punt e Mes scrive: «Nel merito di questi ultimi (appunti ricevuti da l’Étranger - n.d.r.), ti confesso che mi sono fermato alla “equazione” “+ o -”, perché a quel punto non c’era solo da sopportare il carico delle elucubrazioni deliranti dell’estensore delle medesime, ma anche uno “slang” che con l’italiano nulla ha a che fare.»
EliminaVorrei chiarire a Punt e Mes due cose:
1) L'Etranger ha scritto su twitter, per cui il suo stile è ampiamente influenzato dal mezzo. Io ho racolto i tweets e ne ho fatto un post.
2) Su questo blog non sono ammesse considerazioni apodittico-assertive tipo "elucubrazioni deliranti dell’estensore delle medesime".
Quanto a FLN, c'era ben poco da sapere quanto piuttosto raccogliere manifestazioni di interesse. Che non ci sono state. Tu sei il primo ad averlo fatto, per altro con un atteggiamento del tipo "fate e poi vengo a dire la mia". Non è così che funzionano le cose, hai la mia mail, il mio cellulare, potevi farti sentire e dare il tuo contributo.
Quanto alla "congettura eretica", mi sorprende che non abbia colto il senso di provocazione, ovvero che essa ribadisce l'ovvio, di cui però in troppi si sono dimenticati. E non giova, come stile, scrivere "Di tutto ciò ha scritto con dovizia di particolari G. Arrighi". Molto meglio sarebbe stato, visto che hai letto Arrighi, esporne in sintesi le tesi, senza far calare dall'alto un autore che non è obbligatorio aver letto. Questo, oltre a non essere un blog per anonimi, non è neanche un blog per citazionisti.
E comunque, da queste parti, chi tratta male un suo fratello che si sforza di capire e approfondire non viene trattato bene. A me l'Etranger piace, lo leggo sempre e imparo da lui molte cose.
Ti chiedo scusa Fiorenzo, so di essere ospite in casa tua e quando si è ospiti è sempre bene comportarsi educatamente e chiedere venia se non si sono rispettate le regole della casa. Pagato l'obolo alle buone maniere, vorrei chiarire anch'io, se mi è concesso, alcune cose:
RispondiElimina1) mi sfugge come si possa scegliere twitter per trattare di questi argomenti, vista la severa limitazione in termini di battute che impone, ma in fin dei conti non è affar mio. Io resto fedele al pensiero di Leonardo Sciascia (mi concederai quest'unica citazione): l'italiano non è l'italiano, l'italiano è il ragionare, e se mi è sembrato di percepire una certa "farraginosità" nello scritto di l'Etrangere non puoi certo farmene una colpa: ciascuno ha i suoi gusti lessicali e, in fin dei conti, non era nemmeno mio interesse misurarmi con questo personaggio.
2) Quanto al FLN non ho davvero avuto intenzione di comportarmi così vigliaccamente, mi dipingi con una punta di veleno di troppo, ma capisco che il tuo carattere somiglia molto a quello alquanto scontroso di alcuni bei calcinati paesotti ciociari. Diciamo che l'iniziativa del FLN è stato un fulmine a ciel sereno e chi non ne era al corrente è stato preso in contropiede, ma diciamo anche che, una volta costituito, non è stato presentato come una iniziativa popolare aperta al dibattito e al contributo di tutti, ma magari mi è sfuggito qualcosa...
3) Quantunque io non disconosca l'importanza che riveste la ripetizione della stessa cosa con parole nuove, anch'io sono sorpreso che tu non abbia colto nel giusto senso la mia "provocazione", ovvero che essa ti invita, educatamente e senza protervia, a venire ogni tanto a dama, perché credo sia evidente che la tecnica della ripetizione la conoscano anche i nostri nemici (eh sì, c'è un nemico che ci è comune), e dispongono di mezzi di gran lunga superiori ai nostri individuali.
4. Sono una persona molto umile, non mi passa nemmeno per l'anticamera del cervello di commentare alla carlona Arrighi, se no incadrei nello stesso impaccio di l'Etrangere: chi è interessato chiede qualche informazione in più (giacché i consigli si richiedono, mai darne di non richiesti) e se lo cerca da sé. Nel caso, successivamente, ci si confronta.
4. Ultimo in ordine di importanza: non ho mai avuto l'onore di disporre del tuo numero di cellulare, il che non vuol dire molto: decine sono i modi di comunicare.
Tanto ti dovevo, con la massima stima.
Ad maiora
Guarda Punt e Mes, difenderei con altrettanta foga anche te se qualcuno, su questo blog, ti mancasse di rispetto. Però insistere con un'espressione come "non era nemmeno mio interesse misurarmi con questo personaggio" quando a questo che tu chiami "personaggio" io ho dato lo spazio di un intero post sul mio blog, è una mancanza di rispetto anche per me.
EliminaMettiamola così: fa molto caldo. E dimentichiamo l'incidente.
Quanto a FLN, l'iniziativa è ormai defunta perché uno di quelli che avevo invitato a partecipare ha avuto la pessima idea di fare un invito pubblico su un social per il voto a CPI in occasione delle ultime europee, sebbene in una riunione online questa ipotesi fosse stata respinta a maggioranza. Tra l'aprire una polemica furibonda e lasciar cadere l'iniziativa ho scelto la seconda strada, in ciò confortato dagli altri che non hanno alcuna intenzione di avere a che fare con qualsivoglia formazione che si richiami al fascismo. E questo senza voler demonizzare ad ogni costo e per partito preso quella vicenda. Ovviamente l'errore è stato mio, che ho commesso un grave errore nella scelta iniziale.